Si è felicemente concluso il ciclo che il Conservatorio “Lucio Campiani” di Mantova ha dedicato a Beethoven, comprendente l’esecuzione dei cinque concerti per pianoforte e orchestra. Un progetto ambizioso, che conferma essere l’istituto di alta formazione musicale mantovano una realtà di spicco nel panorama italiano, anche grazie alla sua triplice missione: fornire agli allievi un percorso di studi d’eccellenza, favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro e l’approccio con il palcoscenico e con il pubblico, incrementare l’apertura verso la città, ponendosi come uno dei punti di riferimento della produzione in ambito musicale.
Nel corso dell’estate, in tre tappe, si è celebrato l’anniversario dei 250 anni dalla nascita di Ludwig van Beethoven, con un anno di posticipo causa covid. Una iniziativa a dir poco impegnativa, il cui valore nell’aver centrato l’obiettivo è stato amplificato proprio dalla pandemia che ha costretto alla didattica a distanza, particolarmente penalizzante per quanti si dedichino allo studio di uno strumento musicale. La rassegna, che avrebbe intimorito anche orchestre dai nomi altisonanti, ha posto in luce gli allievi del Campiani i quali hanno ottimamente figurato e offerto al pubblico concerti di qualità.
L’orchestra, di oltre 40 elementi, era formata dagli studenti con pochi “rinforzi” di insegnanti ed ex allievi, mentre tra le promesse pianistiche del “Campiani” sono stati scelti i solisti: Andrea Medola e Kanoko Minematsu erano impegnati il 19 giugno, rispettivamente nei concerti n.1 e n.3; Rosario Sollazzo e Giacomo Tora, il 24 luglio rispettivamente nei concerti n. 2 e 4; Niccolò Spolettini il 4 settembre nel concerto n.5.
Giovani d’indiscutibile talento, con punte di spicco, che si sono più che onorevolmente confrontati con l’immensità del genio di Bonn, innovativo per l’epoca e fonte di ispirazione per le generazioni future. Beethoven infatti seppe attingere all’eredità di quanti lo avevano preceduto per poi compiere uno strabiliante balzo in avanti, rivelandosi un precursore, innovando la forma stessa dell’invenzione. Beethoven rivoluzionò i canoni stilistici attraverso la ricerca incessante di nuove forme dialettiche, costruendo un personale linguaggio espressivo, che mai prima di lui aveva posseduto tanta forza comunicativa. Una situazione di stravolgimento della consuetudine non dissimile a quella vissuta da ciascuno di noi, nel nostro tempo che la pandemia ha profondamente mutato costringendo alla reinvenzione del quotidiano.
Non a caso, la serata conclusiva della rassegna, tenutasi nel suggestivo chiostro dell’ex convento dove ha sede il Conservatorio, si è aperta con l’esecuzione di “Scultura in due blocchi”, composizione di Roberto Martinelli, classe 1990. Un brano che, sulla scia beethoveniana ma usando un linguaggio musicale contemporaneo, ha proiettato il pubblico in un tempo sospeso, straniante, che ha suggerito nuove possibili fonti di ispirazione interiore.
Il quinto concerto “Imperatore” è monumentale e richiede doti virtuosistiche unite ad espressività lirica. Aspetti sui quali ha lavorato meticolosamente il direttore Carla Delfrate, ideatrice e curatrice del progetto e, sul podio, attenta alla fedeltà al dettato beethoveniano. Un approccio onesto e intelligente, basato sulla consapevolezza che il rispetto per l’autore sia il miglior modo per porre automaticamente in luce le doti dei musicisti, esecutive e interpretative.
Risultato lusinghiero del quale gli studenti, i loro insegnanti e il direttore del Conservatorio Gianluca Pugnaloni possono andare fieri. In linea con le finalità dell’istituto e con lo spirito beethoveniano, il bis non poteva che essere uno sguardo rivolto al futuro. Tra gli applausi calorosi, un gustoso assaggio di Debussy ha traghettato sull’autore che verrà affrontato nel prossimo anno accademico.
Maria Luisa Abate
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes,
riferiti al concerto del 4 settembre 2021