Urbino butta il cuore oltre gli ostacoli e investe sul suo sistema culturale e turistico decidendo di aprire dal 18 luglio “Baldassarre Castiglione e Raffaello. Volti e momenti della civiltà di corte”, la mostra curata da Vittorio Sgarbi e Elisabetta Soletti. La mole e il rilievo dei prestiti necessari a portare in porto questa significativa esposizione sono notevolissimi e non semplici da gestire in un momento come il presente. I problemi allestitivi di una mostra complessa nel tema e innovativa anche per le soluzioni tecnologiche, com’è questa, saranno superati in qualsiasi modo. L’indicazione del Sindaco Maurizio Gambini, dell’intera Città e della regione Marche è chiara: Urbino vuole affrontare l’estate offrendo il meglio di sé ai suoi ospiti, e questa grande mostra è un attrattore sicuramente imprescindibile con la Galleria Nazionale delle Marche, partecipe del progetto attraverso un sistema di comunicazione e promozione coordinato e il biglietto integrato.
Ad essere raccontata, in modo del tutto originale, negli spazi delle Sale del Castellare del Palazzo Ducale di Urbino è la vicenda di un uomo che fu figura centrale del Rinascimento europeo. Baldassarre Castiglione, mantovano di origine ma urbinate d’adozione, è a tutti noto per il suo Cortegiano, opera che, tradotta nelle principali lingue dell’epoca, fornì “il” modello di comportamento per l’alta società dell’intero continente. Ma circoscrivere la figura del Castiglione a questa pur celeberrima opera sarebbe scelta del tutto limitante.
Come questa grande mostra evidenzia, la sua fu una figura di intellettuale finissimo, vicino a grandi artisti, Raffaello in primis, ma anche a scrittori, intellettuali, regnanti e papi, attento politico, incaricato di ambascerie tra e più delicate del suo tempo. Uomo che sfuggì ad intrighi, che seppe muoversi in modo accorto in un periodo storico complessissimo.
Attingendo alla fonte imprescindibile delle sue Lettere, la mostra ha il merito di ricostruire l’intera vicenda del Castiglione ponendola, correttamente, nel contesto del suo tempo, accanto a figure altrettanto complesse ed affascinanti come quelle di Guidobaldo da Montefeltro, Duca di Urbino, di Leone X, dei Medici, degli Sforza, dei Gonzaga e di Isabella d’Este “prima donna del mondo”, dell’Imperatore Carlo V e di artisti – Raffaello innanzitutto, ma anche Leonardo, Tiziano, Giulio Romano…- , di fini intellettuali come Pietro Bembo e di studiosi come Luca Pacioli. Tra i tanti.
Sette sezioni fitte di opere importanti, utili a dare la dimensione dell’epoca raccontata. Integrate attraverso soluzioni multimediali che ampliano il racconto, offrendo ulteriori chiavi di lettura, agendo su immagini e stimoli visivi ed emotivi.
Una mostra ampia, complessa ma non complicata, imponente e stimolante. Scrigno d’arte ma anche di arti applicate: gli abiti per feste, tornei e parate, le armi, le antiche edizioni e i manoscritti, poi la musica, per citare solo alcuni focus. Una grande mostra che trova Il suo naturale complemento nel Palazzo Ducale dei Montefeltro e nell’intera città di Urbino, contenitori e al contempo contenuto di un’esposizione che fa della corte urbinate uno dei suoi fondamentali punti di interesse.
«Unire i nomi di Raffaello e di Baldassarre Castiglione – afferma Elisabetta Soletti, che, con Vittorio Sgarbi, cura la mostra – significa dare il giusto rilievo al fondamentale contributo del sommo artista e del grande scrittore nella creazione del mito di Urbino e della sua corte nei primi decenni del Cinquecento. A entrambi infatti si deve l’affermazione del primato culturale del Rinascimento italiano in tutta Europa. Il Cortegiano a lungo ha rappresentato il modello ideale dei valori della civiltà delle corti come è documentato dall’eccezionale successo editoriale dell’opera, che fu tradotta in tutte le principali lingue nazionali, spagnolo, portoghese, francese, inglese, tedesco, polacco, un successo che conobbe una profonda e duratura fortuna fino al sc. XVIII».
Vittorio Sgarbi, ProSindaco di Urbino sostiene che «Urbino è il luogo che Raffaello non può dimenticare, è il luogo della sua infanzia, è il luogo di Piero della Francesca, è il luogo dei suoi amori, è il luogo della bellezza, dell’architettura, delle belle donne che lo porteranno alla dannazione. Bello e dannato. Io credo che ricordarlo voglia dire vedere in Raffaello il punto di arrivo di una vita compiuta. In soli 37 anni egli ha fatto quello che un altro uomo non avrebbe fatto nemmeno in 100. Raffaello non è solo Rinascimento, è perfezione, è armonia, è l’arte che vince la natura».
Il progetto è promosso dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, dalla regione Marche e dal comune di Urbino.
PROGETTO DELLA MOSTRA
a cura di Vittorio Sgarbi e Elisabetta Soletti.
Nell’anno raffaellesco, la città di Urbino intende celebrare con una importante mostra Baldassarre Castiglione, figura di primo piano nel clima culturale e nel quadro politico dei primi decenni del Cinquecento. Figlio di Cristoforo Castiglione e di Aloisia Gonzaga, egli nasce a Casatico (Mantova) nel 1478. Nel 1490 viene mandato dal padre a Milano dove si forma la sua ampia cultura classica e umanistica alla scuola di Giorgio Merula e di Demetrio Calcondila, e le lingue e le letterature classiche, in particolare il greco, rimangono le predilette dallo scrittore come testimoniano le lettere e l’inventario della sua ricca biblioteca. Dopo la morte del padre, 1499, rientra a Mantova dove inizia la sua carriera diplomatica al servizio di Francesco Gonzaga. Nel 1504 si trasferisce a Urbino presso la corte di Guidubaldo di Montefeltro. Durante gli anni urbinati compie numerose missioni, tra cui quella del 1506 in cui si reca in Inghilterra presso Enrico VII. Dal 1513 al 1516 in qualità di ambasciatore del duca di Urbino si stabilisce a Roma durante il papato di Leone X, e in quel periodo si rinsaldarono i legami di amicizia e di affinità intellettuale che lo univano ai protagonisti, artisti e letterati, della vita culturale di quegli anni fin dalla stagione urbinate, tra cui P. Bembo, L. di Canossa, A. Beazzano, Raffaello, B. Dovizi da Bibbiena, G. G. Calandra, A. Tebaldeo, C. Gonzaga, Giuliano de’ Medici, G. Romano, L. Leonbruno. Rientrato a Mantova dopo la morte della moglie Ippolita Torelli, nel 1520 abbraccia lo stato ecclesiastico e nel 1524 viene nominato da Clemente VII nunzio apostolico in Spagna alla corte di Carlo V. Muore a Toledo l’8 febbraio 1529 di febbre pestilenziale.
Il Cortegiano, edito a Venezia nel 1528, ma già noto anni prima nella cerchia degli amici in veste manoscritta, è l’opera a cui si lega la fama di Castiglione ed è uno dei primi grandi libri europei moderni, come documenta la sua straordinaria diffusione in Italia e in tutta Europa nel XVI secolo, numerosissime infatti sono le traduzioni in spagnolo, francese, inglese, tedesco, polacco, latino. Scrittore nutrito della migliore tradizione classica e umanistica, Castiglione ha lasciato un’abbondante messe di testi in prosa e in poesia. Nel 1506, a Urbino coautore Cesare Gonzaga, ha composto l’egloga Tirsi, trasparente elogio della duchessa Elisabetta Gonzaga, inoltre sonetti e canzoni, e i Carmina, tra cui le elegie De morte Raphaelli pictoris, De Elisabella canente, e quella Qua fingit Hippoliten suam ad se ipsum scribentem. Del massimo interesse sono le Lettere famigliari e diplomatiche, ora disponibili nell’edizione critica a cura di A Stella, G. La Rocca, U. Morando (Torino, Einaudi 2016). L’imponente corpus epistolare, sono 1779 quelle ad oggi raccolte, consente di ripercorrere dall’interno e dal punto di vista di un attivo partecipe le vicende storiche dei primi decenni del Cinquecento intrecciate ad un’intensa vita famigliare, e rappresenta un documento di straordinaria vitalità e vivacità descrittiva della vita delle corti nel primo Rinascimento Italiano. Tra le Lettere più importanti da punto di storico e artistico conviene citare almeno quella scritta in collaborazione con Raffaello a Leone X sul ricupero delle rovine romane (1519); quella a Clemente VII della fine del 1527 in cui Castiglione si difende dalle calunnie sulla sua presunta responsabilità in relazione ai terribili fatti del Sacco di Roma, e quella, veemente, in risposta alle velenose accuse di Alfonso Valdès, in-fluente segretario di Carlo V (fine del 1528).
Dalle Lettere di Castiglione si possono estrarre numerosi passi nei quali l’autore ricorda momenti della sua vita e del cenacolo di artisti e letterati negli anni trascorsi nelle corti di Urbino e di Roma. In essi si parla di parate e di fatti d’arme, di teatro e di musica, di cerimonie e di feste, si sottolinea l’importanza di vestire abiti eleganti, si elogia la studiata piacevolezza del discorrere nutrita dalla profonda conoscenza della cultura classica e moderna. Questi passi, che corrispondono alle qualità del perfetto cortigiano via via elencate nel dialogo, introdurranno le sezioni della mostra. Aiuteranno inoltre a comprendere la natura dei rapporti di amicizia che uniscono Castiglione a grandi artisti (Gian Cristoforo Romano, Raffaello, Lorenzo Leombruno, Giulio Romano), nonché a letterati, ambasciatori e alti funzionari delle corti coinvolti nelle vicende politiche e letterarie degli anni 1500-1528. Va messo inoltre in rilievo il rapporto di stima e di fiducia, di affinità culturale che lega negli anni lo scrittore a papi, cardinali e a signori di cui era al servizio, Federico Gonzaga e in particolare Isabella d’Este, che in due occasioni si rivolgono a lui anche quale intermediario per sollecitare opere di Raffaello. Questi legami si alimentano anche sulla condivisa passione per il collezionismo. Rivolgendosi per lo più ai suoi amici o alla madre Castiglione parla di oggetti a lui carissimi, quadri, strumenti musicali, abiti, tessuti, gioielli, cammei, bronzi, marmi antichi, da custodire gelosamente in luoghi sicuri, lontani da occhi indiscreti, alcuni dei quali inseguiti tenacemente. Le Lettere ci illuminano, passo passo, sulla cultura, sui gusti e sulle preferenze artistiche dello scrittore, oltreché sulle tappe della sua carriera diplomatica; consentono di seguirlo nei fatti e nelle azioni, ma soprattutto fotografano dal vivo e dall’interno affanni affetti e dolori della sua vita quotidiana. Le Lettere sono anche una guida preziosa e indispensabile per leggere dall’interno il Cortegiano, rappresentano una sorta di affascinante sinopia dell’opera maggiore, uno specchio senza ombre che ci aiuta a comprendere la natura complessa e poliedrica del testo.
C.S.
Fonte: Studio Esseci
BALDASSARRE CASTIGLIONE E RAFFAELLO. Volti e momenti della vita di corte
19 luglio 2020 – 1 novembre 2020
Urbino, Palazzo Ducale, Sale del Castellare
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