200 capolavori provenienti dai più prestigiosi musei di tutto il mondo, istituzioni pubbliche e private, enti religiosi e collezioni private. Spettacolari dipinti e pale d’altare, sculture, arazzi, disegni, incisioni, arredi e oggetti preziosi per un’imperdibile mostra, allestita negli spazi monumentali della Citroniera Juvarriana della Reggia di Venaria alle porte di Torino: meraviglia dell’architettura barocca, proclamata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. 
La mostra, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, conduce i visitatori in uno straordinario viaggio nell’Europa delle arti tra fine Seicento e metà Settecento. Un percorso verso la modernità, incentrato sul confronto diretto tra Roma e Parigi, i due poli di riferimento culturale dell’intera Europa, con i quali Torino intesse in quegli anni un fitto dialogo di idee e di scambio di artisti e di opere.
La cronologia individuata circoscrive un ampio periodo per così dire “compresso” tra gli ambiti storiografici tradizionalmente associati alle etichette di Barocco e di Neoclassicismo, qui invece messo in luce come epocale fucina di rinnovamento.

Fonte: Consorzio Residenze Reali Sabaude

La Sfida al Barocco è quella lanciata dagli artisti in nome della modernità: misurandosi con le grandi opere degli Antichi, dei Maestri del Rinascimento e della prima metà del Seicento, gli artisti esplorano le potenzialità dell’osservazione del naturale, della realtà e dei sentimenti, sperimentando innovativi linguaggi di espressione e comunicazione, rivolti a illustri mecenati e a nuove tipologie di pubblico.  La mostra racconta quella “sfida”, presentando i capolavori creati e approdati nelle tre città tra il 1680 e il 1750. Un percorso inedito che segna un decisivo cambio di passo sulla scena figurativa: quando Roma rinnova il suo ruolo di depositaria della grandezza dei modelli; quando Parigi arriva a designare il primato della scuola moderna francese, cercando nell’Antico il naturale e scegliendo nuovi riferimenti per la rappresentazione del quotidiano nei maestri fiamminghi e olandesi; quando Torino, grazie all’intelligenza creativa dell’architetto regio Filippo Juvarra, si conferma come un laboratorio della città moderna presentando una straordinaria galleria dei pittori contemporanei delle Scuole d’Italia allestita nelle chiese e nelle residenze della corte. 
Un itinerario che si snoda nella Roma cosmopolita dei Papi, nella Parigi del re sole Luigi XIV e di Luigi XV, nella Torino capitale del nuovo regno di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III.

Fonte: Consorzio Residenze Reali Sabaude

La mostra, articolata in 15 tappe con scansione cronologica e tematica, si sviluppa in percorsi paralleli che incrociano la pluralità delle scelte nel confronto tra le tre città, sui temi della storia, della memoria, dell’invenzione, della sensibilità al naturale ed esibisce opere di artisti fondamentali nella ricerca figurativa di quegli anni, messi a confronto in un ordinamento critico mai presentato finora. 
Attraverso una selezione significativa di opere, l’esposizione permette di ammirare la qualità e la varietà della produzione figurativa del tempo: da Maratti a Trevisani a Conca a Giaquinto a Subleyras, a Pannini e Batoni, ai pittori della modernità parigina, come Boucher e Chardin, agli scultori come Cametti, Legros, Bouchardon, Ladatte e Collino, chiamati a rinnovare le imprese monumentali, ai maestri dell’ornato e delle arti preziose, agli esponenti di maggior rilievo delle scuole romana, napoletana e veneziana voluti a Torino da Filippo Juvarra. 
La qualità magistrale, la grazia, la seducente e coinvolgente rappresentazione delle passioni in pittura e in scultura, il virtuosismo e la raffinatezza preziosa di arredi e ornamenti e lo spettacolare Bucintoro dei Savoia in chiusura del percorso, accompagnano i visitatori lungo questo appassionante e sorprendente percorso costellato da capolavori consegnati alle future elaborazioni dell’arte moderna.

La mostra, curata da Michela di Macco (Università di Roma La Sapienza) e Giuseppe Dardanello (Università degli Studi di Torino), affiancati da un comitato scientifico internazionale, rappresenta l’esito di un articolato progetto di ricerca svolto nell’ambito del Programma di ricerche sull’età e la cultura del Barocco della Fondazione 1563.  Progettata dalla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, è organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Per qualità e consistenza dei prestiti l’esposizione vanta la collaborazione eccezionale del Museo del Louvre.
Il biglietto è acquistabile solo online È obbligatorio prenotare e acquistare in anticipo il proprio ingresso, scegliendo giorno e ora.

Pompeo Batoni, Pittura, Scultura e Architettura, 1740, Rivoli, Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti

LE SEZIONI DELLA MOSTRA
Ouverture. Le Allegorie delle Arti
Tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento, a Roma come a Parigi, gli artisti si esprimevano con originali forme di modernità che sfidavano la grandezza del passato, come si vede nelle tre Allegorie qui esposte. Batoni si inserisce nella tradizione delle personificazioni delle Arti per presentarle in dialogo con nuova armonia e confermarne ancora una volta la pari dignità, ovvero l’Aequa potestas affermata negli ambiti accademici di Roma; Subleyras si affida a una natura morta, al contempo colta e quotidiana, per porre in gara la Santa Susanna dello scultore Duquesnoy, simbolo della capacità dei moderni di eguagliare gli antichi, con i frammenti dei marmi classici. La tela del francese Chardin afferma il primato dei moderni e introduce la raffigurazione della scimmia pittrice, simbolo dell’Ars simia naturae: la natura resta sempre il primario modello delle Arti.




1. Disegnare dai grandi maestri
Un’antologia di esercizi di copia realizzati tra il 1680 e il 1750 permette di intercettare la reazione degli artisti di generazioni e provenienze diverse, rivelando la varietà nella selezione e il grado personale di rielaborazione di ciascuno. L’esercizio della copia era fedele compagno dei giovani che volessero avvicinarsi all’arte – diventando soggetto delle prove di concorso della romana Accademia di San Luca, nonché parte preponderante del programma formativo dell’Accademia di Francia a Roma – ma anche fonte di sfida e di studio di affermati maestri. Nonostante Roma fosse il luogo privilegiato per il confronto con i marmi antichi e con i grandi maestri quali Raffaello, i Carracci, Bernini e Algardi – tanto da rendere necessaria la diffusione delle loro opere tramite riproduzione a stampa –, nel tempo Parigi affermò la propria individualità, guardando alle radici nordiche, come dimostra il disegno di Boucher da un supposto Rembrandt.

Antoine Coypel, Susanna accusata di adulterio dai vecchioni, 1695-96, Madrid, Museo del Prado

2. PARIGI 1680-1720. Il primato della Istoria
La storia sacra e quella profana sono anche in Francia un genere privilegiato di sperimentazione pittorica, dove l’eredità del Seicento si rinnova prendendo nuove direzioni. Charles Le Brun elabora un complesso linguaggio celebrativo nell’ambiziosa impresa della Galleria degli Specchi di Versailles, qui evocata dal modello di una delle scene principali, e trasforma la pittura religiosa di Nicolas Poussin in una eloquente rappresentazione delle passioni umane. Su questo registro Antoine Coypel declina storie di passioni vivificate da una varietà di modelli e da una nuova sensibilità per il colore. La scoperta emozionata dell’Italia consente a Charles de La Fosse di innovare la pittura decorativa e quella profana grazie all’iniezione di riferimenti cromatici derivati da Correggio, Tiziano, Rubens e Van Dyck. La pittura sacra gioca su registri diversi, che spaziano dalla riflessione sui modelli di Corneille a quella più libera e realistica di Jean Jouvenet.

3. ROMA 1680-1720. Il teatro degli stili
Roma dal 1680 si presenta come un gran teatro degli stili in cui si confrontano gli artisti eredi della stagione del Barocco e del Classicismo seicentesco. Superarla individuando nuove strade è la sfida del momento. La pala di Maratti è un capolavoro di intenso studio da Raffaello, da Reni per la grazia espressiva e da Domenichino per la composizione, ma segna il passaggio dall’antico al moderno per come tutto diventa più naturale. Lontana dal classicismo è invece la pala di Luca Giordano, mentre Baciccio potenzia prima e poi mitiga il dinamismo ereditato da Bernini. Ciro Ferri esprime in scultura la versatilità dell’insegnamento di Pietro da Cortona e Luti coinvolge lo spettatore rappresentando sentimenti più autentici e veri. La sequenza di prove in scultura di artisti italiani e francesi per gli allestimenti monumentali in marmo a Roma favorisce il confronto fra generazioni e stili diversi. Lungi dal poter essere rappresentato da una scuola, da un modello, da un orientamento stilistico, il panorama artistico romano trova in queste compresenze un suo peculiare punto di forza.

Guarino Guarini, Studio per la cappella della Sindone, 1675 ca, Torino, Archivio di Stato

4. TORINO Circa 1680. Alla ricerca di una identità moderna
Alla fine del Seicento Torino è una città nuova che offre opportunità uniche di sperimentazione. Nascono così i capolavori della Cappella della Sindone di Guarini e la pittura di illusione prospettica di Andrea Pozzo a Mondovì: due spettacolari imprese tecniche e visive che affermano la libertà della ricerca dell’artista e il valore dell’immaginazione. Valori che Pozzo traspone nelle sue pale d’altare, come quella astigiana, incendiata di colori e sentimenti. Per la decorazione della nuova Galleria, Vittorio Amedeo II ingaggia il viennese Daniel Seiter che porta in città il suo bagaglio di formazione veneziana e di studi romani per una sintesi della tradizione barocca, esemplificata nella tela Diana e Orione. Madama reale si affida a Bartolomeo Guidobono che a Genova aveva maturato una cultura figurativa personalissima miscelando i modelli di Correggio, di Rembrandt e di Castiglione con le suggestioni di Rubens e di Van Dyck, come nell’Abramo che bandisce Agar.

5. PARIGI 1700 – 1730. Alle radici del colore e del pittoresco.  Venezia e i Maestri del Nord
Il passaggio di secolo, intorno all’anno 1700, segna un momento di svolta della cultura figurativa francese con la scoperta del colore della pittura veneziana da un lato, e di quella fiamminga e olandese dall’altro. Questo incontro fatale è rievocato da Antoine Watteau in una delle sue ultime opere, l’Insegna di Gersaint, dove mette in scena le ragioni della sua pittura profondamente radicata nella tradizione veneziana e nordica più disinvolta e felice. È questa nuova libertà di visione a rivitalizzare il paesaggio, la natura morta, la pittura profana e quella decorativa. La riflessione sul colore innerva i divertimenti pittoreschi di Coypel e De Troy, dove i modelli sono rivestiti di una nuova pelle naturale, i paesaggi di Largillière e di Desportes, caratterizzati da una nuova interpretazione dello studio della natura, e le nature morte di Chardin, che testimoniano una ricerca di verità nuda e stupefacente che rivela le cose e sospende il tempo.

Pierre Subleyras, Diana ed Endimione, 1738 ca, Londra, National Gallery

6. ROMA 1700 – 1740. Dialoghi in Arcadia
Nel 1690, a Roma, venne fondata l’Accademia dell’Arcadia, luogo di incontro e di confronto tra letterati, artisti e intellettuali. Protagonisti della vita culturale dell’epoca, gli arcadi videro tra le loro fila importanti mecenati, come il cardinale Pietro Ottoboni. Di contro agli eccessi letterari e figurativi, l’Arcadia proponeva un sofisticato abbassamento di tono linguistico e insieme una esplorazione di altri terreni psicologici e sentimentali, in grado di rivitalizzare le storie sacre e le favole antiche attraverso espressioni di sensibilità e tenerezza tutte moderne. Era una riforma ispirata all’armonia e al decoro ritrovati in un ideale passato mitico che accomunasse tutte le arti. In questa sezione gruppi di opere differenti per tecnica, per soggetti, per stile, mostrano un evidente dialogo tra loro e la frattura con il linguaggio ‘barocco’. Particolare attenzione è stata data alla rappresentazione di Diana e Endimione, tema arcadico per eccellenza

7. TORINO 1715 – 1740. Per una galleria dei maestri delle Scuole d’Italia
Dopo un decennio vissuto a Roma dove si era confrontato con la densità suggestiva della città antica e moderna, nel 1714 Filippo Juvarra è nominato Architetto regio da Vittorio Amedeo II. Da quel momento gli viene affidata la regia di un progetto che gli consentì di allestire negli appartamenti regi e negli altari delle chiese torinesi una straordinaria esposizione di arte contemporanea. Nel Castello di Rivoli l’architetto mise a paragone i maestri della scuola napoletana e veneziana, Francesco Solimena e Sebastiano Ricci; in San Filippo a Torino e in Sant’Uberto alla Venaria vi accostò i maestri della scuola romana, Francesco Trevisani e Sebastiano Conca. Nel 1731, Carlo Emanuele III incaricò il torinese Claudio Francesco Beaumont della decorazione del Palazzo Reale di Torino, dove Juvarra potè concretizzare il progetto avviato a Rivoli: la realizzazione di una galleria dei maestri delle Scuole d’Italia, qui riproposta attraverso l’affascinante confronto tra le scuole pittoriche.

Francesco Juvarra, Placca con l’Immacolata, 1730-1740, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum

8. Disegnare l’ornato. Roma – Parigi – Torino
Nei primi decenni del Settecento le arti decorative sono investite da un cambiamento di gusto che segna una svolta nella concezione dell’ornamento e che rispecchia uno scambio internazionale di idee e di modelli favorito dalla circolazione delle stampe. Per mostrare con immediatezza lo sviluppo delle invenzioni, è stata messa a confronto una ristretta gamma di arredi: arazzi, tavoli a muro e manufatti di oreficeria, dove è possibile isolare le specifiche qualità tecniche ed esecutive che identificano il disegno d’interni rispettivamente a Roma, Parigi e a Torino. A Parigi, le asimmetrie della rocaille, meravigliosamente esemplificate nel Candeliere di Meissonnier, si confrontano con la raffinata produzione di argenti di Thomas Germain. A Roma scultura e ornato vengono combinati nelle preziose placche devozionali destinate a doni diplomatici. A Torino le ricerche più moderne si affermano nell’arredo ligneo nei capolavori di ebanisteria di Pietro Piffetti e nelle oreficerie con le sculture in argento modellate da Francesco Ladatte.

9. ROMA antica e moderna. Nell’Antico la naturalezza
Verso la metà del secolo, Roma si conferma la depositaria dei modelli antichi e moderni, come testimoniato dalle immaginarie gallerie di opere e vedute di Roma Antica e Moderna dipinte da Panini, mentre il rinnovamento delle arti, promosso dalle accademie e stimolato dall’influenza francese, vede maturare nuove riflessioni. Sempre vigile è il riferimento ai maestri del Seicento, come dimostrano i busti di Slodtz e Adam, in cui alla lezione di Bernini e allo studio dal vero si accompagna lo sguardo sulla statuaria antica. Proprio sulla complementarità tra Natura e Antico, si sviluppa un filone di ricerca che vede tra i massimi risultati la Vestale di Corradini. In dialogo con la produzione artistica è l’affermarsi di una più filologica cultura antiquaria, padroneggiata da Pier Leone Ghezzi che, in Alessandro Magno e Diogene, addirittura si rappresenta vestito all’antica insieme al colto antiquario Philippe von Stosch.

Pierre Subleyras, Nudo femminile di schiena,1732 ca, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica Palazzo Barberini e Galleria Corsini

10. Ricerche sul vero e sul naturale
Con l’avanzare del Settecento, lo studio della figura umana acquisisce una intensità nuova, come nelle sanguigne di Bouchardon o nel nudo femminile di Subleyras, dove il modello antico viene rivisto dal vero con risultati di sconcertante naturalezza. Il ritratto raggiunge una singolare potenza naturalistica nei disegni ma anche nei busti scolpiti di Della Valle, Bouchardon e Slodtz. Anche i soggetti si fanno più realistici nella Maestra di Pierre o nella Confessione di Crespi, interpretata come una scena dimessa e quotidiana, che fece scrivere a Roberto Longhi: «Se lo Chardin avesse mai dipinto un quadro religioso, questo sarebbe il suo quadro». La ricerca di verità di Crespi è qui messa a confronto con quella di Chardin, che riconosceva come unico modello la natura, dipingendo direttamente sulla tela e rifiutando la mediazione del disegno, come sembra dichiarare nel Giovane disegnatore, concentrato a copiare un modello che si rivelerà inutile.

11. 1730 – 1750. Da TORINO a ROMA e PARIGI 
Le opere in arrivo e in partenza tra Torino, Roma e Parigi raccontano questa sezione articolata intorno allo scultore torinese Francesco Ladatte, che si forma a Parigi, e ai rapporti di Pierre Subleyras con il Piemonte, favoriti dall’abate e miniaturista Felice Ramelli, amico del pittore: Ladatte che a Parigi sviluppa una sensibilità di gusto galante che gli valse il lusinghiero paragone di “Boucher della scultura”, Subleyras che da Roma nel 1737 invia ad Asti la grande Cena in Casa di Simone il fariseo. La gigantesca tela è rappresentata dalla miniatura di Maria Felice Tibaldi, moglie del pittore francese e allieva dell’abate Ramelli, al quale Subleyras dedicò il magnifico ritratto. Ladatte è ritratto da Carle Vanloo, pittore suo coetaneo e amico, che ne fissa un preciso status mondano circondato dagli strumenti del mestiere e dal modello in terracotta del capriccioso Putto che scherza con il pellicano, che lo affianca in mostra nella sua traduzione in marmo

Pompeo Batoni, Sacrificio di Ifigenia, 1740-42, Longniddry, Gosford House, The Wemyss Chattels Trust

12. 1730 – 1750. ROMA Antica e Moderna. Modelli e nuove generazioni
Di fronte alla vertiginosa varietà di capolavori depositati a Roma, le nuove generazioni di artisti tornano a ragionare direttamente sulle opere degli antichi, di Raffello e dei maestri del Seicento. Benefial ambienta nella concretezza della vita domestica la visione di Caterina Fieschi, della serie di tele dedicata alle canonizzazioni di cui fa parte il dipinto di Masucci per la beatificazione di Caterina de’ Ricci. Alla ricerca sul naturale non si sottrae Conca, con il suo Miracolo di San Turibio inscenato in una lussureggiante ambientazione esotica. Immerso nella lettura del vero è il San Camillo de Lellis di Subleyras, che narra un fatto reale senza perdere di vista i modelli compositivi tratti da Raffaello. Pompeo Batoni con il Sacrificio di Ifigenia rivoluziona il quadro di soggetto storico, allargando il fuoco rispetto alla scena principale. Le pale d’altare di Imperiali e Batoni, a confronto con quella di Maratti, esposta all’inizio del percorso, mostrano lo scarto avvenuto nell’aggiornamento stilistico. 

13. 1730 – 1750. Antico e Moderno per i francesi a ROMA e a PARIGI
Nell’arco di un trentennio si misurano i risultati di due diverse generazioni di artisti francesi. La voglia di novità dei pittori nati intorno al 1700 si esprime in una progressiva distanza dai modelli italiani, nella ricerca di soggetti seducenti anche scopertamente erotici e nella felice adesione al gusto moderno e alla moda contemporanea, come nei dipinti accademici di Carle Vanloo e di Michel-François Dandré-Bardon, e soprattutto nell’Aurora e Cefalo e nella Donna che si mette la giarrettiera di François Boucher. La straordinaria sequenza di santi monumentali, intensi e concentrati, di Joseph-Marie Vien Vien e di Jean-Baptiste Marie Pierre segna il cambio di passo della generazione successiva, che torna a guardare intensamente alla tradizione seicentesca italiana alla ricerca di una verità più composta e naturale, declinata in una pittura religiosa di potente e trattenuto impatto emotivo.

Jean Barbault, Mascarade des quatre parties du monde, 1751, Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie (part.)

14. Pensieri e Capricci. Il “fuoco dell’invenzione”
Nella prima metà del Settecento il disegno è il mezzo privilegiato di una libera sperimentazione dell’invenzione, della forma e della fantasia, anche oltre i confini dell’eseguito o del costruito. Sotto l’alibi dell’improvvisazione estemporanea, il capriccio esplora i territori dell’immaginario, nutrendoli di una nuova coscienza del tempo, di cui le rovine sono l’emblema più affascinante, e aprendo nuove possibilità alla figurazione. Ne sono testimonianza i pensieri e le fantasie architettoniche di Filippo Juvarra, i capricci di Marco Ricci e le spericolate sperimentazioni di Piranesi che investono i monumenti antichi di una potente visione immaginifica. Gli artisti francesi respirano a Roma questa mescolanza di fascino per l’antico, libertà creativa e divertimento, come raccontano in maniera flagrante la straordinaria Mascarade di Jean Barbault, il paesaggio di Pierre, i personaggi spiritati di Hutin o il capriccio architettonico di Le Lorrain.

15. ROMA TORINO PARIGI 1750. Classicismi moderni
Sei sculture e un dipinto per illustrare i punti di arrivo del percorso antico/moderno esplorato dagli artisti nelle tre città. Il Beato Albergati di della Valle dà voce all’arte romana orientata verso un nuovo naturalismo. La terracotta e il marmo della Giuditta di Ladatte e di Collino attestano delle diverse strade imboccate dai due torinesi: il primo interpreta un modello di Reni nella veste mondana delle modernità parigina, il secondo si espone a un confronto diretto con i modelli della statuaria classica. Nella straordinaria impostazione dinamica del Mercurio e nella delicata sensualità del Pastore addormentato, Pigalle e Vassé si affrancano dal rapporto con l’antico sostenuto da Bouchardon per affermare il primato della scultura moderna francese. Nelle Nozze di Amore e Psiche, Pompeo Batoni si presenta come il maestro del disegno e del colore, capace di coniugare la tradizione raffaellesca con la grazia e la dolcezza di Correggio.

C.S.
Fonte: Press reggia Venaria

Uno straordinario percorso artistico verso la modernità
SFIDA AL BAROCCO
Roma Torino Parigi 1680 – 1750
30 maggio – 20 settembre 2020

La Venaria Reale
Piazza della Repubblica, 4, 10078 Venaria Reale TO

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