Veramente magnifica La traviata andata in scena all’Arena di Verona, all’insegna dell’eleganza stilistica, prima di tutto musicale ma anche scenica, nella sua sobrietà. A far da sfondo alla triste storia d’amore tra Violetta e Alfredo, oltre a una doppia scalinata, l’imponente ledwall semicircolare che, su videodesign di D.Work, ha mostrato i frutti della partnership instaurata con le Gallerie degli Uffizi di Firenze: un prestigioso biglietto da visita dell’Italia presso i tanti spettatori stranieri presenti nell’anfiteatro. Celebri dipinti hanno guarnito il salone del palazzo parigino di Violetta Valery durante la festa dove lo champagne è scorso a fiumi, inebriando gli invitati. La regia, come consuetudine in questa estate, era lasciata nell’anonimato, a sottolineare sia la coralità del lavoro sia la lineare fedeltà al libretto, trasposto temporalmente alla fine dell’Ottocento.
Assai significativo è risultato l’apporto del patrimonio pittorico degli Uffizi nell’ultimo atto. I capolavori dell’arte di tutti i tempi, dal Rinascimento al XIX secolo, “affissi” alle video pareti della stanza da letto di Violetta, raffiguravano una moltitudine di donne, a rappresentare le molteplici sfaccettature del femmineo: dalla bellezza della Venere di Botticelli alla prosperosa sensualità dei nudi, dalle eroine bibliche all’interiorità della Velata di Raffaello, fino al sorriso fresco della giovane effigiata da Boldini. Nell’attimo della morte di Violetta sono venuti meno cromia e contesti, e i quadri sono apparsi sulla parete tetra senza più cornici, ridotti al bianco e nero, a significare la perdita di quella tavolozza di colori che può assumere l’amore e che la Valery compendiava in sé.
Nel caso de La Traviata il distanziamento covid rispettato sul palcoscenico ha avuto un felice risvolto narrativo. Violetta e Alfredo, specie nel prim’atto, si sono sovente rivolti l’un l’altro dagli opposti angoli scenici, come a tradurre visivamente quel sentirsi della protagonista “sola, abbandonata, in questo popoloso deserto che appellano Parigi”: una condizione di desolazione interiore irrisolvibile.
La parte musicale è risultata un piccolo capolavoro di delicatezza, di garbo esecutivo, interpretativo, di fraseggio e di dinamiche venuto dal podio, dal quale Francesco Ivan Ciampa si è prodigato con gesto mirabilmente misurato (dimostrando inconfutabilmente che per dirigere bene non sia necessario sbracciarsi). Un suono morbido che ha saputo accendersi e sprigionare bagliori espressivi. Una direzione-gioiellino che dall’orchestra Ciampa ha esteso al cast, con risultati stupefacenti considerata l’esiguità del numero delle prove effettuate.
La protagonista Violetta Valery era impersonata da Ruth Iniesta, una voce importante che il soprano ha gestito sapientemente, con attenzione alle smorzature senza mai perdere in carattere, privilegiando la comunicabilità del canto e delineando una donna dibattuta tra le sue due diverse indoli: quella mondana e quella più intima e riservata.
Nelle eleganti vesti di Alfredo Germont, Francesco Meli è stato incarnazione della raffinatezza. In forma splendida, con il timbro incantevole e un fraseggio che migliore non avrebbe potuto essere, il tenore ha regalato una carrellata da manuale di smorzature, di mezze voci, di pianissimo che si sono librati nell’aria con la leggerezza di una piuma, eterea eppure capace di raggiungere grandi altezze e volare lontano, portando con sé un prezioso carico emozionale. Completava la terna dei protagonisti il baritono Simone Piazzola, nelle vesti che gli sono parse cucite addosso di papà Germont, dalla linea di canto nobile sfociata in autentico lirismo.
Tutti ben sostenuti gli altri ruoli: Marcello Nardis come Gastone, Nicolò Ceriani come Barone Douphol, Dario Giorgelè come Marchese d’Obigny, Romano Dal Zovo come Dottor Grenvil, Max René Cosotti come Giuseppe, Victoria Pitts come Flora, Francesca Pia Vitale come Annina e Stefano Rinaldi Miliani nei doppi panni di Domestico e Commissionario.
Collocato per l’intera stagione fuori scena, sulle gradinate di sinistra, il Coro, sotto la guida di Vito Lombardi, ha sfoggiato omogeneità e corposità. Solista nei momenti danzati di zingarelle e toreri, Aigerim Beketayeva, Prima Ballerina dell’Opera di Astana, in Kazakistan.
Una serata veramente ottima dal punto di vista qualitativo, premiata da una importante affluenza di pubblico, nei limiti del numero contingentato dal covid. Repliche fino al 2 settembre.
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto all’Arena di Verona, 98° Opera Festival, il 23 luglio 2021
Contributi fotografici: Foto Ennevi