Di lui la critica loda la bellezza del timbro, lo smalto, lo squillo saldo, la vis drammatica e lo stile “italiano” espressione della migliore tradizione che purtroppo va perdendosi. Il tenore Dario Di Vietri è ancora giovane d’età ma pienamente maturo come interprete. Lo abbiamo incontrato in occasione del suo prossimo impegno, nei panni di Mario Cavaradossi in Tosca, nel nuovo allestimento prodotto dal Teatro Verdi di Pisa, in scena il 6 e 8 luglio 2021 al Giardino Scotto – Fortezza Sangallo.
Un appuntamento significativo anche perché è il primo titolo operistico della nuova direzione artistica di Enrico Stinchelli, che cura pure la regia, basata sull’utilizzo delle nuove tecnologie.
Gentile Maestro Di Vietri, lei ha già sostenuto il ruolo di Cavaradossi innumerevoli volte. Come lo affronta in questa circostanza en plein air, condizione che pone alla voce difficoltà ovviamente diverse rispetto a un teatro al chiuso?
Io amo cantare all’aperto e non è la prima volta che ho affrontato questo ruolo già all’aperto, tra i Festival estivi che ricordo l’Arena di Verona e al Festival Puccini di Torre Del Lago, a volte è capitato anche con temperature estremamente calde. Importante è mangiare sano, idratarsi molto durante tutto il periodo di produzione, fare attenzione all’aria condizionata e agli sbalzi termici. In questa occasione sono molto felice d’interpretare questo ruolo in occasione della riapertura della stagione estiva nel Giardino Scotto di Pisa, con il primo titolo operistico del Teatro Verdi di Pisa curato dal Maestro Enrico Stinchelli.
Chi è secondo lei Mario Cavaradossi?
Un eroe romantico che insegue i propri ideali, proprio come me.
E chi è invece Cavaradossi secondo il regista Stinchelli?
È un giovane idealista libertario, non direi un anarchico. Mario è disposto a morire per un ideale, morale e politico, nemmeno l’amore per Tosca gli impedisce di aiutare il ribelle Angelotti. Diciamo anche che è una vittima designata, dato che Scarpia lo odia più come amante di Tosca che come seguace di Voltaire. Vocalmente è il prototipo del tenore verista.
Lei vanta un curriculum di tutto rispetto, nonostante la giovane età. Non si è mai fermato, il suo è un percorso in continua crescita. Come si è accesa dentro lei la scintilla della musica?
Grazie a mio nonno Angelo che sin da piccolo mi faceva cantare insieme a lui le arie d’Opera. Ho sempre saputo di voler fare la Professione che faccio, infatti canto sempre da quando sono nato.
Pavarotti ravvisò in lei, allora sedicenne, dell’ottimo materiale vocale e la incoraggiò a intraprendere gli studi musicali. Che ricordo ha di Big Luciano?
Di un immenso artista e generoso che amava trasmettere per quanto i suoi impegni lo permettessero la propria arte. Ricordo la mia infinita emozione.
È stato seguito da molti insegnanti, poi ha completato la sua formazione con il celebre mezzosoprano Bruna Baglioni. Quali aspetti del canto o specifiche della voce ha potuto perfezionare sotto questa guida?
Con lei abbiamo perfezionato e rifinito tecnica e studiato ogni personaggio del repertorio lirico spinto. Lei mi ha trasmesso tutta la sua infinita esperienza e sapienza di grande artista quale è. Mi ha suggerito di non andare mai oltre il mio repertorio e di aspettare piuttosto che bruciare le tappe. A livello tecnico mi ha suggerito di non allargare mai i suoni, perché sono nato tenore lirico spinto e per mantenere la zona acuta sempre così agile ed imponente non bisogna ingrandire ma cantare con la propria voce; mi ha sempre indicato che i suoni si sarebbero arrotondati ed ingranditi per propria natura, cosa che infatti è avvenuta.
In quale ruolo ha debuttato e dove?
Ho debuttato nel 2009/2010 con Pinkerton in Madama Butterfly nel Circuito Lirico Lombardo, oggi Opera Lombardia scelto dalla sig.ra Giovanna Lomazzi, Giovanni Vegeto e Gianni Tangucci che allora era direttore artistico di altro Teatro coproduttore. Per alcuni anni successivi ho perfezionato e consolidato il mio stile, ho voluto rafforzarmi prima di arrivare ad affrontare gli altri ruoli protagonisti di tenore lirico spinto proprio nei Teatri Toscani di Pisa, Lucca e Livorno dove mi sono esibito rispettivamente nel 2013 in Erri Settebellizze – Napoli Milionaria, nel 2014 debutto di Don José in Carmen e nel 2015/2016 Radames in AIda.
Tra i suoi impegni più recenti figura la prima incisione in assoluto di un’aria della nuova opera del compositore Nestor Taylor dal titolo Eleni, tratta dall’omonima novella di Nicholas Gage. Una bella esperienza …
Direi stupenda, conosco questo compositore dal 2015 quando mi ascoltò ad Atene nell’Opera El Greco del compositore greco George Hatzinasios. Nestor Taylor mi scelse poi in altre occasioni che mi portarono ad interpretare ruoli importanti al Greek National Opera. Durante il periodo della pandemia il Maestro Taylor mi propose l’aria di Nicholas, che rappresenterebbe Nicholas Gage stesso e la propria nostalgia nei confronti di sua madre e del proprio Paese di origine: la Grecia. Avendo in quei momenti molto tempo a mia disposizione ed essendo un appassionato della Grecia di cui sento oggi grande nostalgia, ho avuto la possibilità di approfondire questa aria, renderla mia e registrarla accompagnato dall’amico e pianista Davide Dellisanti e registrarla presso il Bloom Recording Studio di Guidonia (Roma) grazie al prezioso lavoro di Fabrizio Ludovici e Francesco Delogu. America, così è intitolata l’aria tratta dall’Opera Eleni, ha copyright di Stichting Donemus Beheer. Ringrazio molto il Maestro Taylor per avermi scelto e accompagnato in questo altro affascinante percorso artistico.
Tra i suoi impegni futuri figura Des Grieux a Lucca e Modena, nella prossima stagione invernale. Sempre Puccini, quindi. Che rapporto ha con questo compositore?
In realtà la produzione di Manon Lescaut sarà a Lucca, Modena, Ravenna e Ferrara, regia di Aldo Tarabella e direzione d’orchestra di Marco Guidarini. Puccini ha scritto per la mia natura di tenore, egli richiede una vocalità estesa e sicura in acuto, zona della tessitura dove io mi sento molto comodo, infatti oltre a Cavaradossi amo moltissimo Renato Des Grieux e Calaf in Turandot che mi ha permesso di arrivare all’Arena di Verona e da lì in molti altri importanti contesti.
E quale invece, con Verdi?
Verdi segna il perfezionamento di me come artista, il fraseggio e la linea di canto di Verdi mi ha permesso di migliorare anche gli altri compositori. Mi ha raffinato, direi, e infatti non posso che appassionarmi nel cantare Radames, Manrico, Riccardo in Un Ballo in Maschera e Don Alvaro nella Forza del Destino e, perché no, un giorno Otello.
Tra i tanti ruoli da lei interpretati, quale sente più suo e perché?
Sicuramente Cavaradossi in Tosca e Riccardo in Un Ballo in Maschera come personaggi, Calaf, Des Grieux, Radames e Don Alvaro per la tessitura. Non voglio dimenticare Turiddu e Don José a cui sono molto legato a livello di Produzioni importanti dove mi sono esibito.
Come è oggi il teatro d’opera e quali differenze riscontra tra l’Italia e gli altri Paesi?
In alcuni Paesi esteri si appassionano alla mia voce, mi scelgono soprattutto per caratteristiche vocali adatte ad affrontare il mio repertorio. In Italia da italiano, a volte mi sento non pienamente compreso pur studiando e perfezionandomi sempre ai massimi livelli. Devo dire comunque che cantare in Italia è sempre una grande gioia, trovo molti amici tra i colleghi e nel pubblico, è la mia Nazione e la terra dei compositori che amo interpretare.
Nel suo sito parla di passione per la musica e per la vita. I due aspetti si sovrappongono, oppure riesce a tenerli distinti?
È stata mia moglie a darmi il principale supporto iniziale alla carriera, scegliendomi prima quale artista e soltanto tre anni dopo come compagno di vita. Oggi lei è il mio personal manager, assieme ad altri preziosi collaboratori. Risulta quindi difficile far comprendere quanto invece sia essenziale, chiudere la porta di casa dietro di noi, lasciando fuori tutto il resto, compreso il lavoro. Sicuramente il teatro e la vita non sono la stessa cosa e ci sono infiniti altri interessi da perseguire al di fuori delle scene. Ad esempio i viaggi, il mare, lo sport, il calcio, la Formula Uno, altri generi di musica e l’Opera stessa nelle esibizioni di alcuni miti del passato che ascolto con profonda ammirazione.
Il sogno nel cassetto? Un ruolo che le piacerebbe affrontare, o un teatro dove ancora non è stato?
Poter continuare a lavorare senza l’ombra di questa pandemia che ci ha afflitto e impedito di vivere. Ruoli che mi piacerebbe affrontare sicuramente Andrea Chenier e Canio. Teatri ce ne sono tanti ancora da vivere, sia in Italia che all’estero spero sarà possibile al più presto.
E il sogno nel cassetto della vita privata?
Continuare a trovare lo spazio da poter dedicare alla mia bambina, famiglia, ai miei numerosi amici e hobbies.
Grazie, gentile Maestro, per il tempo che ha voluto dedicarci
Intervista di Maria Fleurent per DeArtes
31 luglio 2021