Concepita come un ‘assolo’, la mostra è la prima in un museo italiano dedicata a indagare i profondi rapporti che Leoncillo ha intrattenuto con l’antico, arcaico e classico, oltre che con i grandi maestri del rinascimento e del barocco, lungo tutto l’arco della sua trentennale attività. A Firenze, Museo Novecento presenta “Leoncillo. L’antico”, il nuovo appuntamento dedicato ai grandi maestri italiani del XX secolo che mette in luce l’interesse del grande scultore umbro Leoncillo Leonardi (Spoleto, 1915 – Roma, 1968) per l’antico, rileggendo le sue creazioni plastiche alla luce del rapporto con la grande arte del passato. Una delle più celebri opere di Leoncillo è esposta al Museo Archeologico Nazionale a sottolineare la continuità del dialogo fecondo tra arte contemporanea e passato, in questo caso con l’espressione artistica degli antichi etruschi.
Leoncillo è «uno dei grandi maestri del Novecento, artista che con coraggiosa sperimentazione ha tenuto saldo il rapporto tra l’arte umanistica e quella arcaica, aprendo ai nuovi linguaggi del contemporaneo possibilità espressive inedite, che sono state d’ispirazione alle nuove generazioni dell’Arte Povera e non solo» spiega Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento, riguardo la mostra che ha richiesto una preparazione scientifica di oltre due anni. «La Direzione Regionale Musei della Toscana ha accolto l’invito dei curatori Martina Corgnati e Enrico Mascelloni a creare un legame diretto tra le opere dell’artista e le collezioni dei musei fiorentini, per sottolineare affinità, ispirazioni, collegamenti, derivazioni tra antico e moderno» aggiunge Stefano Casciu, Direttore Regionale Musei della Toscana.
Le opere esposte dal 3 dicembre 2021 al 1 maggio 2022, una trentina fra sculture, pannelli e carte, mettono in evidenza la continuità di sguardo che attraversa tutto il lavoro dell’artista, al di là delle classificazioni più tradizionali e basate unicamente su criteri stilistici: infatti, dagli esseri ibridi e mostruosi del 1939 sino all’ultimo e celebrato decennio in cui trionfa l’esperienza della materia, attraverso la stagione neocubista (1946-1955), Leoncillo non rinuncia mai ad articolare un confronto intimo con il grande passato della scultura, non soltanto per restituire dignità al proprio materiale d’elezione, la ceramica, ridotta in genere a semplice strumento da artigiani, ma collocandosi implicitamente sullo stesso piano dei maestri e delle civiltà artistiche che l’hanno preceduto di fronte allo stesso soggetto privilegiato, l’uomo, e allo stesso dramma: la sofferenza e la morte.
LA MOSTRA
La mostra, organizzata da MUS.E, riunisce tra le altre le tre terrecotte policrome invetriate ricordate come i Mostri, creature ibride ispirate al mondo classico realizzate negli ultimi anni Trenta, l’Ermafrodito e l’Arpia, prossime agli esempi coevi della Scuola Romana, in particolare a Scipione. Seguono poi due esemplari delle note Cariatidi degli anni della guerra, insieme a opere meno conosciute, come il Tavolo e Figura che corre. Durante la stagione postcubista l’interesse per l’antico resta vivo, rappresentato in mostra dal Ritratto di Mary.
Invece il pannello del 1957, bozzetto per una grande opera monumentale realizzata a Faenza, anticipa la struttura “paratattica”, cioè sviluppata in orizzontale guardando ai sarcofagi romani tardo-antichi tipica dei pannelli ultimi, come Racconto di notte II.
Del ciclo delle “sculture orizzontali”, di notevole impegno e di dimensioni monumentali, è presente in mostra l’esemplare forse più noto, Vento rosso del 1958, caratterizzato dal modellato violento e nervoso della sua ultima produzione. Tra tutte le opere di Leoncillo, è proprio questo ciclo ampio e articolato lungo un quinquennio, a evidenziare l’influsso della statuaria romana e a anticipare una modalità di occupazione dello spazio carica di futuro. Alla “orizzontale assoluta” si alternano numerose “verticali”, esemplificate in mostra da un Sebastiano bianco e da un Taglio rosso, preceduti nell’allungamento verticale da un’opera del 1957, Colonna.
Infine, al Museo Archeologico Nazionale di Firenze è esposta una delle opere più importanti dell’ultima fase della ricerca e della vita di Leoncillo, la straordinaria Amanti antichi (1965), che rimanda dichiaratamente, nella forma e nell’organizzazione spaziale della materia, all’etrusco Sarcofago degli Sposi, conservato nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma.
L’OPERA CHE SI CONSIDERAVA DISPERSA
In occasione della mostra Leoncillo. L’antico, Galleria del Laocoonte porta in esposizione alcuni lavori di Leoncillo tra cui La Partigiana dalle Mani Ferite, un’opera che si considerava sino a oggi dispersa.
Si tratta di una scultura in ceramica realizzata nel 1943. Vivida testimonianza dell’ultima guerra mondiale, è probabile sia il ritratto di un’anonima donna che Leoncillo doveva aver visto durante il periodo in cui egli stesso fu militante clandestino in una formazione partigiana.
Galleria del Laocoonte ha contribuito anche con Sirena, ritenuta espressione dei massimi raggiungimenti dell’artista spoletino per la sua potenza espressiva e per la perfezione tecnica unita alla sua importanza storica.
C.S.M.
Fonti: Ufficio Stampa Museo Novecento e Galleria Laocoonte, dicembre 2021
Immagine di apertura: Leoncillo Leonardi, Sirena, 1939,
Collezione Galleria del Laocoonte Roma-Londra. Ph Serge Domingie
LEONCILLO. L’ANTICO
3 dicembre 2021 – 1 maggio 2022
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