Una storia da raccontare, suonare, danzare. Una fiaba popolare su cui si innesta uno dei grandi miti della modernità. Un’opera concepita per essere itinerante e che è a propria volta un viaggio fra le più disparate ispirazioni musicali. L’Histoire du soldat, spettacolo-gioiello creato da Igor Stravinskij poco più di un secolo fa, quest’anno è in scena al Teatro Alighieri di Ravenna, da dove è trasmesso in streaming gratuito sabato 23 gennaio, alle 18 su ravennafestival.live e rimane poi disponibile on demand.

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Il titolo apre la Stagione d’Opera e Danza 2020/21 con una dedica al compositore russo in occasione del 50° anniversario della morte. Con la regia di Luca Micheletti, la produzione in lingua italiana della Compagnia teatrale I Guitti e CamerOperEnsemble vede impegnati in scena altri quattro interpreti oltre allo stesso Micheletti. Mentre quest’ultimo veste i panni del diavolo, il soldato è Massimo Scola, il narratore Valter Schiavone e la principessa Lidia Carew; le scene danzate del diavolo sono affidate invece ad Andrea Bou Othmane.

Alla direzione musicale di Angelo Bolciaghi è affidata una partitura che si presenta come una suite costituita da pezzi distinti: una marcia, una pastorale, una marcia reale, un tango, un valzer, un ragtime…

In un’Europa prostrata dalla guerra e dall’epidemia di spagnola del 1918, Igor Stravinskij e l’amico scrittore Charles-Ferdinand Ramuz crearono e portarono in scena per la prima volta al Teatro Municipale di Losanna l’Histoire du soldat. Il titolo che avrebbe presto fatto scuola, è anche una risposta alla prima e ultima sfida dell’arte, quella alle circostanze avverse, di fronte alle quali continuare nonostante tutto, trasformando la carenza di mezzi in stimolo creativo. Riunendo un’eterogenea compagine di musicisti, attori e danzatori e puntando su strumenti e scenografie facilmente trasportabili da una località all’altra, Stravinskij e Ramuz inclusero scene recitate, narrate, danzate e numeri esclusivamente strumentali.

Questa sorta di eclettico caravanserraglio indaga tutte le vie dell’espressione sulle tracce del più antico dei racconti, quello dello scontro tra il bene e il male, l’intramontabile dilemma della compravendita dell’anima. Il mito di Faust è qui declinato nella forma delle leggende russe raccolte e pubblicate da Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev tra il 1855 e il 1864, molto amate da Stravinskij.  

La connotazione russa raggiunge dimensione universale nelle peripezie di un uomo che cede la propria anima – simboleggiata dal violino – al diavolo.  Il solenne monito che chiude l’opera, “Non è consentito avere tutto, la felicità è una”, è da intendersi come un invito a dare valore al presente e a ciò che si ha e si è.

M.C.S.
Fonte: Ufficio Stampa, 14 gennaio 2021
Contributi fotografici: Luca Concas

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