Cercarsi in un passato, mai totalmente trascorso e ritrovarsi a rileggersi, uguale e non uguale, diverso e non diverso, rispetto a quando si era, comunque, sé stessi. E ri-stringersi, altrettanto comunque, la mano, riconoscendosi e ri-apprezzandosi nell’uguale diversità. 


Le parole di ERRI uniscono l’ERRI di un passato, l’ERRI di un trascorso, l’ERRI del presente: indicativo il primo, remoto il secondo, congiuntivo per opere, il terzo. Pennellate atempore che uniscono, per restituire al futuro un solido etico senza geometria preconcetta, o raccolti sterili, segnati dal mutamento delle circostanze. Un narrato vivido di interrogativi esclamati in sé, senza i graffi tuonati, o le lusinghe prediche del ripercorso, del ripescato, del riorientato post banderuola. Fermezza, pulizia e ricchezza di verità, perché il pensiero non modifichi freddamente, ma smuova, perché il ricongiungersi sia senza soluzione di tempo e solo con apprezzamento per l’essere di oggi, figlio, del figlio di ieri, figlio unigenito di ERRI.

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