Una panoramica capace di evidenziare l’irrinunciabile esigenza dell’uomo di confrontarsi con la terra nella sua accezione fisica e metafisica: luogo di origine, sviluppo e fine di ogni essere umano. Quattordici artisti e ventidue opere di pittura e scultura che spaziano dagli anni Venti al presente, accomunate da una dimensione “materica” e raccolte intorno al titolo “Terre” dalla Collezione Olgiati. L’allestimento tematico segna la riapertura della stagione espositiva della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati a Lugano, presentando un importante nucleo di opere di cui molte mai esposte in precedenza.

La mostra, a ingresso gratuito, prende le mosse da cinque dipinti del pittore e artista grafico di origini slovene Zoran Mušič, che si avvicinano al linguaggio dell’informale francese e raccontano un universo intimo e personale. Nella stessa sala dialogano tre grandi maestri del Novecento italiano, Alberto BurriLeoncillo ed Emilio Vedova. Protagonisti della stagione informale, introducono a una poetica fondata sul valore intrinseco della materia ridotta al suo stato primordiale.

Alberto Burri, Bianco Nero Cretto, 1972

L’incontro con l’arte informale prosegue con i lavori pittorici di due dei suoi maggiori interpreti in ambito europeo: Antoni Tàpies e Jean Dubuffet. Entrambi esplorano l’uso di materiali poveri, nella completa assenza di figurazione che non lascia spazio ad altro che al potere suggestivo della materia grezza.

Si prosegue con un omaggio allo scultore Arturo Martini, con un’opera in gesso di Max Ernst e con una scultura di Rebecca Horn, costituita da una coppia di elementi in pietra vulcanica azionati da un motore, dall’atmosfera onirica e surreale. Tra gli artisti della contemporaneità troviamo anche il tedesco Markus Lüpertz e il colombiano Gabriel Sierra, che si relazionano diversamente con il concetto di materia.

Anselm Kiefer, Eridanus, 2004

Il percorso si chiude con un capitolo dedicato ai materiali “cosmici”, attraverso le creazioni di Enrico Prampolini, forse il più eclettico e originale esponente del futurismo italiano; di Eliseo Mattiacci, che indica come sue fonti d’ispirazione “il cielo, il cosmo, l’immensità dell’infinito”; di Anselm Kiefer, che attraverso una sfera celeste riflette sul rapporto con la storia recente della nazione tedesca.

M.F.C.
Fonte: ddlArts, 19 marzo 2021
Immagine di apertura: Enrico Prampolini, Automatismo polimaterico, 1941

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
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