È fresco di stampa il libro dal titolo “Mahler. Dialoghi tra musica e poesia”. Un volume originale del quale ci parla il Maestro Nicola Guerini, direttore d’orchestra, divulgatore e co-autore assieme ad Adele Boghetich. La pubblicazione, disponibile nelle librerie e online, è uscita per la Collana “I racconti della Musica” della Casa editrice Zecchini, e sarà presentata in diverse città italiane. I primi appuntamenti saranno a Napoli e a Verona, prossimamente a Genova, Torino, Milano e in altre località, presso La Feltrinelli e in alcuni centri culturali.
Maestro Guerini, perché un nuovo libro su Mahler?
Gustav Mahler è uno tra i protagonisti più rappresentativi della storia della cultura occidentale. Questo libro scritto con Adele Boghetich, con la prefazione di Mario Tedeschi Turco, è un viaggio attraverso l’intera sua produzione artistica, dal Quartetto in La minore alla Decima sinfonia, narrato nello stile di un dialogo libero, ma elaborato su fonti biografiche, che coniuga la Musica con il pensiero filosofico e la dimensione poetica. Un mondo stratificato di esperienze biografiche, compositive e spirituali che dialogano tra loro e profondamente.
Il testo affronta i molteplici aspetti della personalità del compositore?Il testo richiama episodi della vita e dell’attività creativa, gli affetti, l’ambiente culturale di Mahler: uomo in perenne conflitto con se stesso e artista acclamato che fugge da Vienna per rifugiarsi nella sua Natura estiva, lontano dai rumori del mondo, per fissare le idee, tracciare le architetture della sua musica, immerso tra le solitudini dei monti, i colori del lago, le voci dell’anima.
Da cosa nasce la scelta di impostare la narrazione in forma di dialogo?
L’idea di impostare, a quattro mani, il testo in forma di dialogo nasce per condurre il lettore tra i sentieri della scrittura mahleriana, le suggestioni, i canti estatici di Natura e richiami segreti di morte, abissi e altezze salvifiche, utopie e orizzonti perduti… Un percorso estetico che individua nel Canto e nella Sinfonia un rapporto indissolubile e necessario per comprendere l’universo di Gustav Mahler.
Quale è, secondo lei, il messaggio identitario veicolato dalla musica di Mahler?
Il linguaggio mahleriano è Voce dalla forza profetica che coniuga i segni della civiltà mitteleuropea, gli influssi della musica popolare e la contaminazione di generi musicali diversi. È un tessuto organico che accumula materiali, ricerca nuovi percorsi, nuove direzioni. Ci sono Naturlaute, ritmi di Ländler, marce militari, echi di bande musicali, frammenti di melodie da caffè-concerto, fanfare, corali, reminiscenze da Wagner, Schubert e Bruckner. Si tratta di un’immersione tra i paesaggi sonori più disparati, una polifonia di voci che affiora come ‘‘esperienza vissuta”, della memoria di Mahler, del suo passato e della sua infanzia.
Una musica profetica dunque…
Certo. Se la sua scrittura, la polifonia di stili e di voci, lontane dalle mode dell’epoca, rendeva “inattuale” la sua musica, Mahler è ancora oggi un compositore modernissimo, testimone autentico di un’epoca e certo che un giorno gli uomini si sarebbero accorti di essere «rappresentati, descritti, identificati» nella sua musica.
Il libro si chiude con un capitolo intitolato “I Luoghi del Silenzio”. Ci spiegaquali sono i silenzi mahleriani e quale significato rivestono?
Il silenzio mahleriano è Voce, una presenza che vibra e dialoga con il paesaggio sonoro e lo invade fino ad assorbirne i contorni. Una dimensione che diventa sempre più luogo e i suoni sono finestre, ponti per raggiungerlo, per attraversarlo. Un silenzio che respira sotto la trama sinfonica e la trascende, svelandosi e rivelandosi insieme. Ogni pausa è cesellata, come un sospiro che sembra custodire pensieri, risposte, solitudini; uno spazio che interrompe i fragori, li placa, frantuma gli intrecci muscolari dei contrappunti…
Il silenzio mahleriano ha molteplici significati…
Il silenzio mahleriano è narrativo. Un passaggio sotterraneo che salda le strutture, e penetra nella maglia sinfonica. Mahler ne trattiene l’entropia, ne evoca le voci, ne fissa il colore ricreando uno spazio affine alla dimensione orientale del Perfetto Silenzio che si incontra nel Vuoto Sacro della meditazione, come accade in alcuni Rückert-Lieder e nei Kindertotenlieder. Anche alla fine del vastissimo Adagio della Nona, dopo l’ultimo battito, resta la vibrazione di un Silenzio che annulla ogni volontà, ogni narrazione. Un Silenzio nel quale ci sentiamo accolti, un Silenzio necessario e consapevole che risuona dentro di noi come un rito, un atto d’amore, un abbraccio universale.
Maria Fleurent per DeArtes
Intervista del 13 giugno 2021