Approfittando della chiusura forzata dei musei, prende il via il monitoraggio sullo stato di salute della Cappella Brancacci, il piccolo gioiello contenuto nella chiesa di Santa Maria del Carmine che fa parte dei musei civici fiorentini e che presenta i preziosi affreschi di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi.
I servizi tecnici e belle arti del Comune, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e il CNR-ISPC di Firenze, hanno messo a punto un piano di verifica e controllo sullo stato di conservazione degli affreschi, che si svolgerà in due settimane fino alla fine di novembre.
LA STORIA
La Cappella fu fondata dalla famiglia Brancacci nel tardo Trecento. Si deve al ricco mercante Felice Brancacci la commissione nel 1423 degli affreschi con le storie di San Pietro. Vi lavorano insieme Masolino e Masaccio, ma a causa della partenza del primo per l’Ungheria e del secondo per Roma, nel 1427 gli affreschi rimangono incompiuti. In seguito all’esilio del Brancacci (1436), caduto in disgrazia per le sue simpatie antimedicee, i frati del convento fanno cancellare i ritratti di tutti i personaggi legati alla sua famiglia e nel 1460 intitolano la cappella alla Madonna del Popolo, inserendovi la venerata tavola duecentesca. Soltanto negli anni 1481-1483 Filippino Lippi effettuerà il ripristino e il completamento delle scene mancanti. Scampata all’incendio che nel 1771 devasta l’interno della chiesa, la cappella è acquistata nel 1780 dai Riccardi, che rinnovano altare e pavimento. Gli affreschi, trascurati per tutto l’Ottocento, vengono sottoposti a spolveratura nel 1904; l’intervento di restauro effettuato negli anni ‘80 del Novecento ha finalmente permesso di recuperare le preziose superfici decorate.
M.F.C.
Fonte: Ufficio Stampa Comune Firenze, 19 novembre 2020