Il primo gesto architettonico, quello di tracciare un perimetro, di separare un microcosmo interno, scelto dall’uomo, dal macrocosmo esterno rappresentato dall’infinità della natura, porta con sé l’idea del sacro; richiama il gesto primordiale del segno tracciato dall’uomo sulla terra nell’atto di recingere.
Electa pubblica un’inedita conversazione, che apre un nuovo squarcio sul percorso umano e professionale di Mario Botta, architetto ticinese artefice della ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano e di progetti come il MART di Rovereto e del MoMa di San Francisco.
All’interno del volume, Botta rivela come solo nella maturità e attraverso la progettazione di spazi sacri abbia definitivamente riscoperto i principi base della sua disciplina: il perimetro, primo segno che distingue un microcosmo interno da un macrocosmo esterno; il muro, separazione tra interno ed esterno; la soglia, momento di transizione; la gravità, radicamento alla terra; la luce, generatrice dello spazio; la trasparenza, fonte di evocazione; il rapporto tra finito e infinito. Questi principi, ereditati dai grandi maestri del Novecento, sono per Botta imprescindibili nella costruzione di spazi vivibili, a misura d’uomo: dei punti di resistenza e di nuovo inizio che reagiscono a molte derive contemporanee.
All’origine di questa ricerca, interna all’architettura stessa, è la chiesa di San Giovanni Battista a Mogno in Svizzera – il primo spazio sacro progettato da Botta – qui osservata attraverso una campagna fotografica appositamente realizzata da Alessandro Nanni.
Il dialogo ha la forma distesa della conversazione, accompagnata dai disegni dell’architetto, e consente al lettore di addentrarsi in alcune tematiche chiave del dibattito contemporaneo: il rapporto con la propria terra e cultura in un mondo globalizzato; il destino della città europea; il ruolo del passato e il coraggio di reinterpretarlo; l’aggressività del modello economico capitalista e l’attuale cultura ecologica; lo spazio sacro e il senso di Dio oggi; la ricerca dei fondamenti della propria disciplina e la debolezza dei passaggi generazionali. Le serie fotografiche, poste all’inizio, documentano lo sguardo di Botta sui suoi riferimenti novecenteschi e il successivo chiarificarsi del “gesto sacro”, fondamento di ogni sua architettura.
C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Electa