È un’arte senza tempo, che valica i limiti cronologici e supera le definizioni accademiche, quella che Vittorio Sgarbi propone al Mart, di cui è Presidente, convocando un altro maestro dell’arte italiana, Antonio Canova. Vengono presentate circa 200 opere di Canova e di artisti da lui influenzati. Il ricco calendario espositivo che apre il nuovo anno al museo di Rovereto, si compone anche della mostra, sempre legata a Canova, con le foto di Luigi Spina, che sfocia in un progetto editoriale; le opere tessili di Herta Ottolenghi Wedekind, mecenate e una delle principali protagoniste della stagione delle arti decorative degli anni Venti-Trenta; le sculture di materiali effimeri come le carte da gioco e i mandala di Nicola Bolla. Completano l’offerta, alcune mostre inaugurate lo scorso autunno e ancora in corso. Inoltre, il Mart porta a Trento, alla Galleria Civica, i dipinti a olio e i disegni di un altro artista contemporaneo, Wainer Vaccari.

Antonio Canova, Ninfa dormiente, 1820, Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno (TV)

CANOVA TRA INNOCENZA E PECCATO
17 dicembre 2021 — 18 aprile 2022
Il Mart di Rovereto ha inaugurato già nel dicembre 2021 le celebrazioni nazionali per il bicentenario della morte di Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822), presentando grandi capolavori provenienti dal museo di Possagno.

Con la sua opera Canova ha incarnato l’ideale di una bellezza eterna, fondata su principi di armonia, misura, equilibrio, affermandosi come massimo esponente del Neoclassicismo italiano. Erede della perfezione della scultura greca, ha saputo interpretare le istanze di un’epoca inquieta, a cavallo tra due secoli, dominata dall’Impero napoleonico. La sua ricerca, ricca di rimandi al passato, si apre così al futuro, lasciando in eredità un ideale estetico che continua a vivere fino a oggi.

Con oltre 200 opere la mostra “Canova tra innocenza e peccato” indaga come questa eredità abbia influenzato i linguaggi contemporanei. Ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Beatrice Avanzi e Denis Isaia, presenta alcune tra le più significative esperienze artistiche nel campo della fotografia e della scultura. L’ ideale di bellezza canoviano, lungo il percorso espositivo, trova declinazioni diverse: dall’imitazione alla celebrazione, fino alla messa in discussione e alla negazione.

“Canova tra innocenza e peccato” muove da 14 capolavori provenienti dal Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno.In particolare, trovano collocazione al Mart tre marmi, tre tempere e otto tra le più famose sculture al mondo in gesso: Amore e Psiche, Ninfa dormiente, Endimione dormiente, Le Grazie, Venere italica, Maddalena penitente, Creugante e il Ritratto di Francesco I d’Austria.

Intorno a queste figure si sviluppano le intenzioni dei curatori: rivelare il canone canoviano nell’opera di scultori e fotografi contemporanei. Da un lato il permanere della tradizione, dall’altro il suo tradimento. A sottolineare l’esistenza fondante di questa ambivalenza è Amore e psiche che al Mart dà il benvenuto ai visitatori in due versioni, una classica, una contemporanea.

Nella piazza del museo al centro della fontana il pubblico incontra l’opera dello scultore Fabio Viale che da alcuni anni sovverte, tatuandoli, i capolavori dei maestri classici. La seconda è Amore e Psiche stanti, il gesso che Canova realizzò nel 1800 e che, da solo, appare al visitatore dietro lo scenografico portale d’accesso alla mostra.  

Prosegue poi, in cinque sezioni espositive, il confronto con i lavori di alcuni degli scultori attivi nell’ultimo secolo, come Leone e Marcello Tommasi, Giuseppe Bergomi, Igor Mitoraj fino ai giovani Elena Mutinelli, Livio Scarpella, Fabio Viale, le cui opere sono espressione di una ricerca che costantemente rinnova, rendendolo attuale, il canone canoviano.

Il grande ambiente centrale invita a suggestivi dialoghi tra Canova e i più grandi fotografi di nudo del Novecento. Sono presenti, tra gli altri, cinque dei celebriBig Nude di Helmut Newton;gli iconici scatti che Jean-Paul Goude fece a Grace Jones; otto capolavori di Robert Mapplethorpe. Ancora, fotografie di Edward Weston, Irving Penn, Horst P. Horst.

A questi fanno da controcanto, nelle sale successive, i fotografi che hanno perseguito ricerche di segno opposto, come Miroslav Tichý, che ha colto la verità di corpi femminili imperfetti; Jan Saudek e Joel-Peter Witkin che hanno messo in scena il corpo nei suoi aspetti più decadenti e grotteschi. Una sezione della mostra, infine, è dedicata ai fotografi che hanno prestato il loro obiettivo alla documentazione e all’interpretazione dell’arte di Canova, perpetuandone la visione ideale: i fratelli Alinari, Aurelio Amendola, Paolo Marton, Massimo Listri, Luigi Spina.
Catalogo edito da Sagep.

Luigi Spina, Amore e Psiche, 2019, Courtesy l’artista

CANOVA QUATTRO TEMPI
PROGETTO EDITORIALE. FOTOGRAFIE DI LUIGI SPINA
17 dicembre 2021 – 18 aprile 2022
Nella mostra su Canova, si innestano le fotografie di Luigi Spina che ritraggono i modelli in gesso di Antonio Canova conservati al Museo Gypsotheca di Possagno. All’intera ricerca fotografica è dedicato il progetto editoriale “Canova. Quattro tempi”, edito da 5 Continents Editions, raffinato atlante visivo composto da quattro volumi con gli scatti in bianco e nero di Luigi Spina.

Il progetto editoriale si articola in quattro pubblicazioni, ciascuna dedicata a uno specifico nucleo di modelli scultorei in gesso a dimensione reale che, nel processo creativo di Antonio Canova, assumevano un significato di tutto rilievo costituendo il momento di passaggio e di metamorfosi tra una prima fase ideativa e la vera e propria realizzazione della scultura in marmo.

Il primo volume è dedicato al dialogo tra Mito e Fede, illustrato da Spina attraverso le fotografie di Amore e Psiche, Paolina Borghese Bonaparte, Venere e Marte, Maddalena Giacente, La Pace e il Compianto di Cristo. La seconda pubblicazione, di recente uscita, si concentra sul Mito: protagoniste sono le opere Danzatrice col dito al mento, Naiade, Pio VII orante, Venere e Adone, Ebe, Endimione dormiente.

Herta Ottolenghi Wedekind, opera tessile, anni Venti, Collezione Giacomo Lorello

HERTA OTTOLENGHI WEDEKIND
IL SOGNO DELL’OPERA D’ARTE TOTALE
17 dicembre 2021 – 13 febbraio 2022
Il Mart presenta 21 opere tessili di Herta Ottolenghi Wedekind. Figlia dell’imprenditore e banchiere Paul Wedekind e moglie del conte genovese Arturo Ottolenghi, Herta Ottolenghi Wedekind (Berlino 1885 – Acqui 1953) è stata una mecenate illuminata nonché una delle principali protagoniste della straordinaria stagione delle arti decorative degli anni Venti-Trenta.

Allieva dell’artista tedesco Hans Stoltenberg – Lerche, con il quale studiò a Roma tra il 1910 e il 1912, esordì nel campo della scultura. Intorno al 1920 mise a punto un innovativo procedimento, brevettato nel 1922, per la creazione di disegni per opere d’arte applicata. Basato sulla duplicazione simmetrica di motivi astratti ottenuti mediante casuali tracciati di inchiostro, questa modalità presenta punti di contatto con le contemporanee “macchie di Rorschach” utilizzate nella psicodiagnostica. Tali forme vengono impiegate nella decorazione di arazzi, tappeti, cuscini, paraventi, stoffe per l’arredo, sia tessuti sia ricamati a mano, con i quali l’artista trionfò nelle principali esposizioni di arti decorative.

Il successo è sancito da una fitta stagione di mostre internazionali e dalle recensioni entusiastiche, dai prestigiosi premi ottenuti, nonché dai numerosi acquisti, tra i quali vanno menzionati gli arazzi comprati dal comune di Milano dopo la mostra monzese del 1923. Nel corso degli anni diverse sue opere entrarono nelle collezioni più importanti del mondo, tra cui quella del British Museum di Londra e del Metropolitan Museum di New York. Da sottolineare anche il ruolo giocato nel circuito della moda: a Monza, nel 1925, ottenne la medaglia d’oro per la XXI classe, dedicata alla moda e agli accessori per l’abbigliamento.

Affermando la totale libertà e casualità del gesto artistico, gli arazzi di Herta Ottolenghi Wedekind esposti al Mart – a cura di Giulia Gomiero, Elena Lago e Sabrina Spinazzè -rivelano sorprendenti connessioni con le contemporanee poetiche surrealiste e dadaiste, espressione di una illimitata manifestazione dello spirito in vivaci forme e colori fluttuanti.

Nicola Bolla, Mandala, 2010-2014, Courtesy Photo&Contemporary

NICOLA BOLLA
17 dicembre 2021 – 13 febbraio 2022
Il Mart presenta un nucleo di opere dello scultore Nicola Bolla. Composte con centinaia di carte da gioco, alcuni mandala, una stella e un coccodrillo, accolgono il visitatore e lo accompagnano dal piano interrato verso le sale.

La gioiosa poetica di Nicola Bolla (Saluzzo, 1963) è ispirata alle stravaganze del Barocco e del Roccocò, di cui l’artista recupera la libertà d’interpretazione e lo spirito vivace. In particolare lo sguardo dell’artista è affascinato dalle raccolte delle Camere delle meraviglie. Come gli eruditi del che tra il XVI e il XVIII secolo collezionavano preziosità, curiosità e stravaganze, duettando con la vanità, Bolla si lascia condurre dall’incanto.

L’uso delle carte da gioco evoca la costruzione di cosmi attraverso la scrupolosa e minuziosa sovrapposizione di segni, le cui combinazioni sfiorano l’infinito. Ludiche e affascinanti, le forme e le visioni di Nicola Bolla volgono le spalle all’arte impegnata, restituendo narrazioni che lasciano apparire il lato più ironico e arguto della vita.

Wainer Vaccari, Tuffatrice, 1993, Collezione privata

Galleria Civica, Trento
WAINER VACCARI
CERTEZZE SOGGETTIVE
20 novembre 2021 — 27 febbraio 2022
Più di trenta opere e un prezioso nucleo di disegni mettono in luce la continuità che caratterizza il lavoro dell’artista modenese, in bilico tra indagine psicologica e surrealtà, tra sogno e gioco, tra finzione e cronaca. La mostra presenta un significativo spaccato della produzione di Wainer Vaccari (Modena 1949): gli esordi, gli anni Ottanta e Novanta e le opere più recenti. Presenti lavori inediti provenienti da collezioni pubbliche e private.

La mostra del Mart, allestita negli spazi della Galleria Civica di Trento, a cura di Gabriele Lorenzoni, propone una rilettura del lavoro di Vaccari, che sfugge alle definizioni e si colloca in uno spazio del tutto personale, slegato dalle correnti del momento. Nonostante la profonda conoscenza della pittura dei maestri antichi e coevi, Vaccari mantiene un’autonomia che è anche solitudine, auto-esclusione dalle mode, che lo rende difficilmente inquadrabile.

In mostra, oltre trenta opere e un prezioso nucleo di disegni tracciano la parabola di una continuità che caratterizzò l’opera dell’artista dai suoi esordi negli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta, momento in cui intraprese strade differenti. Tra il 1999 e il 2015 infatti Vaccari si allontanò dal percorso di stretta osservanza figurativa fino a quel momento seguito, per farsi contaminare da ricerche ai confini dell’astrazione. Come un fiume carsico, soggetti e atmosfere dei primi decenni riaffiorano però nei lavori degli ultimi anni, a partire dal 2016, con rinnovata urgenza espressiva. La mostra si gioca sul sottile filo di questa “andata e ritorno”, nella quale è racchiusa una delle esperienze più autonome della pittura figurativa italiana contemporanea.

Significativa e meno conosciuta è la sezione dedicata ai disegni. Vaccari disegnava incessantemente e quello rappresentato in mostra è un prezioso e microscopico esempio della sua vastissima produzione. Si tratta talvolta di bozzetti e schizzi, altre di caricature, ma più spesso si tratta di idee, spunti, disegni realizzati senza una precisa finalità.

Un’altra sezione è dedicata ai ritratti maschili, posta nel piano interrato della Galleria. Come in una quadreria, gli sguardi dei protagonisti seguono in maniera quasi disturbante il passaggio del visitatore.

LE MOSTRE IN CORSO AL MART DI ROVERETO 
Tra le mostre inaugurate lo scorso autunno, proseguono “Depero new Depero” fino al 13 febbraio 2022; “Depero e la sua casa d’arte da Rovereto a New York” fino al 27 marzo 2022; “Romolo Romani. Anima e visioni” fino al 13 febbraio 2022. Per tutte, vedi notizia DeArtes qui

F.M.C.S.
Fonte: Ufficio Stampa Mart, dicembre 2021
Immagine di apertura: Antonio Canova, Venere italica, 1811,
Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno (TV)

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