Gli amanti più famosi della storia sono spalle al muro e vengono bersagliati da uno stravagante lanciatore di coltelli. L’inserimento in “Romeo e Giulietta. Una canzone d’amore” di un moderno fool, figura ricorrente in molti capolavori di Shakespeare, fa parte della libera rilettura a firma di Babilonia Teatri. La compagnia pluripremiata, fedele al proprio nome, predilige l’uso di differenti linguaggi espressivi che in questo caso si sono concretamente sovrapposti: uno studiatamente disorientante, l’altro più tradizionale. Analogamente, due mostri sacri del teatro italiano, Ugo Pagliai e Paola Gassman, hanno sempre gestito la loro carriera con intelligenza, con la voglia di sperimentare e di rimettersi ogni volta in gioco.

Il (vero) lancio di lame affilate in apertura di spettacolo ha posto in chiaro l’intenzione di focalizzare l’ottica sui due protagonisti e sui rispettivi interpreti, fondendo finzione scenica e realtà. Romeo e Giulietta come Ugo e Paola; Ugo e Paola come Romeo e Giulietta: semplicemente innamorati. Si è così dipanato un discorso di Babilonica autonomia sul tema dell’amore, partendo dalla constatazione che, nel prologo del Bardo inglese, la parola “morte” compare tre volte, “odio” due e solo una “amore”. Tuttavia è con questo sentimento che la tragedia cinquecentesca viene identificata nell’immaginario collettivo.

La coppia si è raccontata e ha condiviso con il pubblico alcune esperienze professionali e personali, sotto il cortese fuoco di domande dell’interlocutore/regista Enrico Castellani, che al microfono ha dispensato indicazioni sceniche. Sul palco anche Francesco Scimemi e Luca Scotton, con le didascalie “dal vivo” di Valeria Raimondi. Metateatro o teatro nel teatro? No. Un reading? Nemmeno. Una sorta di musical, stante la forte presenza di canzoni melodiche? Certo che no. Una forma di improvvisazione? Neanche, perché tutto era attentamente costruito. Piuttosto, il “marchio” Babilonia che ha riscritto il mito smitizzandolo e al contempo celebrandolo, in modi spiazzanti e ironici. E con una certa prolissità narrativa e minor forza drammatica rispetto ad altri precedenti lavori perché a prevalere, qui, è stata la dolcezza generata dall’essenza senza tempo di questa storia. Più che all’amore in sé, quindi, si è inneggiato alla sua natura atemporale.

Tolto il fondale che da molti anni delimita il palco del Teatro Romano, è stato come avere una finestra aperta: l’autentica Verona ha fatto irruzione in scena, con le sue torri e i campanili illuminati, con le sagome cupe dei cipressi, con il rombo di qualche motorino sfuggito alla chiusura della strada retrostante, con il brontolio millenario dell’Adige che scorre accanto. La suggestione è stata innegabile e anche sotto tale aspetto si sono sovrapposti idiomi diversi, antichi e contemporanei.

Gli attori, che mai prima d’ora avevano vestito questi panni, non hanno l’età canonica richiesta dai personaggi e nel corso dello spettacolo Pagliai ha coraggiosamente confessato la sua data di nascita. Ha pure raccontato di quando, appena entrato alla scuola di teatro, adolescente, fu invitato a studiare la parte di un padre. Il teatro è questo: è la capacità di rivestire un ruolo, che oltretutto nello specifico caso richiede uno spessore espressivo maturo. Assunto sommatosi all’esigenza registica di avvalersi di due interpreti diversamente giovani. Infatti il lavoro ha avuto inizio da un ipotetico sesto atto mai scritto, in cui Romeo e Giulietta sono morti da tempo ma continuano a giurarsi eterno amore.

Ugo e Paola, coppia inossidabile da 53 anni e mai sposati, sono stati nella finzione congiunti in matrimonio dall’assessore del Comune di Verona Francesca Briani, prestatasi alla comparsata con spirito divertito e presenza scenica. I due, danzando, si sono scambiati dei giganteschi anelli nuziali intrecciandoli come in un gioco di prestigio. A dirci, forse, che l’amore è sempiterno ma occorre qualche piccola magia quotidiana per mantenerlo vivo.  

Alcuni sprazzi shakespeariani, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, hanno costellato l’iter narrativo, sistematicamente interrotti dal regista con repentini cambi d’atmosfera. Brevi momenti durante i quali gli attori, tra i più grandi del teatro italiano di sempre, hanno dato la zampata del leone e della leonessa. Con profondità introspettiva, Paola Gassman ha cinto l’immancabile scena del balcone di un romanticismo palpitante ancorché consapevole e disincantato, mediante il quale, aderendo all’impostazione registica, ha splendidamente trasportato il sogno fanciullesco di Giulietta nella realtà. Mentre Ugo Pagliai, giunto sotto la struttura metallica che fungeva da balcone in groppa a un cavallino da giostra, ha in seguito combattuto un duello immaginario con gli antagonisti shakespeariani e anche con i fantasmi che popolano ogni spazio teatrale: presenze benevoli evocate nel corso della serata. Il Romeo che Pagliai ha tratteggiato in una manciata di minuti ha assunto una inesauribile serie di sfaccettature, caratteriali ed emotive, e la magistrale tensione drammatica che ne è scaturita ha letteralmente commosso.

Lo spettacolo ha inaugurato il Festival Shakespeariano all’Estate Teatrale Veronese, in una prima nazionale che è stato un atto di coraggio. Le prove erano iniziate nell’ottobre 2019, a Bolzano presso il Teatro Stabile co-produttore dell’allestimento assieme allo Stabile del Veneto. Poi il covid, l’incertezza di poter andare in scena e quello che ben conosciamo. Finalmente l’atteso debutto che ha comprensibilmente assunto i contorni di un rodaggio, in cui tutto è filato per il meglio. La tournée proseguirà almeno fino all’inizio del prossimo anno e tra le altre tappe in tutta Italia, nell’ambito delle stagioni dello Stabile sarà dal 3 al 6 dicembre a Bolzano, il 16 dicembre al Comunale di Vipiteno, il 17 dicembre al Puccini di Merano, il 18 all’Haus Michael Pacher di Brunico e il 19 dicembre al Forum di Bressanone.

Recensione Maria Luisa Abate

Visto al Teatro Romano di Verona, Festival Shakespeariano, Estate Teatrale Veronese, l’11 settembre 2020

Immagine di apertura di Eleonora Cavallo; altri contributi fotografici forniti da Estate Teatrale Veronese