Anne e Patrick Poirier, una tra le coppie più celebri della scena artistica internazionale, decidono di unire la propria visione artistica, firmando congiuntamente i lavori, a partire dalla loro residenza d’artista all’Accademia di Francia – Villa Medici (1968-1972). Proprio l’istituzione romana ha dedicato loro la prima mostra monografica in Italia, ROMAMOR (1 marzo – 5 maggio 2019). L’esposizione, a cura di Chiara Parisi, ha presentato opere storiche e produzioni site-specific in dialogo con la meravigliosa architettura tardo rinascimentale e i giardini di Villa Medici: un omaggio alla città che ha dato vita alla simbiosi creativa tra i due artisti.
Per questo nuovo appuntamento, la Galleria Fumagalli ha invitato la curatrice e critica Angela Madesani a dialogare con gli artisti francesi a proposito di ricerca e produzione artistica al tempo della pandemia.
ANNE E PATRICK POIRIER RACCONTANO LA LORO NUOVA OPERA
Angela Madesani: «Durante i giorni della chiusura della Francia e di buona parte del mondo a causa del Covid-19, Anne e Patrick Poirier iniziano a disegnare un lungo rotolo di carta. Una libera lettura dell’Inferno di Dante, al quale Anne è legata sin dalla prima giovinezza. Come sempre nel vostro lavoro c’è un’evidente partecipazione a quanto accade intorno a voi.»
Anne & Patrick Poirier: «Come spesso è accaduto nel corso degli anni si sono verificate una serie di particolari congiunture che ci hanno portato a occuparci delle cose. Poco prima di Natale avevamo ordinato due grandi gong da Wuhan in Cina, per un lavoro che avremmo dovuto inaugurare all’abbazia romanica di Le Thoronet il 19 maggio. Un lavoro che si intitola Anima Mundi, che sfrutta proprio la straordinaria acustica del luogo per il quale è stato pensato. I due gong sono arrivati da noi in Francia proprio nei giorni dello scoppio della pandemia. Chiusi in studio come tutti, molto preoccupati, avevamo acquistato tempo prima un lungo rotolo di carta. Così abbiamo deciso di fare questo lavoro. Abbiamo preparato tutto il 16 marzo e la mattina del 17, il giorno della chiusura, siamo partiti. E il lavoro è stato completato, casualmente, il giorno della riapertura. Possiamo dire che è nato dalla paura, alcune persone vicino a noi si sono ammalate. C’era qualcosa nell’aria che ci toccava particolarmente.»
A.M.: «Come si colloca in questo particolare momento storico?»
A.&P.P.: «Gli artisti, gli scrittori hanno sempre parlato delle pandemie. Ma questa volta la situazione tragica ha coinvolto tutto il mondo. Abbiamo pensato che per la prima volta l’umanità ha ricevuto un chiaro messaggio sulla sua fine. Fine dell’umanità, che non è fine del mondo. Il mondo, la natura, in realtà, potrebbero essere molto felici senza l’uomo. Anche in questa opera abbiamo affrontato i temi dell’inquinamento, della distruzione, della catastrofe. È la ricerca del mondo dopo la morte. Cosa succede dopo? Tutti gli uomini si sono fatti questa domanda. È un soggetto che coincide con il nostro lavoro. Attraverso di esso cerchiamo risposte a domande archetipiche. Mitologia, religioni, oggi in particolare la scienza, sono concentrate su questi temi.»
A.M.: «E quindi la Divina Commedia, l’Inferno.»
A.&P.P.: «In casa ne avevamo due edizioni, una con le illustrazioni di Gustave Doré e una, acquistata su una bancarella quindici anni fa, con quelle di Sandro Botticelli. Era giunto il tempo di realizzare un lavoro su quell’ambito.»
A.M.: «I rimandi all’arte antica non si contano, i bestiari fantastici medievali, Victor Hugo, Luca Signorelli a Orvieto, Giulio Romano, William Blake, Heinrich Füssli, forse de Chirico.»
A.&P.P.: «Abbiamo messo insieme tanti stimoli, senza copiare nessuno e l’operazione ha preso il via, guardando anche ad alcuni oggetti religiosi e di arte popolare che da molti anni raccogliamo.»
A.M.: «Il lavoro comprende anche delle brevi parti scritte.»
A.&P.P.: «Alcune frasi sono le nostre, altre arrivano da La morte di Virgilio di Hermann Broch, qualche punto dall’Inferno di Dante.»
A.M.: «Una bande dessinée, un lungo fumetto, alta 80 cm e lunga 30 metri in cui non c’è soluzione di continuità.»
A.&P.P.: «È un grande paesaggio dove si deve viaggiare, si deve girare proprio come nei nostri grandi lavori. Noi per primi lo abbiamo fatto, tra i nostri ricordi visivi e culturali. È come un montaggio cinematografico. Non c’è solo un punto di vista, ce ne sono tanti. Ci sono delle differenze di scala, che non corrispondono per forza alle dimensioni reali. Non abbiamo rispettato l’ordine dei gironi. Certi sono al loro posto, altri no. È una libera lettura.»
A.M.: «Non c’è una visione prospettica. Patrick ha lavorato la mattina. Anne di pomeriggio. Poi a fine giornata di nuovo insieme. Prima avete utilizzato l’inchiostro nero e rosso a disposizione nel vostro studio, poi, in attesa del rifornimento, avete preparato del rosso, secondo una ricetta di Giorgio de Chirico, che avevate trovato 40 anni fa. Come avete lavorato?»
A.&P.P.: «Ciascuno di noi poteva riprendere i disegni dell’altro quando lo riteneva necessario. È un lavoro a 4 mani a tutti gli effetti. È stato un profondo dialogo fra noi. Ma è anche una sorta di diario, infatti ci sono le date che segnano il tempo.»
A.M.: «Il canto trentaquattresimo dell’Inferno, si svolge nel nono cerchio, nella ghiaccia del Cocito. Dante e Virgilio incontrano Lucifero, principio di ogni male. La vostra opera come finisce?»
A.&P.P.: «Abbiamo aggiunto l’Angelus Novus, quello della storia. È un angelo che piange su questo cumulo di rovine che vede man mano che vola alla rovescia sull’umanità, condotto dal vento. Del resto anche Lucifero era l’angelo più bello che Dio ha creato.»
A.M.: «E quindi siete usciti a riveder le stelle.»
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C.S.
Fonte: Galleria Fumagalli, 19 maggio 2020
Immagini: Anne & Patrick Poirier, Inferno/Dante, 2020
Courtesy gli artisti
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