Li ho avuti tutti tra le mie braccia! Franco Corelli, Mario del Monaco, Jon Wickers, Carlo Bergonzi, Alfredo Kraus, Plácido Domingo, José Carreras, Luciano Pavarotti … Ha sprizzato simpatia da tutti i pori Raina Kabaivanska, soprano tra i più grandi dei nostri tempi, nel ripercorrere le tappe di una carriera sfolgorante, della quale ha confessato di rammentare solamente gli episodi divertenti. L’incontro all’Hotel Due Torri a Verona è stato costellato dagli aneddoti di una vita trascorsa tra la Scala, il Metropolitan e i più importanti teatri al mondo, con direttori quali Karajan, Bernstein, Abbado, e registi come Ronconi, Bolognini, Pizzi, Zeffirelli. «Basta basta, è troppo» si è schermita. Hanno parlato da soli gli spezzoni filmati: su tutti i ruoli interpretati, Floria Tosca e quattrocento repliche come Cio-Cio-San.

Di Butterfly in Arena la signora Raina ha ricordato quella volta in cui c’erano 45 gradi e si potevano cuocere le uova sui gradini dell’anfiteatro. Il trucco si scioglieva e, a forza di rimetterlo, divenne una maschera indurita impossibile da togliere. Il truccatore la tagliò via e con essa anche le sopracciglia! Alla sua ultima recita veronese furono aggiunte due date extra per soddisfare le richieste giunte da ogni parte del mondo. «Allora l’Arena era magnifica, c’erano le candeline accese, mica come oggi i telefonini. Alla fine, tutti scattarono in piedi, anche l’orchestra, notoriamente molto critica. Poi, uscita dall’anfiteatro, le persone che erano a cena nei ristoranti vicini si alzavano e mi applaudivano» ha ricordato con naturalezza, senza indulgere alla nostalgia. «Erano altri tempi, ma questo periodo in cui si amava la lirica deve tornare e io sono una battagliera. Perché è bello vivere con la musica, con l’illusione che essa dà. Nel teatro, con i costumi, il tempo si ferma e si vive in un’altra epoca, in un sogno, in un mondo in cui si dimenticano le brutture che ci sono fuori. Ma forse è una battaglia persa, perché i tempi sono cambiati» ha concluso senza amarezza.

L’occasione dell’incontro è stata la consegna al soprano di origini bulgare e modenese d’adozione del Premio “Maria Callas”, giunto alla sesta edizione e facente parte dell’articolato palinsesto del Festival Internazionale “Maria Callas”. Un appuntamento importante che il M° Nicola Guerini ha strutturato donandogli un’atmosfera speciale, in cui la qualità è al top e si respira un’aria amichevole. Molte erano le presenze illustri, tra personalità del mondo musicale, tersicoreo, militare, religioso e dell’amministrazione comunale «per davvero a fianco del M° Guerini» ha sottolineato l’assessore alla cultura Francesca Briani. Alcuni sventolavano bandierine della Repubblica Bulgara, altri porgevano pubblicazioni da autografare; i più, con molta semplicità, si beavano dell’attimo straordinario.

La cerimonia di consegna della statuetta disegnata dall’artista Albano Poli, è stata presentata da Massimo Coserini e si è aperta con il saluto, attraverso momenti filmati, a un amico scomparso, il presidente onorario del Festival Franco Zeffirelli «che ci mancherà molto» ha detto Guerini visibilmente commosso. E si è conclusa dopo due ore con pellicole riguardanti Maria Callas fornite dall’Istituto Luce, uno dei partner del Festival. «Io – ha aggiunto Raina Kabaivanska – sono stata fortunata perché questi personaggi li ho conosciuti. Sono stata vicino a Maria quando perse la voce: un dramma. Facevo i Vespri a Parigi, e lei curava la regia». La futura stella della lirica giunse in Italia nel ’58 e l’anno seguente la Divina fece la sua ultima Norma a Parigi. Arrivò con le «miserabili lirette» da studentessa che cantava nei piccoli teatri di provincia, pagata duemila lire e con gli impresari che provavano a tirare sul prezzo. «Ma io stavo lì con la mano tesa ad attendere l’intera somma pattuita, perché dovevo pagare l’affitto».

Cinquantacinque anni di carriera e tanti tanti titoli, ha sottolineato Guerini, affrontati come una riscoperta. Immensa in Puccini, di cui riportò in auge la vera vocalità, ha spaziato dal ‘700 al Novecento, in una ricerca continua di rinnovamento del repertorio. Vi fu anche un’indimenticabile Manon del ‘70. «Con chi? Con Plácido Domingo??? Ah siiii, è vero! L’avevo incontrato a Santiago del Cile, lui era un giovane ragazzo abbastanza bellino (il pubblico ha riso) che cantava divinamente bene. Gli mancava un po’ l’acuto, ed è rimasto così (ha scherzato). Gli dissi che sarebbe diventato un numero uno e lo proposi al Sovrintendente».

In Italia, la sua insegnante fu Zita Fumagalli, nata nel 1893 e vissuta cent’anni. La giovane Raina quando si trovava all’estero ed era indecisa su come interpretare una frase, chiamava la maestra che gliela cantava per telefono. «Morì quasi in miseria per la sua generosità, perché non aveva mai preso soldi da nessuno. Faceva il risotto per i suoi allievi e quando andavo da lei a Milano, visto che sapevo suonare il pianoforte, accompagnavo tutte le lezioni. La ricordo con un amore infinito». Dalla Fumagalli non si imparava solo la tecnica di canto: «Questa vita merita di essere vissuta quando si dà e non si riceve» ha concluso il soprano che ora si dedica al futuro dei giovani. Al telefono è intervenuta Maria Agresta, una delle sue allieve di maggior successo, che l’ha ringraziata per averle trasmesso «tutta la sua conoscenza, un grandissimo amore e una grandissima passione». Agresta ha ricordato una cena assieme, dopo una recita, alla quale arrivarono alla spicciolata alcune artiste che intonarono il “coro a bocca chiusa”: questo fa capire chi sia Raina Kabaivanska e cosa abbia rappresentato.
«Una volta era più facile» ha spiegato la signora Raina, alla quale i direttori di teatro chiedevano quale ruolo avrebbe voluto interpretare nelle stagioni successive. Cantò molto senza agenti, però accettò – si è appreso da un’altra telefonata in diretta – l’offerta di entrare nella scuderia di Adua Pavarotti: «era già talmente ricca di suo, che non aveva bisogno di rubare a me» è stata la motivazione che ha scatenato l’ennesima ilarità tra i presenti.

«Io vado avanti per il pubblico, perché sento sempre il suo amore. Ed è importante questo filo che lega cuore a cuore». Attualmente Raina Kabaivanska trasmette la grande tradizione dell’arte operistica alle future generazioni tenendo master classes all’Istituto Vecchi-Tonelli di Modena e alla Nuova Università Bulgara di Sofia, dove i giovani sono aiutati con borse di studio. Tempo fa c’erano i Maestri che riconoscevano il talento e lo crescevano. Oggigiorno invece bisogna essere subito perfetti e anche belli, altrimenti non si viene scritturati, ha detto la signora Kabaivanska. Belle e brave, sono state le due giovani promesse alle quali è stato affidato un inserto musicale: il soprano Chiara Isotton, in procinto di debuttare a La Fenice, e il tenore «di belle speranze» Reinaldo Droz, accompagnati al pianoforte da Davide Finotti.

Il Festival Internazionale Maria Callas è in crescendo e il M° Guerini sta lavorando per l’appuntamento del 2023, quando ricorrerà il centenario della Divina e, con il coinvolgimento delle ambasciate, spera di poter gettare un immaginario ponte tra Verona e New York.

Recensione Maria Luisa Abate

Visto il 2 agosto 2019
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes