La stagione Tempo d’Orchestra, al suo secondo appuntamento, ha proseguito con la costante della qualità e il valore aggiunto di un programma comprendente brani di non frequente ascolto nelle sale da concerto. La serata al Teatro Sociale di Mantova si è infatti aperta con Maurerische Trauermusik, Musica funebre massonica K477 scritta da Mozart nel luglio 1785 per le cerimonie della loggia “Alla speranza incoronata nell’Oriente di Vienna”, cui apparteneva la nobiltà austriaca dell’epoca. Tanto silenzio si è fatto in passato e tanto clamore si fa recentemente riguardo l’appartenenza di Mozart alla Massoneria, allora non segreta e frequentata, oltre che per ideali, anche per ragioni di moda o di convenienza, per avere amici influenti come ad esempio editori di musica. Non va scordato che nel Settecento la Massoneria (come sulla carta dovrebbe essere ancor oggi, se non fosse per le sette deviate) basava i suoi principi fondanti – illuministi e riformisti – sulla incessante ricerca della conoscenza, e sull’amicizia e fratellanza tra le persone. Non stupisce quindi trovare tra gli affiliati un enfant prodige della musica.

Rammarica invece che ancor oggi alcune sue composizioni facciano scalpore più per il contesto per il quale furono scritte, che non per la bellezza che sprigionano. La Musica funebre massonica è un magnifico se pur breve esempio della versatilità di ispirazione così come stilistica di cui era capace Mozart. Nonostante il titolo, di funebre il brano possiede solo il tempo di marcia solenne che gli conferisce una speciale, dolente maestosità. Il genio di Wolfgang Amadeus innestò, sopra una base attinta all’antico canto liturgico gregoriano, una vena innovativa, di inaudita modernità. Due elementi conniventi, perfettamente recepiti dall’Orchestra da Camera di Mantova, che nel corso della serata ha esternato il meglio della propria sensibilità interpretativa, ben indirizzata dal direttore Olari Elts. In questo caso, mettendo in risalto ogni sospiro mozartiano, ogni gemito dell’animo, in un contesto mai lugubre, bensì dall’atmosfera sacrale screziata dai bagliori della speranza. Ciò anche aderendo ai recenti studi, che vogliono la Trauermusik destinata non a una commemorazione luttuosa ma a una importante investitura.

Prima di ritornare su Mozart si è ascoltato il concerto funebre di Karl Amadeus Hartmann (1905 – 1963) che, in relazione al precedente, ha prodotto esiti analoghi ai celebri tagli sulle tele di Lucio Fontana, in cui la dimensione degli squarci si rapportava alla superficie nella ricerca di un concetto di spazialità. Intenti non dissimili da quelli perseguiti da Isabelle Faust, artista che si colloca ai vertici del panorama internazionale e protagonista di spicco di questo concerto. La violinista si è posta in stretta relazione con l’autore, dando un’interpretazione intensa, “vissuta” in un contesto per l’appunto di spazialità universale, di queste pagine. Hartmann fu tra i pochissimi musicisti a restare in Germania sotto il regime di Hitler pur opponendovisi decisamente. Il Concerto funebre per violino e orchestra d’archi fu composto nel 1939 come atto di protesta contro l’occupazione di Praga. Dallo straordinario strumento di Isabelle Faust sono emersi suoni di tagliente lacerazione, di buio calato come la lama di una scure sul destino dell’umanità. Si è poi passati dalla cupezza alla luce e il violino ha trovato “pacificazione”, addolcendo la sua voce fino a poco prima aspra, e conquistando leggerezza cantabilità e brillantezza nel Rondò K373 sempre di Mozart.  

Concluso l’intervento solistico, due interessanti proposte tratte dalla produzione di Haydn: la Marcia per la società reale dei musicisti, poggiata su un bell’equilibrio tra le sezioni strumentali dell’OCM, e la Sinfonia n.104 London, nella cui architettura sonora il compositore fa sfoggio di fantasioso spirito innovatore necessitante di un uso elegante e luminoso delle dinamiche, che il direttore estone ha particolarmente curato, assieme alla timbrica forbita.

Recensione Maria Luisa Abate
Ascoltato al Teatro Sociale di Mantova, stagione Tempo d’Orchestra, il 6 novembre 2021
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes