Nella sede milanese della Galleria Giovanni Bonelli si tiene una mostra dedicata a Zhang Huan (Henan, Cina, 1965), a dieci anni dalla sua esposizione al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. La mostra è stata inaugurata il 19 novembre online ed è rimasta chiusa al pubblico fino al 3 dicembre, in ottemperanza alle normative anti covid.

La rassegna, che si svolge in contemporanea alla personale dell’artista al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo, ripercorre gli anni di formazione di Zhang Huan tra la Cina e New York attraverso una serie di opere fotografiche che documentano le sue performance più famose, da quelle degli anni novanta fino a My Rome del 2005, che chiudeva di fatto la sua stagione performativa per lasciare spazio alla progettazione di installazioni su grande scala.

Zhang Huan, My Rome_Hang bubble, 2005

Giocate sul confine tra Oriente e Occidente, le performance di Zhang Huan esplorano il corpo come incontro e scontro di diverse culture e temporalità. Prendendo inspirazione dall’immaginario popolare cinese e da elementi delle filosofie orientali, l’artista reinterpreta queste mitologie e indaga il potere dei rituali nella formazione e demistificazione dell’identità.

Ne sono un esempio le fotografie, in esposizione, della serie Family Tree che documenta la performance in cui Zhang Huan aveva chiesto a tre calligrafi di scrivere sul suo volto, in ideogrammi, miti e divinazioni della tradizione popolare cinese, dalle prime luci dell’alba fino a sera. Nel corso della giornata l’iscrizione di questi racconti aveva reso il suo viso completamente nero, simboleggindo l’impossibilità di definire un’identità precisa.

To raise the water level in a fish pond (close up), Zhang Huan, 1997

In To Raise the Water Level in a Fishpond, l’artista insieme a una quarantina di persone si immergeva in uno stagno tendando di alzarne il livello dell’acqua, per trascendere il significato di un detto cinese, secondo il quale un singolo individuo non poteva influenzare l’ambiente circostante, dimostrando come una comunità riunita per una causa comune possa fare la differenza. Quindi 3006m3: 65Kg, realizzata nel 1997 al Watari Museum di Tokyo, dove ‘3006 m3’ indicava il volume totale del museo giapponese e ‘65 kg’, il peso dell’artista. Legato alla struttura da centinaia di tubi usati per le trasfusioni di sangue, Zhang Huan cercava di abbattere il museo, uno dei simboli della civiltà moderna, essendo sbattuto indietro verso le mura dello stesso museo dalla tensione elastica dei tubi.

La mostra si chiude idealmente con My Rome, dove il corpo diventa tramite tra la cultura tradizionale cinese e l’occidente, rappresentando il suo incontro con le statue della Roma antica conservate nei Musei Capitolini.

Il titolo della rassegna è un tributo a Lea Vergine, la prima studiosa italiana che riconobbe alla body art la giusta considerazione storica e critica.

C.S.M.
Fonte: CLP Relazioni Pubbliche, 26 ottobre 2020
Immagine di apertura: Zhang Huan, Family Tree, ZHAHUA

ZHANG HUAN. THE BODY AS LANGUAGE
(20 novembre 2020 – 16 gennaio 2021)
Nuove date 3 dicembre 2020 – 30 gennaio 2021
Ingresso libero su appuntamento

Galleria Giovanni Bonelli
via Porro Lambertenghi 6 (quartiere Isola)
tel. +39 02 87246945
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.com  

Informazioni
Galleria Giampaolo Abbondio
Tel. +39 347 543 2014
info@giampaoloabbondio.com
www.giampaoloabbondio.com 

Family Tree, Zhang Huan, 2000