C’è qualcosa di nuovo oggi in Aida, anzi d’antico. L’allestimento storico, uno dei must del cartellone veronese, quest’anno si presenta in veste rinnovata. Si tratta dello spettacolo debuttato il 10 agosto del 1913 e che, su intuizione del tenore Giovanni Zenatello, dette il via all’uso dell’anfiteatro come palcoscenico lirico. Fu una pietra miliare sotto molti punti di vista perché, nello spazio all’aperto, di fatto si dovette inventare un nuovo modo di concepire la messa in scena anche dal punto di vista tecnico.

Quella stessa Aida, riproposta dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri, si basa sugli studi compiuti dal regista Gianfranco De Bosio – uno dei Maestri della grande Scuola – sulle foto dell’epoca e sui bozzetti originali dello scenografo Ettore Fagiuoli; inoltre, la regia tiene conto delle dettagliate disposizioni sceniche che lo stesso Giuseppe Verdi curò per la prima italiana dell’opera nel 1872 (dopo il debutto a Il Cairo l’anno prima). Un analogo lavoro di certosina ricerca storica è stato compiuto da Susanna Egri nel ricreare le coreografie.

Questo ulteriore passo avanti nell’incessante approfondimento filologico di De Bosio si realizza grazie alla cordata di sponsor della Cooperativa Albergatori Veronesi. L’impianto scenografico trova varianti, specialmente nel finale dell’atto primo presso il tempio di Vulcano, e nell’atto terzo, sulle rive del Nilo le cui acque sono lasciate all’intuizione dietro il colonnato tra cui occhieggia la vegetazione. L’imponente baldacchino dell’atto quarto, rischiarato nel colore e alleggerito nella consistenza, viene montato già dal terzo atto per ridurre la durata dell’ultimo intervallo. Anche i costumi appaiono splendidi più che mai. Rinnovamento nella tradizioneì quindi, che cambia le prospettive, muta le “fughe” delle colonne decorate, cinge talune scene di un’atmosfera maggiormente raccolta e amplifica lo sfarzo dei momenti imponenti, merito anche dell’impianto luci di ultima generazione, impostato da Paolo Mazzon.

Più di duecento figuranti, oltre al coro a pieni ranghi e agli interpreti principali, per un allestimento colossale che colloca palme e obelischi, templi e capitelli a fior di loto, fuochi sacri e insegne dorate, enigmatiche sfingi e cavalli scalpitanti, dove e come li aveva immaginati il librettista Antonio Ghislanzoni. Un mix di intimismo ed esotismo fieramente figlio del suo tempo e anche del nostro, a giudicare dal mai sopito entusiasmo del pubblico che, tra tante regie moderne, ha il diritto di conoscere l’opera così come è stata scritta dal genio di Verdi. Un’Aida orgoglio e vanto dell’Arena e della storia del melodramma.

CAST DELLE PRIME RECITE
Molte star di chiara fama nel panorama internazionale attuale si stanno alternando in diversi cast, fino all’ultima replica fissata per il 7 settembre. La recita del 12 luglio purtroppo è stata contrassegnata dalle bizze meteorologiche. Il direttore Francesco Ivan Ciampa ha più volte dovuto interrompere e riannodare i fili di un discorso basato sulla ricerca di atmosfere e colori splendidamente amalgamati, sulla tensione emotiva sempre mantenuta vivace come i tempi. Un plauso alle trombe egizie (strumenti voluti da Verdi) intonate pur nelle difficili condizioni climatiche. Nel ruolo di Aida, che ha tarato sull’introspezione, Anna Pirozzi è stata entusiasmante, impeccabile, ben timbrata, di eccellente dizione, dalle mezze voci trasparenti e dalla tavolozza cromatica sfolgorante, messa in risalto dal fraseggio attento.

Vibrante il turbamento emotivo di Amneris, Anna Maria Chiuri che ha padroneggiato con classe e calda pastosità l’intera gamma. Murat Karahan Radamès di signorile fierezza, ha risolto agevolmente la romanza d’esordio, la celebre “Se quel guerrier io fossi”, dimostrando nel temuto si bemolle e durante l’intero svolgimento dell’opera (valutata nella recita cui si è assistito successivamente) fiati veramente lunghi e limpidi, in una linea stilistica omogenea. D’autorevole presenza Sebastian Catana, Amonasro sconfitto ma non vinto, la cui vocalità corposa è stata resa fluida dalla bella dizione, dalla ricerca coloristica, dal fraseggio accurato. Bene Giorgio Giuseppini, Ramfis; Romano Dal Zovo, Il Re e Yao Bo Hui suadente Sacerdotessa. Completava il cast Raffaele Abete, Messaggero. Ha brillato nelle danze d’esotica sensualità Petra Conti, assieme ai primi ballerini Mick Zeni e Alessandro Macario, attorniati dal corpo di Ballo coordinato da Gaetano Petrosino. Ben calibrate le dinamiche del Coro diretto da Vito Lombardi.

In questa recita si è tangibilmente apprezzata la professionalità delle maestranze tecniche e di palcoscenico, che hanno fatto di tutto per procedere con speditezza sfidando Giove Pluvio. Il quale ha comunque avuto la meglio all’inizio dell’ultimo atto.

CAST ALTERNATIVO
La serata del 28 luglio era speciale, perché la prima dei tre eventi con i quali Plácido Domingo ha festeggiato i suoi cinquant’anni di sodalizio con l’Arena. Sul podio nelle vesti di direttore d’orchestra, l’immenso artista madrileno ha dimostrato d’essere un musicista raffinato. Ha prestato sapiente attenzione all’interazione tra buca e palco. Animandosi nelle pagine di impatto dinamico, è stato prodigo d’un lirismo delicato ed elegante, frutto del lavoro di cesello sulla travagliata e multisfaccettata sensibilità dei personaggi verdiani.

Maria José Siri ha anticipato la sua presenza in Arena nel ruolo di Aida, sostituendo l’indisposta (e polemizzante) Tamara Wilson. Siri, grande interprete e grande intelligenza scenica, ha portato a termine una prova ineccepibile: ha padroneggiato i registri con fluidità e tinte smaltate sia negli acuti luminosi che nelle soavi mezze voci, con dinamiche d’ampio respiro. La sua antagonista verdiana, Violeta Urmana, si è confermata una delle migliori Amneris nel panorama attuale per la padronanza del mezzo vocale di sublime vellutata eleganza, della tecnica di canto, dello stile interpretativo, dal fraseggio intenso. Un personaggio, il suo, di cui ha sottolineato la lotta interiore, la disperazione nel trovarsi costretta ad anteporre la ragion di stato a quella del cuore. Circa Murat Karahan, Radamès, e Sebastian Catana, Amonasro, si conferma il giudizio poco sopra riportato. Incisivi Marko Mimica Ramfis; Krzysztof Bączyk, Re; Francesco Pittari, Messaggero; Yao Bo Hui suadente Sacerdotessa.

 La recita ha avuto inizio con molto ritardo causa pioggia, poi è stata portata a termine senza grandi intoppi, con viva soddisfazione del pubblico.

Recensione di Maria Luisa Abate

Visto all’Arena di Verona il 12 e il 28 luglio 2019
Contributi fotografici: ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona