Questa inusuale estate areniana ha portato un intelligente e assai gradito allargamento del consueto raggio d’azione. Wagner è ingiustamente assente nell’anfiteatro dagli anni Sessanta, se si escludono sporadiche incursioni in qualche concerto. Le cronache del tempo riferiscono di successi e anche nella presente occasione si è registrato un risultato notevole, tanto da fare ben sperare nella rentrée di titoli del compositore di Lipsia nelle future stagioni. In quest’ottica, si è pregustato con il pensiero l’attesissimo debutto a Verona posticipato causa covid al 2021 di Jonas Kaufmann, in un recital dove sembra che avrà larga parte l’ambito tedesco. Nel frattempo ci si è goduti la serata intitolata molto semplicemente “Wagner in Arena”, che ha visto salire sul palco due grandi interpreti dell’universo wagneriano: il direttore austriaco Gustav Kuhn e il soprano tedesco Ricarda Merbeth, acclamati specialisti di questo repertorio con il quale vantano lunghe e importanti frequentazioni.
Accattivante il programma che ha visto il soprano impegnato in due stralci da Der fliegende Holländer e da Tristan und Isolde. Tra le più stimate protagoniste wagneriane, Ricarda Merbeth ha brillato per l’indole decisa stemperata nelle anse di un lirismo intenso, dai tratti evocativi nella Ballata di Senta mentre nel Liebestod diIsotta, Merbeth ha sviluppato gli spunti wagneriani allusivi, l’ambiguità e le ombre che preludono al raggiungimento di una dimensione metafisica. Una voce ben centrata e soprattutto ben calibrata nelle dinamiche e nei volumi, alla ricerca di un amalgama splendidamente compenetrante con l’Orchestra dell’Arena di Verona. Formazione che ha nuovamente dimostrato di possedere versatilità. Probabilmente avendo a disposizione un maggior numero di prove, si sarebbe raggiunta una ancora maggiore precisione negli attacchi, comunque sia, ogni sezione strumentale ha avuto risalto nella linea stilistica prescelta dal direttore.
Ha debuttato in Arena oltre quarant’anni fa Gustav Kuhn, profondo conoscitore del repertorio tedesco e wagneriano in particolare, che nella sua lunga carriera ha praticato sia sul podio sia in veste di regista, acquisendo una visione completa dell’autore tradotta in un approccio “totale”. Le ouverture da Der fliegende Holländer, da Die Meistersinger von Nürnberg e da Tannhäuser hanno lasciato spazio a un sinfonismo misurato e composto, mentre l’apice della potenza epica, della trasfigurazione eroica, è stato raggiunto nella Walkürenritt da Die Walküre, la celeberrima Cavalcata delle Valchirie che ha scatenato per due volte l’entusiasmo del pubblico, molto attento. Infatti il bis è stato declinato nel vero senso della parola, ossia ripetendo due momenti particolarmente felici del programma.
Recensione Maria Luisa Abate
Visto all’Arena di Verona il 7 agosto 2020
Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona