Hui He è famosa in tutto il mondo per essere una delle più belle voci di soprano, ai vertici del panorama attuale, da oltre un ventennio (ha iniziato giovanissima) osannata sui palcoscenici più prestigiosi: uno su tutti il Metropolitan. Pochi sanno che Hui He è una artista poliedrica e ama esprimersi parallelamente con la voce e con il pennello. Infatti, alla strepitosa carriera musicale, affianca una vena pittorica di altrettanto successo.
È di questi giorni la notizia della sua presenza a World Art Dubai, una fiera internazionale tra le più importanti in assoluto, che si tiene nella città degli Emirati Arabi dal 7 al 10 aprile, al Dubai World Trade Center.
Signora Hui He, in lei emerge evidente il bisogno di esprimere un’arte che sente dentro di sé come bisogno impellente. Quali differenze e quali similitudini ci sono tra le due diverse forme espressive, canto e pittura?
Il canto e la pittura sono due modi di esprimersi completamente diversi. Nell’opera lirica il canto e la voce servono per esprimere un dramma che è già stato scritto, noi possiamo solo dare a quel dramma il nostro sentimento. La pittura, se vogliamo, è un’arte più naturale: molti dei miei quadri nascono da un’emozione mia, personale. I quadri che ho realizzato durante il lockdown del 2020 sono scaturiti dalle mie sensazioni, dalle notizie che leggevo e sentivo e dall’effetto che producevano in me. Penso che i miei quadri abbiano origine dall’inconscio, quasi sempre non so cosa verrà fuori. Direi che la somiglianza tra le due arti è, piuttosto, da un punto di vista stilistico e cromatico. La mia è una voce calda, rotonda, capace di tanti colori, allo stesso modo la mia pittura è fatta di tinte calde e sensazioni positive. Nei miei quadri si può vedere anche il mio canto, il quale è certamente un fatto fisico, emozionale e immaginativo. La principale differenza tra il canto e la pittura è il momento della creazione. Quando si dipinge un quadro si è soli con sé stessi, si sta interrogando la propria anima. Il canto invece come atto creativo è fatto per essere donato agli altri, è un mezzo per spiegare delle emozioni o delle situazioni agli altri.
La passione per la pittura è nata di recente oppure “cova” in lei da molto tempo?
Ho sempre avuto passione per la pittura, ma ad un certo punto della mia vita mi sono concentrata totalmente sul canto e non ho più pensato a portarla avanti. Quando frequentavo la scuola superiore avrei voluto tanto studiare pittura, ma improvvisamente la mia strada è cambiata: il mio maestro di matematica ha sentito la mia voce e mi ha incoraggiato a studiare. Da lì il mio centro di gravità è diventato il canto. Ho continuato comunque ad amare l’arte visiva e grazie al mio mestiere ho potuto visitare tanti musei in giro per il mondo. Ho iniziato anche a dipingere qualcosa nel frattempo, però diciamo che questa seconda passione è rientrata ufficialmente nella mia vita a marzo 2020. Questo periodo così speciale mi ha permesso di avere tanto tempo per potermici dedicare: prima i ritmi della mia vita erano molto frenetici e non mi permettevano molte pause. Ho trovato un mio modo di dipingere, prima realizzavo piccoli quadretti realisti, mentre ora ho creato un mio stile. Sento che artisticamente c’è una grande possibilità di crescere e di rendere ancora più personale la mia arte.
Ha studiato ritrattistica, paesaggistica e natura morta con Leo Ferrioli. Cosa ha appreso, in termini di stille ma anche di approccio alla tela o alla carta, dal maestro veronese?
Sto ancora studiando con il Maestro Ferrioli, il quale mi ha impartito prima di tutto le nozioni di base della pittura e di come creare un dipinto a partire dalla tela bianca. Lui però non mi ha imposto il suo stile, mi ha lasciato la libertà di trovare la mia personalità nel dipingere. Continuo a studiare con lui per apprendere tutta la struttura dell’arte accademica, per poi arricchire la “mia” arte. Ogni volta che vado da lui stiamo insieme per 6/7 ore, che passano incredibilmente veloci, e ciascuno realizza un proprio quadro. È molto bello passare del tempo insieme a lui. È un grande maestro, una persona splendida e sono veramente fortunata di poter studiare con un grande artista come lui. Sono sicuramente stata influenzata dal suo modo di dipingere così elegante, e ammiro il suo modo di usare i colori e cerco di farne tesoro. Ho ancora tantissime cose da imparare da lui, anche tecnicamente: mi ha aperto alla tecnica dell’acquerello, dell’olio su tela e dell’acrilico.
Oltre a qualche dipinto ad olio, la tecnica che lei privilegia è
l’acquerello. Una tecnica molto difficile perché richiede rapidità ma
soprattutto non permette correzioni o ripensamenti. Un po’ come emettere un
acuto, che deve essere ben centrato e sostenuto, senza che sia permessa alcuna
incertezza?
L’acquerello è davvero una tecnica complessa, ed è la prima tecnica che
inaspettatamente ho imparato ad utilizzare con il Maestro Ferrioli. I miei
primi quadri sono tutti acquerelli e ora che sto sperimentando con l’olio su
tela e con l’acrilico, mi rendo conto che sia stata un’ottima cosa aver
iniziato con gli acquerelli perché, proprio come dice lei, non permettono
correzioni e ripensamenti, quindi ti porta ad essere più sicuro di quello che
vuoi fare. Con l’olio e l’acrilico si può cambiare, cancellare, correggere, ma
la sicurezza acquisita con gli acquerelli è determinante anche nella
consapevolezza dell’uso dei colori. Sì, è vero, l’acquerello è un po’ come un
acuto, però c’è una differenza importante. Dipingere è una cosa molto personale;
quando sto realizzando un’opera, come dicevo prima, non sono consapevole del
risultato: io stendo il primo tratto e da quel momento seguo le mie sensazioni.
Per fare un acuto invece ci vuole tanto studio, immaginazione vocale (la tecnica
del canto è empirica), natura…e poi se un quadro viene male lo si può
nascondere in casa e non farlo vedere a nessuno, se invece un acuto viene male
tutti lo sentono! (n.d.r. ride). Fare
la cantante da questo punto di vista è molto più difficile.
La sua arte si esprime soprattutto attraverso l’uso dei colori, sia in pittura che nel canto. Nei quadri abbondano i toni gialli arancio e rossi, tinte che, come la sua voce, emanano calore. Colore che genera calore, quindi?
Nel mio caso sì, e questo avviene sia in pittura che nel canto. Non solo possiedo una voce che ha queste caratteristiche, ma per farle capire le sonorità che io amo, il mio strumento musicale preferito è il violoncello: vorrei sempre che il mio canto assomigliasse al suono del violoncello, caldo, dolce, avvolgente. Nel mio canto non sono mai fredda, lascio sempre che i sentimenti escano spontanei. Nella pittura è la stessa cosa: i colori che scelgo esprimono con libertà le mie sensazioni. Mi è capitato in qualche opera di utilizzare dei colori più freddi, ma sempre all’interno di essi vi è un colore caldo che bilancia l’opera nel suo complesso.
Molti soggetti rimandano a spunti riflessivi. I colori sono sempre
vivaci, seppure mai sfacciati anzi tenui; gioiosi e al contempo meditativi. Una
propensione e vedere le cose con serenità, con occhio positivo, che le viene
dal suo carattere?
Il mio carattere è piuttosto tranquillo, non sono una persona fredda, ma mi
posso definire calma e serena. Ho anche dei momenti di grande passione, in cui
viene fuori il mio temperamento … dipende dalla situazione! Un soprano che
canta un repertorio drammatico come il mio, calma non può essere! (n.d.r. ride). Sono caratterialmente
bipolare diciamo! Ho un temperamento forte e passionale, ma sono anche
profondamente bilanciata … penso che questo emerga dai miei quadri.
I quadri quindi sono alter ego suoi, dal futuro luminoso, più che dei personaggi interpretati sulla scena che, si sa, nell’opera lirica generalmente hanno destini tragici?
I miei quadri rispecchiano certamente la mia personalità più che quella dei personaggi che interpreto. Ho fatto solo due dipinti dedicati all’opera, il primo si chiama “Un bel dì vedremo” ed è dedicato alla Butterfly che tante volte ho portato in scena, e il secondo è “Norma”, un personaggio a cui mi sono dedicata molto durante la quarantena dello scorso anno. Però anche in questi due quadri i personaggi sono filtrati attraverso la mia personalità e le mie sensazioni di quel momento. Non è detto che a questi due non se ne aggiungano altri, magari legati a titoli che fanno parte dei miei prossimi debutti.
Il tratto è rapido, vibrante, formato da tante piccole pennellate
ravvicinate, le quali, conservando la propria individualità, vanno a comporre
un tutt’uno. Si tratta di una ispirazione alla lezione impressionista che lei
ha fatta propria e ha traghettato nella contemporaneità? O piuttosto i suoi
tratti sono assimilabili a strumenti di un’orchestra, che suonano singolarmente
per formare un assieme?
Io parlerei più che di Impressionismo
di Espressionismo, poiché i miei
quadri nascono dal mio inconscio, non c’è nessuna preparazione, è come un
flusso di coscienza. Capisco di aver finito quando guardandolo sento di aver
riempito il quadro di tutte le mie sensazioni e percezioni di quel momento. Le
pennellate sono rapide e veloci e in questo forse assomigliano a una partitura
orchestrale: da una linea di un colore parte o si sovrappone una linea di un
altro colore e sento di aver raggiunto l’obiettivo quando queste linee tutte
insieme sono belle, armoniose. Forse non so spiegarlo perfettamente perché mi
affido quasi totalmente al mio intuito.
In “Anni di passione” le pennellate si fanno guizzanti, sembrano sprigionarsi con la forza di lapilli da un vulcano. Anche “Demone” pare una esplosione piroclastica, questa volta studiatamente convogliata. Si tratta di omaggi all’arte musicale che arde in lei? Sicuramente da una parte c’è un mio voler omaggiare l’arte musicale, ma dall’altra parlerei proprio di omaggio alla vita. Sono una persona positiva e quando percepisco attorno a me la bellezza di vivere, la bellezza dell’arte e dell’amicizia sento dentro di me la voglia di tradurla in pittura. L’amore, l’amicizia, la ricchezza dell’umanità sono stimoli per la mia creatività.
I soggetti sono prevalentemente astratti, eppure rimandano a situazioni
o tematiche concrete e attuali. Alcuni dipinti esposti a Dubai sono nati
durante il lockdown di primavera. Gli spunti erano tristi, il clima che si viveva
allora angosciante. Però nelle sue tele l’inquietudine e il dolore trovano
sempre uno sbocco sereno, risolutivo. Lo sguardo verso il futuro è sempre
ottimistico?
Assolutamente sì. Sono ottimista perché la vita mi porta a esserlo. Un anno fa
non avrei creduto di poter esporre le mie opere a Dubai e di poter trovare una
seconda passione così forte. Tutto quello che la vita mi dona cerco di
accettarlo sempre in positività, e cerco sempre di vivere pensando all’amore
che ho per la musica, per la pittura e per la vita in generale. Dipingere ha
riempito il mio cuore e ho trovato in questo un nuovo modo di esprimere la mia
arte. Non abbandono però la mia carriera di cantante, anche perché il mio amore
per il canto è sempre vivo, anzi si è creato con la pittura uno scambio di
emozioni che mi porta ad amarlo ancora di più. Sono pronta per nuovi debutti,
opere, concerti, sempre con positività ed energia. Non vivo nella realtà, vivo
nell’arte: ”Vissi d’arte…”
Dai contesti astratti emergono, a volte, delle figure indefinite, volutamente abbozzate perché simbolo di una universalità, ed è il caso di “Elfo indifeso”. Può invece trattarsi di esseri fluttuanti in un mondo instabile, come in “Dolore scorre in un fiume”. Una espressione dei nostri tempi che mutano sovvertendo le certezze che avevamo prima?
Le figure dei miei quadri delle volte rappresentano me, delle volte l’umanità, ma molto spesso sono l’espressione di concetti astratti. Nel caso di “Elfo indifeso” quella figura è un’anima. L’arte aiuta a esprimere sensazioni anche molto personali. Il godimento della creazione di questi quadri è il vedere io stessa qual è il risultato finale, quindi si può sicuramente parlare di instabilità e di incertezza, però sempre alla ricerca della “meraviglia” delle sensazioni che possono scaturire dall’esperienza artistica.
Nel caso dell’introspettivo “Preghiera” si vede un viso che in sé racchiude due volti che si sovrappongono, che si completano per formare un assieme. Vuole con ciò esprimere la ricerca dell’essere umano di una propria interezza?
Non posso dire che cosa esprimono esattamente i miei quadri. “Preghiera” è uno dei quadri più significativi dell’esperienza del lockdown del 2020, perché è stato realizzato nel momento più tragico dell’emergenza sanitaria… i bollettini quotidiani che riportavano le vittime di questa tragedia, gli sforzi di medici e infermieri… questo quadro è dedicato a loro, è una preghiera per il mondo. Quel viso che ne racchiude due non so cosa rappresenti esattamente, so solo il dolore che ho provato in quella giornata e il mio intento espressivo.
Il dipinto forse più bello, “Nirvana”, raffigura un drago piumato, un uccello immaginario venuto da un mondo fiabesco, dal lungo becco, dagli occhi incantatori e dalla livrea fantasmagorica. Il suo piumaggio, di un turchese intenso, si tinge di riflessi violacei alla luce del tramonto. Chi è questo personaggio e quale mondo della fantasia abita?
Questa creatura è quasi un enigma di Turandot per me! Potrebbe essere un drago, un uccello, una fenice. Questo quadro è legato a un momento felice: tra dicembre e marzo ho fatto una lunga tournée di concerti in Cina, con un grande successo, e ho sentito in me una sensazione di rinascita e una speranza per il mondo. Questa creatura colorata e fiabesca con dietro il sole mi trasmette simbolicamente tutte queste vibrazioni positive.
Quale è l’opera, tra quelle in mostra a Dubai, che sente più sua, che
la rappresenta maggiormente e perché?
Direi proprio “Nirvana”. Mi permetta
di ringraziare qui Emma Chiaramonte, titolare di AvA Gallery per la sua grande
disponibilità, il suo interesse verso la mia arte e la meravigliosa opportunità
di esporre le mie opere nel magnifico contesto del World Art Dubai.
Grazie alla signora Hui He, che dà a tutti i nostri lettori appuntamento presto, in mostra e in teatro.
Maria Fleurent
Intervista del 31 marzo 2021
Contributi fotografici: Courtesy AvA Gallery