Il MUDEC – Museo delle Culture di Milano presenta per l’autunno 2019 il progetto OrienteMudec, che coinvolgerà tutti gli spazi espositivi del museo e racconterà da diversi punti di vista – artistico, storico ed etnografico – i reciproci scambi tra Giappone ed Europa (soprattutto Italia e Francia) attraverso il tempo e l’incontro culturale tra i due mondi.
Il progetto è coordinato da un importante staff scientifico composto da grandi esperti internazionali, i conservatori del Mudec e della Galleria d’Arte Moderna, dal Prof. Flemming Friborg e dallo staff di 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE e si articolerà in due mostre, che apriranno il 1° ottobre 2019 per terminare il 2 febbraio 2020, e in un ricco palinsesto di iniziative ispirato a tutte le sfaccettature della cultura giapponese.

Oriente Mudec nasce e prende corpo dall’identità culturale del Museo delle Culture, che nel suo DNA ha da sempre un approccio fortemente legato alla ricerca, oltreché alla divulgazione. Ricerca che si traduce in dialoghi non convenzionali tra le diverse culture e in nuove chiavi di lettura e in approcci alla fruizione mai scontati. In particolare, il Mudec si trova in una posizione unica per la ricerca sul Giapponismo e su come esso divenne un modello per i nascenti movimenti artistici modernisti in Europa, esercitando un forte fascino tra i letterati e la pittura accademica ufficiale. Ne sono fortemente convinti la Direttrice del Mudec Anna Maria Montaldo e l’Amministratore Delegato di 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE Federico Silvestri, che attraverso questo nuovo progetto hanno realizzato insieme un grande sforzo scientifico per raccontare sotto una nuova luce la storia culturale e artistica dei rapporti tra Europa e Asia, e in particolare tra Italia e Giappone.

Il progetto offre infatti l’occasione per valorizzare con due mostre ad hoc da un lato le opere di provenienza asiatica, in particolar modo quelle giapponesi, attraverso l’esposizione di uno dei nuclei collezionistici più preziosi della collezione permanente del Museo, la raccolta Passalacqua. Dall’altro la mostra realizzata da 24 ORE Cultura illustrerà, attraverso una selezione ampia e diversificata di opere provenienti dall’Italia e dall’estero, lo sviluppo di quel gusto orientato verso il Giappone che pervase la cultura artistica occidentale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in particolar modo in Italia e in Francia.

ORIENTE E GIAPPONE.
Benché i canali di comunicazione con l’Asia si facciano risalire all’epoca classica, una più chiara definizione della realtà fisica e socio-politica del grande continente si inizia a delineare soltanto dal Basso Medioevo, per arricchirsi grazie ai contatti più frequenti durante l’epoca rinascimentale. Ancora nel XVII e XVIII secolo era tuttavia comune non distinguere manufatti cinesi da quelli giapponesi o di altre zone dell’Asia orientale. L’“Oriente” rimane una dimensione più sognata che realmente conosciuta per molti artisti e intellettuali europei del XIX secolo, che da essa traggono ispirazione e stimolo per la produzione artistica, affascinati dalle suggestioni “esotiche” giunte da quelle terre lontane. È soprattutto il Giappone il protagonista di questo immaginario dell’Oriente, che inizia a formarsi nel tardo XVI secolo, assai prima del noto diffondersi del gusto per l’Oriente conosciuto come “Giapponismo”, e che, grazie alla fondamentale importanza dello scambio e della condivisione tra culture e popoli lontani, continuerà, con altre forme, anche nel XIX secolo.

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PRIMA MOSTRA
“Quando il Giappone scoprì l’Italia. Storie d’incontri (1585-1890)”
Nell’ambito del Progetto Oriente MUDEC l’esposizione permanente del Museo “Oggetti d’incontro” si rinnova per indagare e illustrare i primi rapporti storici tra l’Italia e il paese del Sol Levante in due sezioni principali: “Ito Mancio e le ambascerie giapponesi 1585 – 1615” e “Un Museo giapponese in Lombardia. La collezione del conte Giovanni Battista Lucini Passalacqua”.

La prima sezione, “Ito Mancio e le ambascerie giapponesi 1585-1615”, indaga la curiosità occidentale verso il Giappone che in un primo momento si manifestò attraverso il tentativo di tracciare mappe di quella terra. Gli inizi della mutua conoscenza si fanno risalire alla mediazione dei missionari Gesuiti, i cui viaggi e la cui opera di evangelizzazione del “Cipango” (nome antico per Giappone chiamato così da Marco Polo nel suo Milione) ebbero un rilevante impatto sulla società nipponica del XVI secolo. Ma è soprattutto il passaggio in Italia di quattro giovanissimi principi giapponesi originari dell’isola giapponese del Kyushu – passati per molte località della penisola italiana e sempre accolti con grande entusiasmo – a dar forma a un’immagine più concreta e realistica del Giappone e dei nipponici, fuori da ambienti ecclesiastici.

La prima sezione della mostra ripercorre l’episodio fondante di questo contatto, nel 1585. Il capo di questa delegazione giapponese, Ito Mancio, è ritratto probabilmente da Domenico Tintoretto in un dipinto che sarà esposto ora per la prima volta in Italia e in Europa, proprio in occasione di questa mostra. Il percorso di questa prima sezione prosegue poi focalizzando l’attenzione sulla seconda “ambasceria” giapponese in Italia, quella del 1615, che, pur non arrivando a Milano, costituisce un’altra importante tappa dei rapporti tra l’Italia e il Giappone prima della chiusura definitiva dei porti giapponesi dal 1639 e l’adozione della politica di isolamento (sakoku), che rimarrà in vigore fino al 1853. Nel periodo intercorso tra le due ambasciate, i rapporti tra le autorità giapponesi e le missioni cattoliche si deteriorarono dando luogo a vere e proprie persecuzioni dei cristiani del Giappone. Nonostante le frizioni in questo contesto di contatti poco frequenti tra le due culture, anche le raccolte nobiliari e degli intellettuali europee cominciano a popolarsi di oggetti provenienti dalla Cina o dal Giappone, o di produzione europea con decori di ispirazione orientale.

La seconda sezione, “Un Museo giapponese in Lombardia. La collezione del conte Giovanni Battista Lucini Passalacqua”, si concentra sul momento della riapertura del Giappone ai contatti con il mondo nella seconda parte del diciannovesimo secolo. Un numero crescente di oggetti affluisce verso città quali Milano, anche come conseguenza delle forti relazioni che i commercianti lombardi della seta hanno con l’Asia. La conseguenza di questo crescente interesse e dell’arrivo di grandi quantità di oggetti si riflette in musei privati di arte giapponese che vengono visitati assiduamente dagli intellettuali dell’epoca oltre che in esposizioni pubbliche organizzate sotto forma di mostre d’arte industriale.

Uno dei protagonisti assoluti di questa seconda fase collezionistica è il conte Giovanni Battista Lucini Passalacqua e il suo favoloso Museo Giapponese allestito negli anni ’70 dell’Ottocento presso la sua casa sul lago di Como a Moltrasio, dove raccolse ed espose, per il godimento proprio e dei suoi colti ospiti, lacche, porcellane, bronzi, tessuti e una splendida collezione di armi da parata, poi acquistati dal Comune di Milano nel 1898-99 e ora appartenenti al MUDEC.
La seconda sezione della mostra inquadrerà nel contesto culturale, artistico e commerciale di fine Ottocento, l’importanza dei manufatti che compongono questa collezione.

SECONDA MOSTRA
“Impressioni d’Oriente. Arte e collezionismo tra Europa e Giappone”
La storia del gusto occidentale per l’Asia Orientale è la storia di un’ossessione di lunga durata. La mostra “Impressioni d’Oriente. Arte e collezionismo tra Europa e Giappone” ripercorre la profonda fascinazione che il Giappone ha esercitato sulla cultura occidentale e approfondisce le dinamiche dei complessi scambi artistici tra il 1860 e il 1900. Attingendo a una tradizione di studi che abbraccia i contributi più originali del XIX secolo e quelli più recenti, la mostra indaga quattro sezioni fondamentali: 1) il Giapponismo tra realtà e fantasia, ovvero le posizioni artistiche, letterarie e filosofiche del XIX secolo; 2) da Oriente a Occidente. Le ispirazioni giapponesi nell’arte italiana e francese tra il 1860 e il 1900; 3) Import/Export: gli scambi globali; 4) Il Giapponismo italiano.

L’analisi storico-artistica riserva una particolare attenzione al contesto di relazioni commerciali, avventure imprenditoriali e forte curiosità globale caratteristici dell’epoca. Nel variegato contesto del gusto internazionale per il Giappone e della sua influenza sulle arti, la mostra si focalizza sui maggiori artisti italiani ed europei che hanno subito l’incanto del Giapponismo: da De Nittis a Rodin, da Chini a Induno, da Van Gogh a Gauguin e Fantin- Latour, da Toulouse-Lautrec a Monet, esponendo alcuni dei capolavori assoluti dell’epoca. Sarà approfondita la relazione tra l’arte europea e quella giapponese e il livello di comprensione dell’arte nipponica, sia nella teoria estetica che nella pratica, per capire fino a che punto il Modernismo abbia fatto uso di stili e tecniche giapponesi nella sua ricerca di nuovi linguaggi e strumenti, per aprirsi al futuro in un mondo in rapido cambiamento.

Saranno esposte in mostra anche opere di diverse scuole e movimenti artistici giapponesi tra 1890 e 1930, raramente esposte o contestualizzate. L’obiettivo è quello di mostrare come le arti si siano evolute anche in Giappone dopo la riapertura Meiji all’Occidente: sicuramente infatti vi fu anche in Giappone una grande fascinazione per l’Occidente e la modernità. Seguiremo quindi i “viaggiatori della seta”, artisti e artigiani italiani che raggiunsero il Paese del Sol Levante tra il 1872 e il 1880 quali ospiti ufficiali, e che per primi ne subirono il fascino iniziando a collezionarne i manufatti e contribuendo così a diffondere un nuovo gusto collezionistico in Europa.

In particolare, la mostra prenderà in esame il Giapponismo italiano. Nel più ampio contesto del gusto internazionale per il Giappone e della sua influenza sulle arti, come tendenza concentrata soprattutto a Parigi, la mostra si focalizzerà sui maggiori tra gli artisti italiani che caddero nell’incanto del Giapponismo, come Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, artista profondamente affascinato dall’Oriente, Vincenzo Gemito, Federico Zandomeneghi e Giovanni Segantini, attivo interprete di immagini che facevano uso di questi stimoli. Tra i maggiori promotori della conoscenza dell’arte giapponese presso gli artisti italiani ci fu il grande collezionista Enrico Cernuschi (1821 – 1926), patriota, viaggiatore, uomo d’affari e raffinato amante dell’arte, tanto da fondare il museo Cernuschi, attualmente il secondo museo più importante in Francia dedicato alle arti dell’Asia Orientale. La sua esperienza di raffinatissimo collezionista non può essere quindi trascurata nella ricostruzione di un fenomeno come quello del Giapponismo.

A corredo di entrambe le mostre saranno presentati due cataloghi, editi da 24 ORE Cultura, con importanti materiali inediti e di ricerca che approfondiscono puntualmente i temi principali connessi alle due esposizioni.

C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Comune Milano

Contributi fotografici: Carlotta Coppo

QUANDO IL GIAPPONE SCOPRÌ L’ITALIA. Storie d’incontri (1585-1890)
1 ottobre 2019 – 2 febbraio 2020

IMPRESSIONI D’ORIENTE. Arte e collezionismo tra Europa e Giappone
1 ottobre 2019 – 2 febbraio 2020

MUDEC
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