Alla vigilia dell’inizio della cosiddetta fase 2 per l’emergenza coronavirus, abbiamo intervistato da dottoressa Emanuela Daffra, Direttore del Polo Museale della Lombardia: uno degli uffici in cui si articola il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (Mibac) a livello regionale.
Emanuela Daffra, storica dell’arte, è stata direttore dei Dipartimenti di Restauro sculture lignee e di Restauro tessili e arazzi dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Funzionario presso la Soprintendenza per i beni artistici e storici della Lombardia occidentale dal 1990, è stata in seguito nominata vicedirettore della Pinacoteca di Brera di Milano, ruolo che ha rivestito dal 2009 fino al 2016, per poi passare alla direzione dell’Accademia Carrara di Bergamo.
La Direzione Regionale Musei Lombardia unisce luoghi molto diversi tra loro: dalle incisioni rupestri, al Cenacolo di Leonardo, a musei e palazzi. Quali difficoltà si incontrano a coordinare un patrimonio così differenziato e dalle diverse specificità?
Le difficoltà sono legate soprattutto a un dato strutturale, la carenza drammatica di personale. Nella maggior parte dei musei lo staff è costituito dal solo responsabile/direttore e dagli assistenti alla vigilanza (quando ci sono). Figure ritenute essenziali in un museo moderno, come chi si occupa di mediazione e didattica, di comunicazione, di conservazione attiva, di documentazione ma anche di amministrazione e gestione del personale lavorano in modo trasversale per tutti i siti. Certo, è faticoso e talvolta rallenta i tempi ma è anche una opportunità stimolante: è come costruire in provetta un sistema museale ramificato sul territorio.
Nel vostro sito sono elencati dodici luoghi museali, ma le vostre competenze sono più a vasto raggio. Quali compiti di coordinamento e di dettare linee guida avete sui beni del patrimonio lombardo globalmente inteso?
I compiti più immediati riguardano l’impegno di rendere i musei direttamente a noi affidati accoglienti e accessibili, fisicamente e culturalmente. È quanto è stato fatto egregiamente dal 2015, anno di nascita del Polo, ora Direzione Regionale Musei: messa in sicurezza, ampliamento degli orari di aperture, app e strumenti di lettura multimediale. A mio avviso però il compito meno noto e più sfidante è quello legato alla costruzione di un sistema museale regionale integrato, che sostenga la creazione di reti museali che radunino istituti di appartenenze giuridiche diverse.
È un compito cruciale in un territorio quale quello italiano che ha sì, musei stellari, giganteschi e visitatissimi, ma ha anche espresso nei secoli un’autentica via lattea di piccoli gioielli che condensano la storia e lo spirito di ogni singolo municipio. È questa strepitosa varietà che va preservata, fatta conoscere e crescere. Perché può diventare una leva di crescita armonica e un efficace contravveleno al consumo feticistico delle grandi città d’arte.
In questa direzione abbiamo lavorato molto: il Cenacolo in occasione dell’anno Leonardesco si è fatto promotore di un biglietto congiunto con altri quattro musei milanesi (5xLeonardo); si è firmato un accordo quadro con Regione Lombardia per i parchi della Valle Camonica, si sono costruite iniziative comuni con fondazione Brescia Musei per i Musei del Garda, e tra i musei della media Valtellina.
Mi piace ricordare che tra le attività di divulgazione promosse online in questo periodo di chiusura abbiamo proposto sulla nostra pagina facebook la rubrica ‘sorprendenteLombardia’ che mira a fare riscoprire l’affascinante ricchezza artistica e naturalistica di una regione che non ha ancora conquistato il posto che le spetta tra le mete culturali.
Come punto di riferimento per la Lombardia, nella cosiddetta fase 2 di quanta autonomia godete?
Naturalmente per le più importanti linee guida e per gli aspetti sanitari le indicazioni arrivano dagli organi competenti del centro, ciò che sto cercando di fare è proporre una riapertura congiunta dei musei nelle diverse province dove hanno sede i ‘nostri’ istituti
Il DPCM del 26 aprile specifica solo che i musei resteranno chiusi fino al 17 maggio. Si dà per scontata la riapertura dal 18. Ha notizie ufficiali in proposito? Al momento, sono in vigore le limitazioni di movimento delle persone. Quale affluenza quindi ci si attende, nei musei?
Non sappiamo ancora quando la cosiddetta fase 2 prenderà effettivamente avvio, e non ci sono indicazioni ufficiali univoche. Certo non ci sono ancora le condizioni per riaprire dal 18, basti pensare che fino ad allora il personale di uffici e musei non rientrerà in servizio. Stiamo però lavorando per garantire le condizioni di una riapertura sicura per tutti, personale e visitatori. È difficile tuttavia immaginare delle cifre. Più facile ragionare per grandi categorie: non ci sarà il turismo straniero, maggioritario sul Garda e al Cenacolo, non sappiamo ancora con sicurezza se si potrà arrivare da altre regioni italiane. Voglio però vedere questa come grande opportunità per ridisegnare il baricentro dei nostri istituti, stringere davvero e curare i rapporti con le comunità di prossimità, con le altre istituzioni culturali anche piccole. Per una volta numeri bassi, ritmi lenti, ci obbligheranno a un rapporto in profondità con pubblici che spesso diamo per scontati e che di fatto sono assenti.
Quanti siti riapriranno al pubblico e quanti sceglieranno altre vie di ripartenza, come riavviare i cantieri di restauro, oppure necessiteranno di tempo per adeguarsi alle nuove norme di sicurezza?Con tempi probabilmente diversi, legati al rapporto tra tipologia dei siti (aperto/chiuso) ed alla media degli accessi ma riapriranno tutti. Si tratta di individuare e predisporre nuove modalità di visita che garantiscano il distanziamento sociale, non di effettuare interventi complessi. I cantieri di restauro programmati, non legati alla necessità di adeguamenti per la mitigazione delle possibilità del contagio partiranno invece quanto prima, così da non interferire con i flussi dei visitatori.
Ha già avuto modo di ravvisare criticità, legate alla ripartenza? Ad esempio riguardo al personale?
La cronica carenza di personale di custodia rischia di diventare drammatica in un momento in cui non tutto il personale potrà riprendere servizio ed il controllo dei flussi potrebbe richiedere unità in aggiunta. Insieme ai
colleghi che di sorveglianza si occupano cercheremo di ragionare su differenti
scansioni orarie (meno ore al giorno? Meno giorni a settimana?) per fare quadrare numeri e sicurezza, ripeto,
per tutti.
A quali condizioni dovrà avvenire, la riapertura? Come possono le norme rispondere a esigenze tanto diverse come quelle che presenta il patrimonio museale lombardo ma anche italiano?
Come scrivevo prima dovremo ripensare profondamente i tempi e i modi di visita. Ancora non sappiamo quali saranno i presidi obbligatori, ma attualmente la garanzia maggiore pare quella offerta dal distanziamento sociale. Perciò addio folle oceaniche: apriremo quando i presidi ritenuti indispensabili ci saranno tutti, e apriremo in modalità slow.
Il personale degli uffici ha lavorato in smart working. Invece quello di sorveglianza è stato ridotto al minimo per garantire la sicurezza, anche a porte chiuse. Come vi siete organizzati?
Il personale di sorveglianza ha lavorato in formazione a distanza, su temi fondamentali per la sua professionalità: sicurezza, ma anche le nuove frontiere del racconto museale, le novità legislative. Tra queste un posto speciale lo hanno le lingue straniere: per tutto il personale del Polo è stato acceso un canale per lo studio delle lingue straniere a distanza, fruibile non solo da pc ma anche da cellulare, in modo che davvero tutti potessero accedere. Un report mensile da conto dei progressi di ciascuno e mi auguro che la qualità del nostro servizio verso i tanti visitatori stranieri possa davvero crescere.
Come Polo museale regionale, avete già quantificato monetariamente le perdite dovute alla chiusura e i costi per la riapertura?
I drammatici conti delle perdite non sono difficili. Le dò soltanto i risultati nei nostri musei più visitati – Cenacolo, Castello Scaligero e Grotte di Catullo a Sirmione – e sottolineo con un pizzico di orgoglio che gli indicatori di quest’anno erano in ulteriore crescita esponenziale per questi ultimi. Il Cenacolo, di sola bigliettazione, garantiva una media di 360 mila euro al mese; castello e grotte davano circa 300 mila euro ciascuno tra gennaio e maggio.
Non solo questi mesi sono perduti, ma certo per ragioni legate al contingentamento non si raggiungeranno più queste cifre. Basti pensare che ‘prima’ al Cenacolo entravano 35/ 40 persone ogni 15 minuti, ora ne entreranno al massimo 15.
Però non è un male (se non per l’aspetto finanziario): dovremo imparare a valutare i risultati di un museo non solo in termini di visitatori e di guadagni monetari, focalizzandoci sulla qualità dell’esperienza offerta ai visitatori.
In base alla sua esperienza personale, come vede la situazione museale nel presente e in prospettiva futura?
In qualche modo l’ho accennato prima: sono anni che la comunità museale, anche italiana, si interroga su quale possa essere il ruolo del museo in contesti che sono profondamente diversi dalla cultura illuministica nella quale questa macchina meravigliosa ha visto la luce. Ora, se crediamo nelle potenzialità del museo e del patrimonio per costruire saperi condivisi, abilitare al pensiero critico, affascinare e divertire, è questa una occasione straordinaria per ragionare su ruoli e modalità, perché il rischio di proporre un ‘nuovo’ museo elitario ed esclusivo è forte.
Perciò vi lascio con quattro parole d’ordine che dobbiamo tenere ben strette e usare come rotaie: conoscenza, collaborazione, condivisione (di risorse e competenze), creatività
È esattamente quanto deve fare la Direzione Regionale Musei Lombardia: augurateci buon lavoro
3 maggio 2020
Maria Fleurent per DeArtes