Le opere della Galleria dell’Accademia di Firenze sono visibili come mai si erano viste prima. Si è conclusa la campagna di acquisizione fotografica ad altissima risoluzione dei capolavori conservati nel museo, grazie alla quale ogni singolo particolare può essere ingrandito a dismisura e rivelare dettagli invisibili a occhio nudo. Un complesso e sofisticato lavoro iniziato in fase sperimentale nell’agosto 2019 con il trittico della Pentecoste di Andrea Orcagna, all’epoca in restauro, e che ha permesso, oggi, di digitalizzare oltre 75 tra dipinti, come le pale di altare di Pietro Perugino, Bronzino e Allori, fondi oro, strumenti musicali, statue in gesso e il modello in terra cruda del Giambologna.
Il team di Haltadefinizione, a cui è stato affidato il progetto e che ha recentemente siglato un accordo con il Mibact per la valorizzazione e promozione delle collezioni statali, si è servito delle tecnologie sviluppate in collaborazione con il partner Memooria, studiando ogni setup fotografico in modo da superare le diverse criticità materiche e logistiche con risultati ottimali, riuscendo ad acquisire ogni tipo di superficie ad ogni altezza a prescindere dall’ambiente, dalla luce e dal materiale.
La tecnologia Gigapixel è totalmente non invasiva e priva di rischi per l’opera d’arte. È un’innovativa tecnica fotografica che consente di ottenere immagini dotate di definizione, qualità e dettaglio non raggiungibili con altre modalità di acquisizione. Si basa sulla costruzione di un mosaico composto dall’unione di più macrofotografie dei particolari di un unico soggetto: centinaia, a volte migliaia di scatti fotografici con un alto livello di ingrandimento, “cuciti” insieme attraverso un processo chiamato stitching. Il risultato finale è l’immagine di un’opera composta da miliardi di pixel, che consente di ingrandire ogni singolo dettaglio decine di volte mantenendo una definizione altissima.
Ogni fase del lavoro si è svolta sotto la supervisione del personale del museo e con il continuo confronto con i tecnici incaricati soprattutto sulla logistica, spesso complessa; si pensi ad esempio ai gruppi scultorei nella Gipsoteca o ai capolavori conservati entro climaframe.
Elemento di spicco tra le opere digitalizzate è stato il modello in terra cruda del Ratto della Sabina del Giambologna, una scultura notevole non solo per il suo valore artistico ma anche per la sua imponenza: l’opera misura oltre 4 metri, è posizionata su un piedistallo e complessivamente nel punto più alto supera i 6 metri. Sono state scattate in tutto oltre 59700 immagini, per un totale di oltre 18000 GB di dati. Tra le superfici lavorate digitalizzate durante la campagna, che siano queste dipinte o scolpite, è possibile calcolare orientativamente 310 metri quadri.
Questa straordinaria operazione di digital imaging ha una duplice finalità: da un lato monitorare
lo stato di conservazione delle opere e dall’altro permettere alla collettività
di accedere ai capolavori in modo inedito, attraverso il link https://www.haltadefinizione.com/image-bank/?mixed=Accademia+Firenze, con
immagini in altissima definizione e strumenti innovativi per le attività di
didattica a distanza e di visita virtuale.
C.S.M.
Fonte: Davis & Co, 4 novembre 2020
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