Conversazione con Francesco Lodola, giovanissimo co-produttore e co-regista insieme a Giorgia Indipendenza, di #ArenaOff: dietro le quinte, che mostra il cuore dell’Arena di Verona e il lavoro preparatorio che sta a monte di ogni spettacolo; in particolare La Traviata debuttata nell’estate 2019, ultimo capolavoro firmato Franco Zeffirelli. La serie verrà pubblicata sul canale YouTube “IeriOggiDomaniOpera!” dal 5 ottobre 2019, in cinque puntate in uscita ogni sabato del mese.

Come nasce il progetto?
#ArenaOff nasce da un testo di Paolo Bonolis. La sua è stata la scintilla che ci ha fatto venire l’idea. Il testo, pubblicato sul numero unico della Fondazione Arena nel 2015, parlava di Maria, un personaggio immaginario. Una sarta che ha vissuto dietro le quinte dell’Arena tutte le fasi della sua vita, come la maternità o la morte di sua madre, sempre badando alle esigenze dei cantanti e non ricevendo mai l’applauso per il suo lavoro. Da questo input è scaturita l’intuizione di dare attenzione a quanti stanno dietro le quinte. Senza rovinare la magia, perché lo spettacolo deve rimanere magico e rivelare gli ingranaggi della macchina non avrebbe senso. Vogliamo far conoscere le persone, il capitale umano, le “formichine”. Nel senso che noi vediamo lo spettacolo ormai in scena, però non sappiamo che c’è un lavoro iniziato mesi e mesi prima.

A volte non tanto prima, se si hanno lavoratori esperti, che sanno ciò che deve essere fatto, come nel caso areniano…
Lo spunto infatti era anche quello di mostrare l’eccellenza, perché in Italia solo La Scala e l’Arena hanno laboratori di scenografia così grandi e anche in Europa ce ne sono pochissimi. La fortuna di poter realizzare gli spettacoli “in casa”, senza dover ricorrere a personale esterno, è una eccellenza sconosciuta ai veronesi, i quali spesso all’opera non vanno. Tale affermazione potrebbe suonare un poco polemica ma l’Arena, il teatro d’opera più grande del mondo e con la maggior vastità di pubblico che viene da tutto il mondo, non è molto frequentato dai cittadini, che spesso non lo conoscono o lo danno per scontato.

Che si cada nell’abitudine e non ci si accorga più di quanto sia grande il patrimonio che abbiamo sotto agli occhi lo ripete spesso il Presidente della Fondazione Federico Sboarina. Però la città risponde bene alle sollecitazioni e si sta stringendo sempre più attorno all’Arena…
Noi ci siamo trovati in un anno felice, perché Verona sta riprendendo in mano la situazione. Abbiamo visto il posizionamento in città delle sfingi e di vari elementi scenografici, che hanno ricondotto all’idea che il centro dell’estate veronese debba essere l’Arena, perché è l’istituzione che porta il maggior indotto per il turismo, per gli albergatori, per la ristorazione, per tutto.

Quindi avete anche voi deciso di contribuire a questo “rinascimento operistico”? In che modo?
Siamo partiti dai laboratori di scenografia, dalle assi di legno. Abbiamo intervistato lo Scenografo realizzatore e Capo Reparto Scenografia Luca Altamura, il Vice Capo Reparto Costruttori Guerrino Binotto, il responsabile dei laboratori Angelo Finamore. Abbiamo iniziato col vedere lo spettacolo nella lavorazione dei minimi particolari. Il giorno in cui siamo andati, stavano costruendo la pavimentazione per montare i due piani della casa di Violetta Valery, nel primo atto de La traviata di Franco Zeffirelli e stavano dipingendo il grande velario.

E dopo i laboratori?
Ci siamo spostati in Arena, con i reparti della sartoria e della calzoleria. Francamente quest’ultimo era un mondo che non conoscevamo. Molto spesso si pensa ai vestiti, agli accessori, a trucco e parrucco e resta un poco sconosciuto l’ambito della calzoleria. Ci hanno mostrato scarpe meravigliose con tantissimi dettagli: stupende! Anche questo è un lavoro impegnativo, perché ogni scarpa si deve adattare al piede dell’interprete e a tutto il mondo visivo che le attornia. Un ambito non così valutato come dovrebbe essere. Della sartoria, che abbiamo visitato mentre stavano modificando alcuni costumi, ci ha colpito l’impegno incessante e continuo anche durante lo spettacolo. Si può immaginare che dietro uno spettacolo ci sia tanto lavoro, però forse all’Arena questo lavora è il triplo, date le dimensioni. Perché se da una parte ci sono quindicimila persone, dall’altra c’è un mondo, un “formicaio”. 

Il dietro le quinte assomiglia al davanti, a una formazione orchestrale che mentre accorda gli strumenti genera un apparente caos sonoro, poi improvvisamente il caos va a posto e scaturisce …
la perfezione. È un ingranaggio formato da persone che si muovono nel loro ruolo per far sì che lo spettacolo abbia la sua realizzazione compiuta, per far sì che abbia successo. Noi siamo stati onorati perché questa Traviata è già diventata storica purtroppo per la morte del Maestro Zeffirelli. Abbiamo potuto seguire la costruzione ed è stato commovente, alla prima, vederla in scena. Perché sapevamo che fino a tre mesi prima erano dei dettagli, come una pittura su un telo. Dopo, vedersela così: bellissima!

Quali altri contributi si vedranno nel video?
Dietro le quinte abbiamo intervistato il responsabile di produzione Stefano Maria Mazza, il direttore degli allestimenti scenici Michele Olcese, il disegnatore delle luci Paolo Mazzon. Con lui abbiamo fatto una delle interviste più ampie in cui ci ha parlato del suo ruolo che è di supporto al regista. Le luci devono esaltare l’idea registica, se no l’allestimento non funziona. Mazzon ha raccontato le sue esperienze con Zeffirelli, la prima volta che entrò in Arena per la prova luci di Carmen nel 96. Il Maestro, quando si spensero le luci dell’anfiteatro e si accesero quelle sul palcoscenico, con la scenografia montata, rimase quasi un’ora a guardare, senza dire niente, in silenzio, rapito.

Avete intervistato anche gli interpreti?
Abbiamo avuto la partecipazione di Irina Lungu e di Carlo Bosi al trucco, quindi nel filmato si vedranno i make-up di Violetta e di Gastone. E Irina ha mostrato i suoi costumi stupendi (n.d.r. di Maurizio Millenotti)

Il video si preannuncia affascinante. C’è dell’altro?
Il nostro percorso si è chiuso con l’intervista a Cecilia Gasdia, la quale conosce benissimo la macchina dell’Arena, essendo stata prima comparsa, poi corista, poi solista infine è l’attuale Sovrintendente e Direttore Artistico. Ci è parso bello dare la parola anche a lei perché è tra coloro che non riceve l’applauso, ma ovviamente lavora per la riuscita dell’intera stagione.

Da chi è formata la vostra squadra?
Io sono regista assieme a Giorgia Indipendenza, che con me è la fondatrice della piattaforma Ieri, Oggi, Domani, Opera! di cui fa parte il canale YouTube. Una collaborazione nata tra i banchi del liceo musicale che ci ha portato alla creazione di una realtà per raccontare l’opera ai giovani. Successivamente siamo cresciuti e ora siamo in dieci provenienti da tutta l’Italia. Un grazie per la realizzazione di questo progetto va a Cecilia Bosaro di Fondazione Arena che ci ha accompagnato durante tutto il percorso delle riprese. Lei ha creduto fin dall’inizio nell’idea e ha fatto di tutto per realizzarla assieme a noi. Senza lei nulla sarebbe stato possibile. 

Perché avete scelto un canale YouTube?
È una proposta innovativa, perché non esiste una serie YouTube dedicata all’opera e questa speriamo sia la prima di una lunga serie. La puntata d’esordio viene pubblicata il 5 ottobre 2019 e riguarda i laboratori. Poi ne seguono altre quattro, una ogni sabato. La conclusiva, la quinta, contiene l’intervista a Cecilia Gasdia e anche il monologo scritto da Paolo Bonolis letto da Paolo Mascari, un tenore romano molto giovane, che ha appena debuttato Il barbiere di Siviglia di Paisiello, nel ruolo del Conte d’Almaviva, all’Accademia Chigiana di Siena. Un giovane cantante all’inizio di una brillante carriera.

Il progetto è destinato a ripetersi?
Si, nella mia mente ci sarebbero altre due serie. La più concreta riguarderebbe, il prossimo anno, accendere un faro su orchestra, coro, comparse. Ci interesserebbe offrire la possibilità di conoscere le singole persone all’interno della famiglia artistica dell’Arena. 

Quindi, prima ancora del dietro le quinte, continuerete a raccontare storie di persone?
Sì. Quello che emerge dalla serie è la storia umana di ognuno, anche se si parla solo del loro lavoro. Mi viene in mente Guerrino Binotto, il Vice Capo Reparto Costruttori e Capo Reparto tecnici di palcoscenico in Arena, quindi presente in due puntate. Di lui ci ha colpito l’entusiasmo e l’orgoglio per far parte di uno spettacolo di questo genere. Non è da tutti, lavorare in tale maniera: c’è una passione enorme, e questo è veramente bello. Anche noi ci siamo commossi per l’entusiasmo dimostrato. Guerrino l’ho intervistato davanti alla scenografia e diceva “guarda qua: io sono orgoglioso di aver lavorato per rendere grande quello che vedi”. Per tutti loro è una soddisfazione enorme e penso che meritassero uno spazio. Inoltre è uno spazio innovativo, giovane.

Questa è la vostra prima esperienza video?
Su You Tube si, ma abbiamo già lavorato sul video in occasione di un documentario sulla Masterclass di Fiorenza Cedolins alla Scuola Civica “Salvatore Licitra” di Cinisello Balsamo. Poi abbiamo realizzato interviste video a molti cantanti.

Quale stile segue la regia?
Noi siamo giovani e l’Arena è raccontata in modo diverso. Non è un documentario ordinario, ma c’è freschezza. #ArenaOff segue un gusto tra il cinematografico e il documentaristico, con lo spirito di raccontare qualcosa di diverso. Quindi non ci sono voci fuori campo, non ci sono effetti: lasciamo la parola ai lavoratori, alla visione di alcuni pezzi dello spettacolo e di alcuni anfratti dell’Arena. Siamo entrati ad esempio nell’ufficio del capo attrezzista Marco Adami, molto piccolo, in un arcovolo dove c’è di tutto: oggettistica teatrale, vecchie locandine, foto autografate di cantanti… Stupendo. Abbiamo scoperto tutti gli angoli nascosti dell’Arena. Lì dietro c’è veramente un mondo che non viene percepito. Pare sempre tutto così calmo. Dietro c’è sempre chi è seduto ad aspettare, perché il teatro è attesa. Bello, bellissimo! Quello che è incredibile dell’Arena è che all’ultimo atto, si, la macchina si spegne però è subito pronta a ripartire. Al termine di ogni recita c’è chi esce perché ha finito di lavorare e chi entra perché deve iniziare a smontare e poi montare la scenografia della sera dopo. È una macchina veramente inesauribile.

Che funziona egregiamente da oltre cento anni…
Con Cecilia Gasdia abbiamo parlato degli anni d’oro. Lei ha ricordato una Forza del destino in cui uscivano comparse dalle botole e c’erano cinquecento persone. Poi ha ricordato i suoi primi passi da solista, l’emozione di ritornare non più come piccola “formichina” ma come Cecilia Gasdia. Anche questo è l’Arena: può essere al centro di una vita e accogliere tutto il percorso di crescita di un’artista.

Il cerchio di questa conversazione si chiude tornando al discorso iniziale della città che si sta muovendo attorno all’Arena. E la città non è un’entità astratta ma è formata da persone, come voi che state contribuendo con il vostro lavoro…
Dobbiamo stringerci attorno all’Arena. Io la chiamo “la vecchia signora”: è sempre lì, ci guarda. Se Verona è Verona, lo deve all’Arena. Vabbè, poi ci sono quegli altri due … Romeo e Giulietta (ride). Però l’Arena è più antica di Shakespeare. Non è un teatro normale. È un teatro difficile ed è una macchina infernale, un po’ per il caldo un po’ per i ritmi frenetici. È dove la cornice diventa anche spettacolo. Quindi, #ArenaOff: dietro le quinte.

Complimenti. In bocca al lupo e crepi il cacciatore
E viva il lupo!

Intervista di Maria Luisa Abate

Verona 25 settembre 2019
Contributi fotografici: ©Cecilia Bosaro, ©Samantha De Bortoli