Si alzano le note de La tempesta di Beethoven il quale osserva gli astanti dal celebre ritratto di Stieler proiettato su uno schermo. Massimo Cacciari non è uomo di spettacolo, né un affabulatore o un narratore e resta se stesso, con onestà. È un filosofo, in questo caso un erudito dell’analisi filosofica che, mentre scorre i fogli promemoria e intercala l’eloquio con vezzi d’assenso, ripercorre una tappa fondamentale del pensiero, con dimestichezza e toni cattedratici.
Al Teatro Filarmonico di Verona, nell’ambito del “Festival della Bellezza” e come evento introduttivo alla stagione concertistica “Il settembre dell’Accademia”, Cacciari ha tenuto una lezione dal titolo “Romantik: filosofia e musica”, accompagnata da due inserti al pianoforte della giovane e talentuosa Ilaria Loatelli. Un appuntamento confezionato seguendo nessi logici e non teatrali. Il professore ha affrontato il rapporto essenziale intercorso tra filosofia e musica nel periodo romantico e divenuto elemento portante per gli anni futuri. Un momento storico databile, per l’appunto, tra la nascita di Beethoven e il lavoro di alcuni filosofi dell’idealismo tedesco, come Shelling, passando attraverso chi tali ideali ha incarnato, come Napoleone prima di diventare un imperatore/tiranno.
Un ambito vasto, riconducibile a una domanda di base: cosa c’è di essenziale tra filosofia e musica? Semplice: la filosofia non può fare a meno della musica e viceversa. E perché l’estetica romantica è fondamentale per capire questo rapporto? Qui il discorso si è fatto specialistico, ancorché comprensibile. Si è partiti dalle nuove prospettive estetiche della Critica del giudizio di Kant e della Fenomenologia dello spirito di Hegel. Il bello dà l’idea della conciliazione tra uomo e natura, ha motivato Cacciari affrettandosi ad aggiungere che però esiste anche la definizione di sublime, condizione in cui non ci si sente conciliati con l’oggetto, ma sopraffatti da esso. E il sublime, per Kant, esprime la destinazione ultrasensibile dell’anima. Quindi qualcosa di soggettivo, che si è compreso ascoltando La tempesta beethoveninana. Come è possibile esternare il sublime? Le parole mancano, ma c’è la musica.
Dall’estetica del sublime, tutti, da Kant in poi, traggono ispirazione e questa è una rivoluzione, si è infervorato l’accademico.
Sehnsucht è lo struggimento che la musica rivela e la forza del discorso non può equiparare la capacità della musica di descrivere il sublime. Beethoven affermava che La pastorale non era pittura ma manifestazione di sentimenti. La musica pertanto supera quella dimensione descrittiva che è propria della parola, arrivando a esprimere il mondo che è in ciascuno di noi. Dice ancora Schopenhauer che la musica oltrepassa le idee, non è più rappresentazione del mondo, non è fenomeno ma essa stessa essenza. Questa concezione, ha concluso Cacciari, fa sì che alla musica venga assegnato un impegno ascetico-mistico e, compiendo un balzo a ritroso verso Platone, rivendichi la sua natura matematica. La musica pertanto deve esprimere tutto ciò, ma con rigore.
E con precisione esecutiva unita a carica espressiva, l’incontro è terminato sulle note dell’Improvviso op. 90 n. 4 di Schubert.

Resoconto Maria Luisa Abate

Visto al Teatro Filarmonico di Verona, Festival della Bellezza, il 7 giugno 2018.