Un’ugola argentina, nata apposta per cantare. Angelo Manzotti possiede corde vocali speciali, oggetto di studi foniatrici e di tesi di laurea, grazie alle quali raggiunge naturalmente, senza ricorrere al falsetto, quei registri sopranili che nel periodo del barocco musicale erano monopolio dei castrati. Specificità disciplinata in una tecnica di canto solida, di grande scuola, padroneggiata con disinvoltura stilistica, con un’abilità divenuta istintiva e che perciò consente d’abbandonarsi all’interpretazione. Perché la tecnica nulla sarebbe senza l’espressività, senza il trasporto emotivo, senza il palpito che Manzotti mette in ogni singola nota.
“Vicenza in Lirica” è una rassegna itinerante nella città di Palladio, che al prestigio delle proposte affianca la possibilità di riscoprire, sotto nuova veste, tesori storici e architettonici. La ridondanza barocca degli stucchi dell’Oratorio dedicato a San Nicola da Tolentino, incornicia un ciclo pittorico che inneggia alla potenza della fede come mezzo salvifico. Pacificazione dell’anima che la limpida vocalità di Manzotti ha esteso alla musica. Il concerto “Tanti affetti in tal momento” ha preso a prestito il titolo da Rossini per annunciare l’amore verso la Musa Euterpe, nel programma dedicato interamente a Händel e Vivaldi. Del “prete rosso” sono risuonati brani tratti da Orlando Furioso, alternati a pagine del compositore tedesco naturalizzato inglese da Giulio Cesare, Partenope e Rinaldo, che ha pure costituito bis con la struggente “Lascia ch’io pianga”, uno dei cavalli di battaglia che hanno reso celebre in tutto il mondo il Farinelli del Duemila.
La voce sapientemente immascherata di Angelo Manzotti era accompagnata dai ceselli del fedele Mario Mazza, solista al flauto. La sintonia d’intenti era perfetta con l’ensemble di strumenti antichi (Chiara Arzenton e Simone Pirri, violini; Elena Gelmi, viola; Marco Casonato, violotto; Enrico Ruberti, violone; Alberto Maron, cembalo) che nulla ha sottratto alla propria personalità esecutiva pur nell’attento e preciso supporto al canto. Una serata nel corso della quale il sopranista, che indossava le raffinate creazioni del costumista Giampaolo Tirelli, ha evocato mondi reali e immaginari, proiettando la musica nella sublime dimensione dello spirito, e del cuore. Il fraseggio si è inerpicato su “abbandoni, ire e sospiri”, come recitava il sottotitolo del concerto, tra virtuosismi eleganti come le agilità, e sfoggio di messe in voce sontuose: leggerezza fattasi potenza, transfert di atmosfere e sentimenti, capace di generare commozione tra il pubblico. Gli afflati drammatici o lirici, impetuosi o di soave dolcezza, tutti hanno ricondotto a un medesimo Eden vocale lussureggiante di colori, abbagliante di luci e rinfrescato da ombreggiature, vivido come una tela dipinta di suggestioni emozionali.
Visto il 27 agosto 2017
Maria Fleurent