Un omaggio alla storia del teatro lirico e dell’arte del primo ventennio del Novecento, la cui scena artistica, letteraria e musicale fu pervasa dal fenomeno dell’Orientalismo. La nuova mostra della Fondazione Museo del Tessuto di Prato, “Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba” è il frutto di un lungo lavoro di ricerca compiuto dal Museo sullo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta di Turandot di Puccini e provenienti dal guardaroba privato del grande soprano pratese Iva Pacetti.
Un’esposizione inedita, altamente suggestiva, multidisciplinare e di ampio respiro che intende ricostruire le vicende che hanno portato il grande compositore toscano Giacomo Puccini a scegliere il genio scenografico di Galileo Chini per la realizzazione dell’allestimento e delle scenografie per Turandot, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, diretta da Arturo Toscanini.
Co-organizzatore della mostra è il Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino nel cui Museo di Antropologia e Etnologia è conservata una collezione di oltre 600 cimeli orientali riportati da Galileo Chini – grande interprete del Liberty italiano – al rientro dal suo viaggio in Siam nel 1913 e da lui personalmente donati nel 1950 al Museo fiorentino. Si avvale anche della collaborazione dell’Archivio Storico Ricordi (Milano) – che custodisce un immenso patrimonio documentale sulla storia e sull’estetica dell’opera lirica nell’Ottocento e Novecento – e della Fondazione Giacomo Puccini (Lucca) creata proprio per valorizzare il ricco patrimonio pucciniano. Si aggiunga il contributo degli enti prestatori, tra cui il Museo Teatrale alla Scala e l’Archivio Storico Documentale Teatro alla Scala, le Gallerie degli Uffizi – Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, la sartoria Devalle di Torino, l’Archivio Corbella, la Società Belle Arti di Viareggio e numerosi prestatori privati.
LA MOSTRA
Tutto ha avuto inizio nei primi mesi del 2018, quando al Museo venne proposto di acquisire un misterioso baule contenente materiale eterogeneo proveniente dal guardaroba del soprano pratese Iva Pacetti, misteriosamente scomparso da decenni. Gli studi condotti dalla conservatrice del Museo, Daniela Degl’Innocenti, hanno permesso di riconoscere in due costumi e in due gioielli di scena quelli disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per la prima assoluta dell’opera e indossati da Rosa Raisa, il primo soprano della storia a interpretare il ruolo della ‘Principessa di gelo’. I riscontri iconografici non lasciavano dubbi: erano quelli della prima scaligera, dati per irrimediabilmente persi ormai da tempo.
La mostra, allestita dal 22 maggio al 21 novembre 2021 (le date potrebbero subire variazioni, nel rispetto delle norme per il contrasto alla pandemia) ricostruisce le vicende che hanno portato alla progettazione di questi costumi, nel quadro della genesi dell’opera e del sodalizio artistico tra Giacomo Puccini e l’artista e amico Galileo Chini e del successivo coinvolgimento del costumista del Teatro alla Scala Caramba. Sodalizio nato dalla precisa volontà del compositore di affidare l’ambientazione orientale dell’opera a un artista che l’Oriente lo aveva vissuto veramente da vicino: Galileo Chini, infatti, soggiornò in Siam (attuale Thailandia) per ben tre anni, dal 1911 al 1913, per lavorare alla decorazione del Palazzo del Trono del Re Rama VI. Da quel soggiorno Chini tornò profondamente affascinato e con un bagaglio di centinaia di manufatti artistici di stile e produzione cinese, giapponese, siamese che influenzarono la sua produzione artistica anche dopo la permanenza in Siam e, all’interno di essa, successivamente, la genesi figurativa delle scenografie per l’opera Turandot.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Il percorso espositivo della mostra – che occupa circa 1.000 metri quadri – si apre nella Sala dei Tessuti Antichi con una selezione di circa 120 oggetti della collezione Chini, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze. La collezione Chini venne donata dal Maestro al Museo nel 1950 e vi rimase esposta fino agli anni Settanta; in seguito, solo alcuni degli oggetti conservati sono stati visibili al pubblico. Ora in mostra, si trovano tessuti, costumi e maschere teatrali, porcellane, strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d’uso di produzione thailandese e cinese, che sono stati continua fonte di ispirazione per l’artista e sono diventati soggetti di suoi numerosi dipinti.
L’esposizione prosegue al piano superiore. Accanto a opere provenienti da collezioni private, a reperti inediti e curiosi, campeggia la tela raffigurante La fede, parte del trittico La casa di Gothamo di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Invece, la grande tela raffigurante la Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok, anch’essa appartenente alla Galleria, è oggetto di un’installazione multimediale che dialoga con una bellissima testa di dragone della Collezione Chini. In questa sala sono esposti anche gli straordinari cinque bozzetti finali delle scenografie della Turandot provenienti dall’Archivio Storico Ricordi di Milano e altre due versioni di proprietà privata.
La terza e ultima sala mette finalmente in mostra, dopo decenni di oblio, gli straordinari costumi della protagonista dell’opera, corredati dalla meravigliosa corona realizzata dalla ditta Corbella di Milano nonché dalla parrucca e dallo spillone originali, anch’essi provenienti dal misterioso baule di Iva Pacetti. Rinvenuti in pessimo stato conservativo, i due costumi e i gioielli di scena sono stati sottoposti a complessi interventi di conservazione e restauro, cofinanziato dalla Regione Toscana e dalla campagna di crowdfunding “Il Costume Ritrovato”, alla quale hanno contribuito quasi 170 privati provenienti da otto Paesi diversi, aziende e associazioni del territorio.
Inoltre, sono esposti 30 costumi straordinari provenienti dall’archivio della Sartoria Devalle di Torino, comprendenti i ruoli primari e comprimari – l’Imperatore, Calaf, Ping, Pong e Pang, il Mandarino – e i secondari – i Sacerdoti, le Ancelle, le Guardie, i personaggi del Popolo. Si tratta dei costumi originali realizzati per la stessa edizione dell’opera, anch’essi inizialmente scomparsi, ma poi rocambolescamente ricomparsi a metà degli anni Settanta ed entrati a far parte definitivamente di questo meraviglioso archivio storico privato.
In mostra anche alcuni bozzetti originali e pochoir dei costumi dell’opera del celebre illustratore Filippo Brunelleschi, artista inizialmente designato da Puccini; il manifesto originale della prima dell’opera e la riduzione per canto e pianoforte editi da Casa Ricordi e illustrati con la celebre immagine di Turandot realizzata da Leopoldo Metlicovitz, una delle immagini più iconiche del melodramma italiano.
A Iva Pacetti, protagonista silenziosa della mostra, il Museo ha dedicato una sezione espositiva multimediale a conclusione del percorso.
Catalogo edito in italiano e inglese da Silvana Editoriale.
ATTIVITA’ COLLATERALI
Una serie di itinerari chiniani e pucciniani collegheranno l’esposizione di Prato con altri luoghi toscani. Il visitatore potrà inoltre usufruire di una scontistica integrata sul biglietto di ingresso con la Fondazione Puccini di Lucca e il Museo di Antropologia ed Etnologia di Firenze, che in occasione della mostra pratese organizzerà una propria esposizione per valorizzare altri tesori appartenenti alla Collezione Chini.
C.S.M.
Fonte: Studio Torricelli, 30 marzo 2021
TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA
22 maggio – 21 novembre 2021
(le date potrebbero subire variazioni, nel rispetto delle disposizioni per il contrasto alla pandemia)
Museo del Tessuto
Via Puccetti 3 Prato
info@museodeltessuto.it
www.museodeltessuto.it
Video promo della mostra: https://youtu.be/PcuS_QBFOps