Lo scrittore e umorista Luca Goldoni, in uno dei suoi best seller, affermava che da Mantova non si passa, bisogna andarci. Anche il Museo Nuvolari non è sulle consuete direttrici turistiche, ma basta fare pochi passi nel cuore del centro storico, verso via Giulio Romano fino alla ex chiesa del Carmelino, per imbattersi in questo gioiellino museale dai preziosi contenuti. Un luogo forse più conosciuto all’estero che in Italia, dove si celebra il mito di un campione entrato nella leggenda. L’accesso al museo avviene nel giro di pochi minuti su chiamata, condizione che assicura un’esperienza unica, a tu per tu con colui che Ferdinand Porsche definì «il più grande pilota del passato, del presente e dell’avvenire».

Tazio Nuvolari (Castel d’Ario 1892 – Mantova 1953) iniziò la carriera agonistica sulle motociclette, prima di passare alle automobili, mietendo trionfi in entrambi i campi. Disputò fra il 1920 e il 1950 oltre 350 corse in moto e in auto ottenendo 161 vittorie (91 assolute e 70 di classe), 2 titoli di campione d’Europa, 5 di campione d’Italia, 5 primati internazionali di velocità.

Il museo nacque per volontà testamentaria dello stesso Nuvolari e conserva coppe trofei e medaglie, memorabilia, fotografie e materiali audiovisivi, ma anche caschetti, guanti, occhiali e le tute originali che usava in corsa. In evidenza pure manifesti, lettere autografe, attestati, onorificenze e documenti che fanno la gioia degli appassionati di ogni parte del mondo. Sì, perché “Nivola”, il “Mantovano volante”, scrisse pagine indelebili in un’epoca in cui lo sport, e in particolare quello legato ai motori, era ancora agli esordi: pionieristici ed eroici.

L’ex chiesa del Carmelino è uno spazio museale dato in uso dal Comune di Mantova all’Automobile Club, beneficiario del lascito testamentario (i due figli di Nuvolari morirono entrambi in giovane età). Il museo conserva il telegramma inviato al pilota da Gabriele D’Annunzio dopo la vittoria nella Targa Florio del 1932, accompagnato alla riproduzione della famosa tartaruga d’oro dell’Automobile Club, con la dedica: «All’uomo più veloce, l’animale più lento». L’ACI, fino al 31 agosto 2021, ha dato in gestione l’accesso all’importante patrimonio, alla Scuderia Tazio Nuvolari Italia (che si affianca alle scuderie in Asia e in Europa), della quale è responsabile delle relazioni esterne, oltre che promotore e catalizzatore di tante iniziative, l’architetto Giampaolo Benedini, che gentilmente e con passione illustra per DeArtes questo percorso carico di storia e di emozioni entusiasmanti.

La Scuderia Tazio Nuvolari Italia svolge attività di carattere culturale, finalizzate a mantenere sempre vivo il mito di Tazio e a valorizzare lo sport dei motori nei luoghi deputati, come i circuiti. La Scuderia organizza mostre, anche all’estero, fornisce sostegno ai piloti in erba (il più giovane ha 16 anni) e a chi partecipa a competizioni ed eventi con le auto storiche, prende parte con una decina di equipaggi al Gran Premio Nuvolari, una gara di regolarità che si sviluppa in tutta Italia. Il 28 agosto di quest’anno 2021, all’autodromo di Imola è stato presentato un libro dedicato alla formula Junior: una formula addestrativa, promozionale, realizzata da una cinquantina di piccole aziende in Italia e da dove sono emersi piloti come Jim Clark, Bandini, Baghetti e tanti altri. Numerose sono le attività di cui è data puntuale notizia nel sito della Scuderia.
«Saremo più bravi in futuro» promette Benedini riferendosi agli incontri organizzati con piloti di Formula Uno e personaggi di spicco dell’ambiente, di cui al momento restano poche tracce nella pagina Facebook, con l’ambizione, prossimamente, di lasciare testimonianze più corpose su YouTube.

Tornando alla dotazione del museo, un posto di rilievo l’hanno le immagini, con una ricca fotogallery visibile anche nel sito, mentre per chi viene a Mantova di persona due schermi trasmettono a ciclo continuo dei filmati storici. Si sta lavorando perché la visita diventi presto interattiva e a fianco di ogni trofeo e di ogni coppa sia indicata non solo la vittoria, ma anche le vicende legate a quella determinata corsa, con corredo visivo. Tra le tante, in una teca spicca la Coppa del 1928 del Gran Premio di Roma, vinta con una Bugatti: «dietro ogni vittoria o una partecipazione a una gara c’è una storia legata al nostro Paese, all’inizio delle competizioni e al mito della velocità, quando le corse erano un mezzo importante per giudicare la grandezza di una Nazione. Nuvolari ha rappresentato l’Italia nel mondo ed è il mantovano del secolo scorso più noto a livello internazionale. Quando un atleta supera la logica delle cose, è chiaro che diventi il più grande: il mito nasce dall’essere riuscito a realizzare imprese impossibili», spiega Benedini.

Forse la più significativa è quella di Nürburgring, quando Nuvolari con un’Alfa Romeo, allora non competitiva rispetto allo stragrande potere delle tedesche Mercedes e Auto Union, riuscì a vincere tra lo stupore di 200 mila spettatori che, invece di lui, si aspettavano di veder arrivare prime al traguardo le macchine argentee. L’aneddotica narra che, nonostante non fosse più giovane, aveva 40 anni, fosse talmente sicuro della vittoria da aver portato con sé la bandiera tricolore da sventolare. Al Carmelino ci sono delle gigantografie: in una si vede Tazio impegnato a spingere la macchina che si era fermata prima del traguardo a Montecarlo. Ma fu squalificato perché la procedura era stata ritenuta irregolare!

Gli episodi “impossibili” che hanno creato il mito sono iniziati quando cominciò a correre sulle due ruote, in situazioni particolari. A Monza vinse una competizione in motocicletta ferito e completamente fasciato perché reduce da un incidente: era uscito di strada con un’Alfa Romeo, finendo con la macchina capovolta in un campo in mezzo a del filo spinato. Dopo la cappottata, fu giudicato un incompetente e non gli diedero più la macchina per correre. Allora Nuvolari era il numero uno in moto, ma aveva capito che l’automobile era un mezzo più importante. Creò quindi una sua scuderia, comperando quattro Bugatti. La prima corsa di rilievo che vinse fu il Gran Premio di Roma nel 1927 e l’anno successivo arrivò primo a Tripoli. Nel sito del museo è consultabile la lunga scheda che riporta tutte le vittorie, in moto e in auto. Poi cominciò a correre con Enzo Ferrari e l’Alfa Romeo, ma entrò presto in disaccordo per questioni economiche e non solo (pretendeva che la Scuderia si chiamasse Nuvolari/Ferrari). Comperò delle Maserati e vinse anche con queste. Riuscì sempre a ottenere risultati prestigiosi.

Nuvolari era anche appassionato di fotografia e ha lasciato più di 5000 scatti, principalmente di altre personalità del mondo delle corse ma anche diversi autoscatti, immagini di viaggi e foto di famiglia, che sono stati digitalizzati dalla Fondazione Banca Agricola Mantovana in occasione di una mostra allestita a Palazzo Te nel 2009, per la curatela di Gianni Cancellieri e l’allestimento dello stesso Benedini. Di quella esposizione dal titolo “Quando scatta Nuvolari” resta il catalogo dove è riprodotta buona parte del patrimonio fotografico, attualmente custodito in archivio dal Museo.

Pur essendo partito da Castel d’Ario, un piccolo paese vicino Mantova, Nuvolari era entrato a far parte di un mondo che all’epoca era frequentato da nobili, da persone con grande disponibilità di mezzi. Iniziò a correre nel 1922, passò attraverso le due guerre e continuò a competere anche dopo il secondo conflitto mondiale, con una carriera agonistica molto lunga. «È stato un personaggio atipico» riassume Benedini. «Nuvolari è più conosciuto all’estero che non in Italia. Gli inglesi ad esempio lo stimano al punto da chiamarlo Maestro. Invece – ammette con amarezza il nostro interlocutore – gli italiani e i mantovani si sono un poco dimenticati di lui, forse per ragioni politiche. Nuvolari a un certo punto gareggiò con vetture tedesche, e questo non gli fu mai perdonato. Si aggiunge il periodo storico in cui visse: molte immagini lo ritraggono, durante le premiazioni, accanto agli esponenti della politica totalitaristica dell’epoca, mentre faceva il saluto romano, che era in uso in quel determinato momento storico. Nel dopo guerra Nuvolari si candidò per partecipare all’attività politica della città ma ricevette pochissimi voti. I mantovani di allora non seppero distinguere: non si devono giudicare le persone per gli aspetti esteriori» conclude Benedini. Anche perché la grandezza di Tazio Nuvolari ha travalicato i periodi storici, proiettando il campione nell’immortalità senza tempo del mito. 

Maria Fleurent per DeArtes
Mantova, 20 agosto 2021
Contributi fotografici: Archivio Museo Nuvolari, che si ringrazia per la gentile concessione

www.tazionuvolari.it
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