Nel Settecento i giovani dei ceti benestanti intraprendevano un viaggio attraverso l’Europa per perfezionare la loro educazione. Il cosiddetto “Grand tour” durava mesi, a volte anni, con soste prolungate in talune città dove studiare i capolavori dell’antichità, imparare la storia e talvolta acquistare opere d’arte. Tra le tappe imprescindibili figuravano le città d’arte italiane: principalmente Roma, ma anche Venezia, Firenze, Napoli e la Sicilia.

Una vera e propria “moda” che influì sulle società dell’epoca. Per esempio, il dilagare dello “stile palladiano” in Inghilterra non si sarebbe mai potuto verificare se intere generazioni di artisti britannici non avessero avuto come apice della loro formazione il Grand Tour in territorio veneto. E uno dei più noti e influenti intellettuali europei tra Sette e Ottocento, Goethe, cristallizzò le sue riflessioni di viaggio nella monumentale opera letteraria in due volumi intitolata “Viaggio in Italia”, che ebbe grande diffusione.

Un raffinato taccuino realizzato da un artista viaggiatore tra il 1815 e il 1842, è stato recentemente donato alla reggia gonzaghesca di Mantova da una anonima benefattrice. Si tratta di 82 fogli, di cui ben 58 con disegni a matita di grafite al recto e al verso, vergati da una mano sicura e di alta qualità, che ha preso appunti di dipinti, sculture, monumenti e di personaggi visti e copiati principalmente a Venezia, ma anche Verona, Ferrara, Cento, Bologna e naturalmente Mantova: opere d’arte che spaziano dal Medioevo al Settecento.

Il Direttore di Palazzo Ducale Stefano L’Occaso specifica che la serie di disegni include monumenti medioevali veronesi, dipinti del Rinascimento veneziano, opere del Guercino, e anche, riferiti a Mantova, la chiesa albertiana di Sant’Andrea e alcuni affreschi di Palazzo Te. Si tratta, ipotizza L’Occaso, «di un pittore dell’Italia del nord, probabilmente un veneto, che già partecipa dello spirito romantico e che si dimostra anche abile ritrattista. Alcune annotazioni a matita potrebbero suggerire che l’autore dei disegni sia Placido Fabris (Pieve d’Alpago, 26 agosto 1802 – Venezia, 7 dicembre 1859), un pittore a lungo attivo a Venezia e a Milano; questa ipotesi porterebbe a datare il taccuino entro il 1838».

Alcuni appunti infatti offrono riferimenti cronologici utili alla datazione: in San Zeno a Verona sono indicati “tre quadri di Mantegna reduci da Parigi”, il che offre una datazione post 1815; una copia dall’Assunzione del Guercino già in collezione Tanari a Bologna, anteriore al 1842, anno della vendita del dipinto, oggi all’Ermitage di San Pietroburgo.

Palazzo Ducale attende con fiducia che qualche giovane studioso, magari con l’occasione di una tesi di laurea o di dottorato, si voglia impegnare nello studio del taccuino, identificando tutte le opere ritratte e cimentandosi nell’individuazione dell’autore.


M.C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Palazzo Ducale, 12 agosto 2021

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