Le lettere del nome fiammeggiavano, disposte come insegne sui gradoni alle spalle della scena; poi uno sfavillante sparo di fuochi d’artificio. In un tripudio di luce si è concluso Domingo 50 – Arena Anniversary Night, serata di gala in nuova produzione che ha festosamente celebrato il mezzo secolo di collaborazione con l’Arena di Verona del leggendario Plácido Domingo. A ricordo dell’avvenimento, un libricino con foto scattate nell’anfiteatro, iniziando dal bianco e nero del luglio 1969 con Turandot e Don Carlo, poi Manon Lescaut, Tosca, Cavalleria Rusticana e Pagliacci, Otello, diverse Aida, Carmen, Nabucco e una serie di concerti di gala. Focus veronese sui circa centocinquanta ruoli da lui interpretati nel corso di una vita artistica stratosferica, come poche ce ne sono e ce ne sono state nella storia del melodramma.
Una carriera fuori dell’ordinario anche per la durata, perché va riconosciuto che il baritono – il quale resta sempre un tenore nel cuore delle migliaia di fans – ha sostenuto con esiti ottimi la serata assai impegnativa, non solo facendo leva sulla sublime capacità d’interpretazione e di introspezione dei personaggi, sui colori magistrali e sull’espressività spinta ai massimi vertici. La voce infatti ha ancora molto da dire e da dare, perché Domingo utilizza la tecnica sopraffina con intelligenza e generosità. L’Arena sold-out si è lasciata ancora una volta irretire dal suo fascino più che carismatico, magnetico: lo ha accolto con un’ovazione all’ingresso in scena e ha proseguito nelle esternazioni di entusiasmo, di stima per l’uomo e per l’artista.
Alla perenne ricerca di formule nuove che coniughino qualità a spettacolarità, lo svolgimento è stato intrinsecamente frammentario, con tre parti unite dal filo conduttore di Verdi. Una vetrina aperta per dare meritata visibilità a tutti coloro che, davanti o dietro le quinte, rendono unico questo luogo. A tenere le redini della regia, una delle colonne portanti dell’Arena, Stefano Trespidi, di grande competenza e gusto scenico. Si è ammirata la varietà della dotazione sartoriale, con i costumi coordinati da Silvia Bonetti, e a dare quel pizzico di magia irrinunciabile, gli effetti ottici del projection design Ezio Antonelli, curatore anche delle scenografie illuminate da Paolo Mazzon.
Questo inedito ha previsto stralci da tre opere, di cui due raramente qui rappresentate e che si auspica possano tornare in auge. In esordio, la sinfonia ed estratti dal terzo e quarto atto di Nabucco hanno posto in luce dapprima il Ballo, coordinato da Gaetano Petrosino, aggraziato nella coreografia descrittiva di Giuseppe Picone. Poi è stata la volta del Coro, preparato da Vito Lombardi e impegnato in uno dei suoi acclamati must, “Va’ pensiero” eseguito sul palcoscenico e subito replicato tra le poltroncine della platea con effetto “stereofonico”. Nabucco è servito anche a evidenziare il lavoro delle maestranze tecniche, impegnate in frequenti spostamenti scenografici che hanno mutato le prospettive nel giro di pochi minuti.
Il quarto atto di Macbeth era posticipato in un periodo di guerra otto-novecentesco, tra sventolio di neutrali bandiere bianche. Ritorno all’allestimento tradizionale per Simon Boccanegra, capolavoro che manca in Arena dal 1973, dove Plácido Domingo ha dato il meglio di sé, dal punto di vista attoriale, interpretativo e del canto incredibilmente ricco di colori, di sfumature, di raffinatezze nelle difficoltose pagine estrapolate dagli atti secondo e terzo. Le condizioni di voce splendide hanno scatenato il ricordo di vecchie emozioni e ne hanno suscitate di nuove e fresche, che hanno dello stupefacente.
Un tessuto dinamico attentamente equilibrato per Jordi Bernacér sul podio, proteso all’amalgama tra buca e palco in bella sintonia con Domingo: entrambi attenti al fraseggio e ai risvolti intimistici e piscologici dei personaggi. Stellare il restante cast, con una presenza di assoluto rilievo come il soprano Anna Pirozzi, il cui fulgore si è espresso in ogni aspetto, dal fraseggio accurato alle mezze voci cristalline, dai legati alla tavolozza di tinte smaltate. Squillo potente e dalla spiccata personalità per il tenore Arturo Chacón-Cruz. Al loro fianco, le morbidezze del mezzosoprano Géraldine Chauvet e il bassoben timbrato Marko Mimica. Inoltre Elisabetta Zizzo, Carlo Bosi, Lorrie Garcia e Romano Dal Zovo a dar vita agli altri personaggi di questa serata tributo a un artista immenso e a un immenso e speciale teatro.
Recensione di De Artes
Visto all’Arena di Verona il 4 agosto 2019
Contributi fotografici by: ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona