C’è un luogo dello spirito e della verità, dove si mettono in catena di montaggio i desideri, si assemblano le utopie, si fabbricano i sogni. E si toccano con mano gli oggetti di culto e la loro storia: veri e propri miracoli industriali. Lo sanno bene le migliaia di appassionati che, ogni anno, inforcano la propria amata, motocicletta, e si recano a respirare ove questa è nata, presentandosi davanti ai cancelli di Borgo Panigale in pellegrinaggio laico. Vanno alla DUCATI e s’inchinano sulla soglia del Museo che raccoglie il vissuto, le glorie, le eccellenze, il rombo e tichettìo delle creature Ducati: “ROSSE per SEDURRE

Una delle caratteristiche che rendono unico il museo Ducati è di offrire, oltre al percorso espositivo, un tour nella fabbrica. Una passeggiata attraverso la linea di produzione per vivere in prima persona alcuni dei valori fondanti del marchio. Riassumibili in pochi addendi emotivi: sentimento, struggenza, velocità, cuore. 

La vocazione alla creatività è connaturata all’azienda. Che, forse non tutti lo sanno, esordì in una Bologna dove l’idolo del momento era Guglielmo Marconi: l’uomo che cambiò le sorti della città e le potenzialità comunicazionali del mondo intero, inventando la trasmissione radio. Si era agli inizi del 1900 e su quella spinta propulsiva pionieristica venne fondata la Società Scientifica Radio Brevetti dell’ingegnere Antonio Cavalieri Ducati, e dei figli Adriano Bruno e Marcello. La produzione era vasta, dalle macchine fotografiche ai proiettori, ai rasoi elettrici, ma soprattutto apparecchiature radiofoniche, molto sofisticate per l’epoca in cui i film erano muti. Già allora si consumava lo sposalizio tra la capacità produttiva e quella innovativa. Dalla fabbrica con due operai e una segretaria si passò in pochi anni a inaugurare la sede di Borgo Panigale con oltre cinquemila dipendenti.


Le radio «erano gli iPhone del ventesimo secolo» spiega il curatore dell’allestimento museale Livio Lodi nel corso di una lunga chiacchierata assieme a Monica Passerini, marketing manager della ‎Ducati Motor Holding. Vennero il primo e il secondo conflitto mondiale, la produzione fu convertita in militare, lo stabilimento bombardato… la Ducati come la conosciamo oggi nacque nell’immediato dopoguerra, con un motore monocilindrico chiamato “Il Cucciolo”.

Il museo Ducati fa vivere esperienze diverse: ci si entusiasma per la tecnologia, ci si meraviglia per la bellezza del design, ci si lascia trasportare dall’emozione che le due ruote trasmettono empaticamente, sia agli esperti sia ai semplici appassionati. Mettendo in conto che, se appassionati non lo si è già, è matematico diventarlo, in questa culla dell’eccellenza del made in Italy, dove convivono passato presente e futuro. Qui la memoria storica diviene ispirazione e motivazione per vivere il presente e scrivere il futuro.

Il museo narra molte vicende in parallelo per comporre un’unica storia costellata di successi: non solo trofei in pista, ma vittorie sul piano tecnico e professionale, frutto di ingegno e consapevolezza. Trasporto ed emozione, sono le chiavi di lettura, i passepartout. Sono sottintese nelle parole di Lodi, il cui tono di voce muta, facendosi caldo e affettuoso quasi parlasse della sua famiglia, quando racconta che alla Ducati entrò oltre trent’anni fa in qualità di operaio, e arrivò come assistente al museo quando questo vide la luce nel 1998, riservato allora alle sole moto da corsa. Ora Lodi è il curatore del nuovo percorso espositivo, rinnovato dal 2015. È un curatore atipico, tiene a sottolineare. Non ha mai imparato a guidare una moto. Del resto, puntualizza, per apprezzare la buona musica non è indispensabile saper suonare uno strumento. Confida di sentirsi come un archeologo che scava alla ricerca di tesori nascosti. La filosofia sviluppata nel nuovo corso del museo è stata rivolta a recuperare pezzi di storia della Ducati, grandi e piccoli, dalle fotografie alle ciclistiche, per poi disporli in un percorso coerente, contestualizzato e avvincente come una campagna archeologica, che riserva sempre nuove scoperte.

Le motociclette dai colori accesi, tra cui domina ovviamente il rosso, si stagliano sulle pareti bianche neutre, che lasciano i riflettori della ribalta alle rombanti “primedonne” e al loro innato charme, ossia il design. Ogni motocicletta è presentata come fosse (in verità lo è) un’opera d’arte contemporanea. Il concept espositivo si basa sulle peculiarità che contraddistinguono il marchio Ducati nel mondo e il design inconfondibile è una parte identitaria, assieme all’innovazione tecnologica e alla sperimentazione.

Nelle quattro sale tematiche, divise per fasi temporali, ogni modello è inquadrato nel suo contesto storico, e nei pannelli sono indicati gli avvenimenti di quel periodo e come essi furono influenzati dall’industria motociclistica. Il mitico Ducati Scrambler interpretava la gioia e la voglia di libertà; il Ducati Monster il piacere della guida e del viaggio; poi la vocazione competitiva della Desmosedici… Lodi esita, si percepisce che è a disagio nel citare i pezzi più importanti tra quelli esposti: «è come chiedere a un padre di molti figli quale sia il preferito».

Tutti gli esemplari presentati, in particolare quelli da corsa, hanno un pedigree, in termini di importanza tecnica e di vittorie conseguite. La «punta dell’iceberg» per i visitatori odierni è rappresentata dalle moto che hanno conquistato titoli con il pilota Casey Stoner. «Da qui il visitatore è invogliato a scoprire cosa c’è dietro la punta di questo iceberg».
Ci sono le prime moto disegnate da Taglioni e quelle che hanno vinto a Imola nel ’52, poi c’è il bolide guidato dal leggendario Mike Hailwood, che diede il primo titolo iridato alla Ducati nel 1978 con la vittoria nel mondiale Formula TT. Accanto alle moto da pista si trovano quelle da strada, come la Monster o la 750 GT, di cui quest’anno ricorre il 50° anniversario della produzione.

Una sala è riservata alle mostre temporanee. Per citarne una, quella dedicata all’amatissimo pluricampione Troy Bayliss, che vinse il suo primo titolo esattamente vent’anni fa. Lo scorso anno a causa del covid è saltata l’esposizione celebrativa dei cento anni dalla nascita dell’ingegner Fabio Taglioni, il più influente progettista nella saga Ducati. Il museo non si esaurisce in questi spazi e continua a stupire e regalare emozioni anche all’esterno, in un circuito illuminato di grande suggestione.

Dalla sua nascita nel ‘98, il museo vanta finora più di 650.000 ingressi. All’interno, è scaricabile un’App che aiuta a seguire, passo dopo passo, tutte le tappe della Ducati, in un racconto accattivante e avvincente. In questo periodo di pandemia, ma sarà così anche una volta terminata l’emergenza sanitaria, tutti hanno la possibilità di visitare l’allestimento a distanza. Nel sito, accompagnati da una voce-guida, oppure live in diretta streaming, prenotando giorno e ora per una visita guidata. Non è un semplice tour virtuale online, specifica Passerini, ma un’esperienza che regala emozioni come dal vivo per la possibilità di interagire con le guide del museo e, in determinate occasioni, con lo stesso curatore.

I laboratori, spiega Passerini, sono l’altra anima della Fondazione Ducati, che alla promozione della cultura scientifica affianca anche la didattica scientifica. Si chiama “Fisica in moto” ed è stato inaugurato nel 2017 il laboratorio dove gli alunni delle superiori trascorrono una giornata sperimentando i principi della fisica applicata all’interno del mondo dei motori. Un modo per apprendere le regole dell’aerodinamica, magari inforcando una “moto giroscopica” che consente ai ragazzi di provare in prima persona le leggi fisiche che stanno dietro a taluni comportamenti del mezzo. Con il covid, questo laboratorio prosegue a distanza ed è esteso anche ai visitatori virtuali.

Con l’Università di Bologna, l’azienda ha stilato un accordo-quadro che consente di attivare dei progetti di studio e di ricerca per le varie facoltà, principalmente tecnico-scientifiche. All’interno della laurea in Ingegneria meccanica è inserito il percorso in Ingegneria del motoveicolo. E il progetto Unibo MotoStudent ha portato un team universitario a sviluppare un prototipo di moto elettrica che corre nello specifico campionato. Poi c’è Muner, che sta per Motorvehicle University of Emilia-Romagna, un progetto della Regione che coinvolge sia le aziende della Motor Valley sia gli atenei di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma. Sono così nati i percorsi universitari di formazione e specializzazione di ingegneri che lavoreranno nel mondo dell’automotive.

Negli ultimi anni il museo è uscito dalle proprie mura tessendo sinergie esterne. Nel 2018 si è tenuta un’importante mostra a San Pietroburgo, al museo di arte contemporanea Erarta, e la Ducati ha partecipato a mostre tra cui la Triennale di Milano del 2019, alla quale è stato dato in prestito un Monster 900. Le partnership saranno incrementate in futuro, espandendosi al mondo del design e alle gallerie d’arte moderna, ad enti società e brand.

In attesa del ritorno alla presenza, tutti i visitatori sono invitati a iscriversi ai tour online, per scoprire o approfondire la conoscenza della Ducati, eccellenza italiana nel mondo, dove la parola d’ordine è passione e i sogni, rombano tangibili.  

M&G for DeArtes
Intervista del 6 marzo 2021

Museo Ducati