Quattro mostre sono allestite nella città di Treviso, dal 29 ottobre 2016 al 17 aprile 2017. Centoquaranta opere, provenienti da musei e grandi collezioni di mezzo mondo; quasi tutti dipinti ma anche fotografie e incisioni a colori su legno per raccontare, come mai fatto prima in Italia, le varie storie dell’impressionismo. Ideato e curato da Marco Goldin, il percorso ha il suo fulcro nel Museo di Santa Caterina, dove sono collate “Storie dell’impressionismo – I grandi protagonisti da Monet a Renoir da Van Gogh a Gauguin”; “Tiziano Rubens e Rembrandt – L’immagine femminile tra Cinquecento e Seicento”, che presenta tre capolavori dalla Scottish National Gallery di Edimburgo; “Da Guttuso a Vedova a Schifano – Il filo della pittura in Italia nel secondo Novecento”. Infine, a Palazzo Giacomelli, “De pictura – Dodici pittori in Italia”. L’esposizione conduce il visitatore a emozionarsi in un percorso tra capolavori che hanno segnato una delle maggiori rivoluzioni nella storia dell’arte di tutti i tempi. La qualità assoluta dei prestiti, i confronti che essa stimola, le suggestioni che catalizza fanno di questa mostra un’occasione unica di approfondimento e di scoperta di una bellezza nel profondo ancora tutta da scoprire. Centoquaranta opere che documentano non solo quel mezzo secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento, «ma anche – anticipa Goldin – quanto la pittura in Francia avesse prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio Ottocento, nell’ambito di un classicismo che sfocerà, certamente con minore tensione creativa, nelle prove, per lo più accademiche, degli artisti del Salon. Quindi mettendo in evidenza quanto preceda l’impressionismo e lo prepari anche come senso di reazione rispetto a una nuova idea della pittura e quanto da quell’esperienza rivoluzionaria, e dalla sua crisi negli anni ottanta, nasca e si sviluppi poi, fino a diventare pietra fondante del nuovo secolo ai suoi albori. Soprattutto con il magistero dell’ultimo Monet e dell’ultimo Cézanne, ai quali non a caso è dedicato il capitolo finale».
Le diverse sezioni della mostra non sono mondi a se stanti e indipendenti, e invece la pittura accademica è spesso inserita quale contrappunto nelle sezioni stesse, così da far comprendere come il linguaggio nuovo dei giovani impressionisti, e prima di loro dei pittori della scuola naturalistica di Barbizon, vivesse nel tempo stesso del Salon. Non dunque un prima e un poi, ma un’esperienza storica che si esprime in parallelo, e simultaneamente, nelle strade di Parigi. Quel Salon al quale del resto, pur rifiutandone lo spirito di rievocazione e di conservazione, gli impressionisti ambivano a partecipare, essendo comunque il solo luogo che poteva garantire visibilità e fama. In questa sorta di grande tavola sinottica di un’epoca, non è solo la pittura di Salon a essere messa in rapporto con l’impressionismo. Entrano in gioco anche l’appena nata fotografia, soprattutto nell’ambito del paesaggio che rievoca il mare o la foresta di Fontainebleau luoghi comuni di indagine e ancora una volta puntualmente accanto ad alcuni dipinti e poi le celeberrime incisioni a colori su legno di Hiroshige e Hokusai. La mostra ha quindi anche un suo lato di stringente carattere storico, tale da collocare le figure e le opere nel contesto dell’epoca. E con tutta l’evidenza possibile non è solo una sequenza di opere pur bellissime e di capolavori, ma giunge al termine di tanti anni di analisi proprio da Goldin dedicate alla pittura francese del XIX secolo. La grande (aggettivo, in questo caso, assolutamente legittimo) mostra è promossa da Linea d’ombra e Comune di Treviso.