Volume piccolo, grandi digressioni. Italo Moscati apre cassetti e finestre della mente, divaga, poi torna al punto di partenza, la Divina. Il Festival Internazionale Scaligero Maria Callas – Verona ha presentato in anteprima nazionale “Non solo voce: Maria Callas. Mai amata regalò l’amore”, ultima fatica letteraria dello scrittore, sceneggiatore e regista Italo Moscati, che tante volte nella sua poliedrica carriera ha ripercorso le orme di personaggi famosi, con personale vivacità, focalizzandosi su singoli episodi per raccontare una vita. Sollecitato dal Maestro Nicola Guerini, Presidente del Festival, Italo Moscati procede per immagini e sostiene che non vi è molta differenza tra girare un film e scrivere un libro. Questa snella pubblicazione infatti nasce idealmente come prosecuzione del documentario commissionatogli anni fa da Rai1, che porta il medesimo titolo. Moscati fa rivivere sulla carta i protagonisti di un’epoca straordinaria nella storia del melodramma e del costume, prendendo spunto dalle foto in bianco e nero e su queste montando, con fare cinematografico, pezzi di cronaca e testimonianze.
L’incipit Non solo voce allude all’intenzione di non rivolgersi esclusivamente ai fanatici della lirica, ma di raccontare un fascino fatto di cose concrete e di sentimenti delusi. La musica, è il credo di Moscati, è narrativa, è romanzo. La musica è quello che sentiamo noi e questa è la chiave per comprenderne il valore.
Le frasi pronunciate dalla stessa protagonista fanno capire cosa significasse cercare il respiro del pubblico, con il quale sapeva raggiungere una condizione di unisono, con naturalezza e una certa fierezza, aggiunge l’autore. Il quale si chiede cosa il soprano sarebbe stato senza i suoi fans, come avrebbe potuto lenire il dolore di una vita difficile, nella famiglia, negli esordi, negli amori. Maria cercava la fusione con gli ascoltatori, aveva bisogno di prendere un unico respiro ma anche di darlo, in una simbiosi non emotiva, ma tecnica. Una sorta di elettricità, di luce che schiariva le idee.
E pensare che in America, a casa di Nicola Rossi Lemeni, dopo la cena lavava i piatti, prima di intonare Casta Diva. Poi il grande basso la presentò a Giovanni Zenatello (il cui nipote è intervenuto alla presentazione alla Libreria Feltrinelli di Verona) colui che diede il via alla lirica in Arena, e assieme portarono a Verona la Callas, definita grassa e ciabattona dalla sorella di Giovanni Battista Meneghini. In quest’uomo, prosegue a dissertare Moscati, lei ripose il desiderio di essere diversa. Sia vera o frutto di fantasia la storia del verme solitario ingurgitato, fatto sta che divenne una farfalla, sottile, leggera, libera, e da quel momento, è la conclusione tratta da Moscati, iniziò il suo radioso affrancamento da tante problematiche personali. Senza mai scrollarsi di dosso i dispiaceri, come quello che le riservò la relazione con Onassis. Inquietudine, indomabilità, sofferenza da cui trarre forza, è il suo lascito.
«Per me c’è un vuoto nel cosmo, e da là, tu canti» fu la poetica dichiarazione di Pier Paolo Pasolini, con il quale si era creato un fraterno legame affettivo. Mentre Raina Kabaivanska, nel corso di un’intervista televisiva, disse: «Io sono una cantante, ma la Callas è un’epoca». E Giulietta Simionato affermò che quando Maria perse la musica, allora iniziò a morire. Sabato 16 settembre 2017, il Festival Maria Callas ha dedicato alla Divina un ricordo speciale, unico. Alle 13.30, ora in cui nel 1977 la radio francese ne annunciò la morte, da un vecchio grammofono la sua voce è tornata a risuonare, ineguagliabile, nell’aria di Verona.
A.M