Plácido Domingo è di casa all’Arena di Verona, tanto che nella settimana dal 28 luglio al 4 agosto festeggia i suoi cinquant’anni di collaborazione con la Fondazione. Lo fa in duplice veste di direttore d’orchestra e di cantante, nel registro baritonale che gli è proprio da qualche anno, dopo aver abbandonato i ruoli da tenore nei quali è stato osannato in tutto l’orbe terracqueo.

La conferenza stampa si svolge nel foyer del Teatro Filarmonico, dove sono in corso le prove. Quando Domingo appare, l’emozione si rinnova per tutti, non soltanto per i nuovi arrivati che chiedono timidamente un selfie. Viene il sospetto, meglio sarebbe dire la certezza, che attribuire a Domingo fama planetaria sia riduttivo. La conferma arriva di lì a poco. Il Maestro conserva un ricordo «incredibile» del suo debutto plurimo in Arena, luogo dove è un «prestigio» essere: la prima volta in Italia, la prima volta in questo anfiteatro magico, la prima volta nei panni di Calaf, la prima volta assieme a Birgit Nilsson, un mito allora, così come oggi è undimenticabile il ricordo del grande soprano. Domingo visse la serata con particolare emozione. Era il 19 luglio 1969 e mentre nel palcoscenico all’aperto più grande al mondo si intonava l’inno alla luna di Turandot, l’uomo era già partito in quella direzione e dopo una manciata di ore vi avrebbe posato piede (la missione spaziale partì il 16 luglio e l’allunaggio avvenne il 20). In quella serata, occhieggiante dietro le gradinate, la “faccia pallida” cantata da Puccini era davvero più vicina.

Ci furono tanti titoli «favolosi», quando il pubblico era di 18-20 mila presenze, molte più di adesso che sono limitate dalle normative di sicurezza. In particolare, la mente torna a Cavalleria rusticana e Pagliacci del ‘77 in cui l’attuale Sovrintendente e Direttore Artistico Cecilia Gasdia, poco più che bambina, faceva la comparsa, per poi essere Nedda qualche anno dopo. Domingo è stato in Arena molte volte ma poche rispetto a quelle che avrebbe voluto, afferma. A quei tempi, le incisioni discografiche venivano effettuate durante l’estate, per lo più a Londra, e le stagioni veronesi erano più corte rispetto a ora, andavano da metà luglio a poco dopo ferragosto. Forse per una di quelle forme di scaramanzia frequenti nell’ambiente lirico, e sottolineando che in cinquant’anni con lui è piovuto solo due volte, Domingo ricorda il «diluvio universale» per il suo 30° anniversario, quando, per non lasciare delusi i fans (che pure avrebbero ricevuto il rimborso del biglietto), uscì a cantare sotto la pioggia, trovando per l’accompagnamento un pianoforte suonato dalla stessa Gasdia. Poi la partecipazione agli eventi straordinari del centenario areniano e infine i molti concerti con la voce da baritono.

Gli viene chiesto quale veste – tenore, baritono, direttore d’orchestra e direttore artistico – gli sia più congeniale. «Mi sento innanzitutto un musicista» risponde diplomatico. Figlio di cantanti, è nato musicista e si descrive felice di essere musicista, condizione che gli ha permesso di affrontare un grande repertorio. «Studiavo le parti da solo – spiega – e poi provavo solo le pagine più difficili. Oggi invece i cantanti preparano due-tre opere assieme, anche se sono stanchi. Io non ho mai affaticato la voce e ho così superato le 4000 recite». Quattromila (!) sui più prestigiosi palcoscenici al mondo.
L’opera è uno spettacolo completo, conclude, che parte da un grande scrittore, poi interviene il compositore, poi gli interpreti, che devono cantare e al contempo recitare. Ci sono compagnie in tutto il mondo, anche in Paesi che mai ti aspetteresti, e il pubblico è giovane, molti sono sui 30-40 anni. «Le grandi voci ci sono state e ci saranno sempre» rimarca Domingo reduce dal suo concorso Operalia, dal quale escono cantanti straordinari. «In cinquant’anni molto è cambiato, soprattutto lo spettacolo, e non sempre in meglio. Bisogna raccontare la storia: si va avanti, ma la classe esiste sempre». Si sente un poco italiano? «Si, in questo Paese, con le opere, è tutta la mia vita».

Resoconto Maria Luisa Abate

Verona, 27 luglio 2019
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes

PLÁCIDO DOMINGO
UNA SETTIMANA IN ARENA
PER I 50 ANNI DAL SUO STORICO DEBUTTO

La star planetaria dell’opera torna all’Arena di Verona per una settimana di festeggiamenti a lui dedicata nel Festival 2019. Si apre con la direzione musicale della storica Aida firmata da de Bosio la settimana per i 50 anni dal debutto di Plácido Domingo in Arena, luogo del cuore e palco mai più abbandonato da lui, fedele ospite per la gioia delle masse artistiche e del pubblico internazionale della Fondazione veronese. Domingo ha cominciato il suo illustre percorso in Italia proprio all’Arena di Verona nell’estate 1969, con Turandot di Puccini (era il 16 luglio e anche il suo debutto nel temibile ruolo di Calaf) e Don Carlo di Verdi, accanto ad altre leggende come Birgit Nilsson, Montserrat Caballé (entrambe per la prima volta a Verona), Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, Ivo Vinco e Gabriella Tucci, in allestimenti favolosi, i cui registi erano Luigi Squarzina e Jean Vilar mentre Pier Luigi Pizzi curava scene e costumi. Da allora è seguita una carriera inarrestabile ai massimi livelli, come cantante, direttore d’orchestra, general manager e mentore di giovani talenti. Gli eventi che lo vedono protagonista nel 2019 consolidano il suo profondo legame con l’Arena Opera Festival, a conferma di quel talento eclettico che gli ha consentito negli anni di sviluppare una sconfinata curiosità artistica su più fronti, dagli amati ruoli baritonali al podio, dimostrandosi musicista a tutto tondo e vero mattatore dal carisma mediatico e popolare.

Il 28 luglio 2019 il grande artista madrileno sale sul podio areniano per dirigere orchestra, coro e cast d’eccezione in Aida di Verdi, nell’edizione storica di Gianfranco de Bosio, maestro del teatro italiano che con il suo fortunato allestimento ricrea la magica prima notte operistica del 10 agosto 1913, quando tutto iniziò per il Festival in Arena. Domingo ha diretto per la prima volta questo capolavoro verdiano nel 1975 ad Amburgo e da allora per ben 35 recite. Sul palcoscenico salgono artisti internazionali come Tamara Wilson (Aida), Violeta Urmana (Amneris), Fabio Sartori (Radamès), Sebastian Catana (Amonasro), Marko Mimica (Ramfis), Krzysztof Bączyk(Re), Francesco Pittari (messaggero), Yao Bo Hui (sacerdotessa) e primi ballerini dalla Scala, dal San Carlo di Napoli e dal Los Angeles Ballet: Petra Conti, Mick Zeni e Alessandro Macario.
Si prosegue nel segno del genio di Busseto e in particolare de La traviata, nella nuova produzione del Festival 2019, ultima creazione di Franco Zeffirelli, da poco scomparso. Il 1 agosto 2019 Plácido Domingo interpreta la più importante delle grandi figure paterne verdiane: Giorgio Germont, il vero motore dell’infelice storia d’amore tra Violetta ed Alfredo, ruolo che Domingo ha interpretato più volte come tenore e che rimarrà storico nel film-opera di Franco Zeffirelli. Con lui, per quest’unica speciale serata due star indiscusse del belcanto mondiale:Lisette Oropesa, voce impeccabile e personalità di grande appeal, e l’estroverso ed eclettico Vittorio Grigolo, altro grande amante sia dei teatri internazionali sia della divulgazione popolare dell’opera, a cui dedica appuntamenti trasversali. Quella del 1 agostosarà dunque una Traviata indimenticabile sotto l’egida dell’ultimo grande protagonista dell’epoca d’oro dell’arte registica italiana, Franco Zeffirelli, amico ed estimatore di Domingo, per un’unica serata speciale ad altissimo tasso emotivo per rendere ancora più saldo e importante il rapporto tra il compianto Maestro fiorentino e la città di Verona. Col Ballo dell’Arena sono protagonisti le étoile Petra Conti e Giuseppe Picone, creatore delle coreografie. A dirigere solisti e l’orchestra e il coro areniani è per l’occasione il maestro Marco Armiliato.

Questa irripetibile settimana si conclude con una serata evento unica: il 4 agosto 2019 va in scena la Plácido Domingo 50 Arena Anniversary Night, un nuovo allestimento in forma scenica completa per tre atti operistici. Il cast riunito attorno a Domingo in occasione del festeggiamento dei suoi 50 anni dal debutto in Arena è interamente composto da artisti di primo piano: il soprano Anna Pirozzi, il tenore Fabio Sartori, il mezzosoprano Géraldine Chauvet e il basso Marko Mimica con Elisabetta Zizzo, Carlo Bosi, Lorrie Garcia e Romano Dal Zovo. Il programma è tutto dedicato a Verdi e a tre dei suoi più complessi e maestosi ruoli baritonali, ruoli a cui per la loro intensità espressiva Domingo ambiva già da molti anni e che ora sono più adatti alla sua voce brunita. Aprono la serata la celebre Sinfonia iniziale e le parti III e IV di Nabucco (che affiancano l’immancabile “Va’ pensiero” alla grande aria Dio di Giuda). La seconda parte comprende ampi brani dagli atti II e III di Simon Boccanegra (vero capolavoro di rara esecuzione in Arena, dove manca dal 1973) con la celebre aria di Gabriele Adorno, interpretato da Fabio Sartori, “Oh inferno! Cielo pietoso rendila”, e l’impressionante scena finale che culmina con la morte del Doge. Il gala si conclude con l’intero atto finale di Macbeth, scrigno di perle musicali quali la grande scena del Sonnambulismo affidata ad Anna Pirozzi e l’aria finale di Macbeth Mal per me che m’affidai, scritta da Verdi per la prima assoluta dell’opera e tanto amata da Domingo. Lo spettacolo si avvale della regia di Stefano Trespidi, di scene e proiezioni disegnate da Ezio Antonelli, dei costumi coordinati da Silvia Bonetti, delle luci di Paolo Mazzon e delle coreografie create da Giuseppe Picone per il Ballo dell’Arena istruito da Gaetano Petrosino, nonché di numerosi figuranti sull’immenso palcoscenico areniano. Dirige il maestro valenciano Jordi Bernàcer, già applaudito nell’anfiteatro veronese in Aida e Nabucco e nel gala Antologìa de la Zarzuela proprio con Plácido Domingo, e qui di nuovo alla guida dell’Orchestra areniana e del grande Coro preparato da Vito Lombardi.

C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Fondazione Arena di Verona

Foto Ennevi. Foto Turandot del 69 Basazza. Foto dell’Otello del 94 Fainello

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