Domenico Maria Papa, architetto, è stato docente universitario, funzionario del Ministero della Cultura, ed è il direttore artistico di Art Site Fest nonché l’ideatore di questo festival, di base a Torino e che si dirama nel territorio.
Una rassegna nata per porre in dialogo, e sovente in un rapporto di interazione ancora più stretto, i linguaggi del contemporaneo con luoghi carichi di storia, come dimore reali, musei, chiese, antiche corti. DeArtes ha intervistato il direttore artistico per stilare un bilancio dell’edizione 2021, che si concluderà alla fine di gennaio 2022, e per tirare le somme di un percorso che da diversi anni riscuote successo, guardando incessantemente in avanti, alle prossime edizioni.
Come si sviluppa, in Art Site Fest, il rapporto tra l’antico e le forme espressive contemporanee?
Siamo partiti nel 2015 con una mostra pensata e realizzata per il Castello di Buronzo, una dimora storica consortile nell’alto vercellese, nel mezzo della Baraggia. Era appena ristrutturato e completamente vuoto, così ci è piaciuto immaginare la presenza di artisti alla scoperta di questo luogo magnifico. Ventinove artisti da tutta Europa hanno abitato il castello per qualche giorno: musicisti, artisti visivi, performer.
Il Festival da qui in poi si è evoluto sulla pluralità delle forme espressive?
Art Site Fest è aperto a tutti i linguaggi della contemporaneità. Crediamo molto nel dialogo con le discipline. Soprattutto per le generazioni più giovani di artisti, è importante che le iniziative siano trasversali: teatro, scrittura, musica, danza… Dalla prima edizione, incoraggiati dal riscontro che abbiamo avuto e nel corso del tempo, il festival è cresciuto. Nel 2018 si è pensato alle Residenze Reali Sabaude. In quella occasione artisti visivi hanno esposto le loro opere e attori hanno realizzato dei reading, come per esempio a Venaria Reale, con Peppe Servillo ed Elena Serra.
Un cartellone di proposte pensate su misura per i diversi spazi è una delle caratteristiche fondanti di Art Site Fest?
Sì, è una sua caratteristica sin dalle origini. Chiediamo agli artisti di creare opere site specific, anche se io in realtà preferisco un’altra formula, quella del site responsive. A noi interessa che l’opera sia “sensibile” al luogo, intendendo con ciò non solo la risposta alle caratteristiche fisiche come dimensioni e spazio, ma caratteristiche percettive, come i colori e il rapporto con il pubblico. Nel caso delle Residenze Sabaude il pubblico è spesso formato da turisti e famiglie, quindi persone non “addette ai lavori” dell’arte contemporanea e noi vogliamo stimolare la loro curiosità.
Arte contemporanea quindi scelta in base alla sua accessibilità?
Stiamo attenti che si tratti sempre di opere non troppo “criptiche”. L’arte contemporanea viene percepita spesso come fredda e concettosa. In Art Site invece cerchiamo opere che sappiano instaurare un dialogo ampio, al di là di una lettura professionale e critica.
Un esempio?
Aron Demetz, un artista che riprende la tradizione figurativa antica in linguaggio contemporaneo. Di Demetz abbiamo esposto opere alla Palazzina di Caccia di Stupinigi e nella Basilica Paleocristiana di Nuvola Lavazza.
Come si è svolta l’edizione 2021, che si concluderà agli inizi del 2022?
Siamo partiti il 28 agosto 2021 a Le Vallere, un parco urbano sul fiume Po, tra Moncalieri e Torino. Qui abbiamo sviluppato un percorso immersivo, con le letture dell’attrice Sara D’Amario. Un tragitto nel bosco, anche attraverso QR code, in cui si è immaginato che gli alberi parlassero agli uomini sulla necessità di preservare la componente verde del pianeta. Questa edizione di Art Site chiuderà il 28 gennaio 2022, con le ultime due mostre nei musei d’impresa.
Tra le tappe più significative di Art Site 2021, ha trovato posto anche la danza…
Agli inizi di settembre, abbiamo proposto una rassegna di due giorni al Castello Reale di Govone con Brancaccio danza, una collaborazione che porteremo avanti il prossimo anno. Alle Compagnie dal Brancaccio e si è aggiunta una call di video danza. Artisti da tutto il mondo ci hanno inviato dei video che raccontavano il loro lavoro.
Avete allargato il vostro raggio d’azione geografico?
Quest’anno in Valle d’Aosta, al Castello di Ussel, si è tenuto il reading dell’attore Toni Mazzara “Jan della balena”, l’incontro immaginario fra Albrecht Dürer e un giovane aspirante pittore. Tutta l’arte è sempre contemporanea. Nel leggere e studiare l’arte del passato troveremo sempre stimoli e idee interessanti per il nostro presente. Non è necessario, anzi, a mio parere, è dannoso applicare una cesura netta come quella proposta dalle ideologie delle avanguardie.
A seguire, in collaborazione con il FAI, una prima volta assoluta nei due Castelli della Manta e di Masino, dove si è tenuto un reading di Sara D’Amario sulle donne che hanno contribuito a grandi scoperte scientifiche, o artefici dello sviluppo della letteratura.
Il Festival è aperto anche alla musica?
Nella Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, il 30 ottobre, è risuonato uno Stabat Mater del Faber Teater particolarmente emozionante. Una trascrizione da musiche antiche, in latino, volgare, lingue romanze. Era interpretato da sole voci e basato su uno studio del luogo. Gli attori-cantanti si muovevano all’interno dello spazio, in mezzo al pubblico, e usavano l’abbazia come cassa di risonanza. Era una sorta di rito, anche in questo caso un ritorno all’antico: i cori medievali tenevano sempre conto dell’acustica e delle caratteristiche dei luoghi.
Il luogo quindi, per Domenico Maria Papa, non dovrebbe essere un contenitore dialogante, ma un attore co-protagonista dell’arte?
È interessante restituire a taluni luoghi delle forme d’arte che mettano in causa le loro qualità. Questo anche in funzione di una piccola polemica che mi piace sollevare nei confronti delle abitudini correnti nell’arte contemporanea. Quest’ultima, purtroppo, fa a meno dei luoghi: un’opera può essere esposta a New York, Parigi, Los Angeles, in Cina…. I musei, per l’arte contemporanea, adottano comuni condizioni spaziali asettiche, ambienti neutri ininfluenti per l’opera stessa. Fino alla fine dell’800 abbiamo straordinari esempi di “arte collocata”, pensata e realizzata per luoghi specifici. Si componeva musica per alcune sale e pittura per delle chiese. La scultura era inconcepibile a prescindere da una collocazione architettonica.
Con la fruizione dell’arte via web e digitale, questo processo si è accelerato, non esiste più nemmeno uno spazio fisico nel quale percepire le caratteristiche di un’opera. Al di là della polemica culturale, è perciò interessante tornare ai luoghi e alle loro particolarità, come facevano i committenti di un tempo. Per Art Site procediamo in questa direzione.
Così è accaduto, per citare un altro esempio, con Regio Contemporaneo…
È stata una mostra fatta utilizzando i materiali d’archivio del Teatro Regio di Torino. Immagini di scenografie e di allestimenti scenici realizzati al Regio da artisti contemporanei quali Paladino, Paolini, Botto e Bruno, insieme alle creatività che vengono dalla lirica, come Livermore, e che guardano in maniera forte al presente. L’incrocio tra arte e opera ha prodotto molto materiale – foto, bozzetti, disegni, soprattutto costumi – che abbiamo “rimesso in scena” nelle sale espositive dell’Archivio di Stato. Esiste anche una contiguità fisica tra i luoghi, perché l’Archivio di Stato e il Teatro Regio prospettano sulla stessa piazza.
Quali sono i linguaggi che Art Site percorrerà prevalentemente in futuro?
Stiamo andando sempre più verso il performativo. Nel prossimo anno ci sarà più teatro, più danza, più eventi live. La pandemia ha penalizzato molto il teatro e la danza: penso sia nostro compito recuperare il terreno perduto.
Proseguirà l’incontro fra artisti che hanno substrati formativi diversi, e che si traduce quindi in un incontro tra popoli e culture?
L’incontro tra artisti di tutto il mondo è molto importante. All’Heritage Lab di Italgas abbiamo avuto opere provenienti da tutto il mondo: India, Giappone, Canada, Sud Africa, Croazia, Francia, Inghilterra… Il tema della mostra fotografica era il rapporto con la natura e con il pianeta. A introdurre l’esposizione è intervenuto il meteorologo Luca Mercalli. Non tutti erano fotografi professionisti. Mi piace citare il medico indiano, che la domenica va in giro a fotografare il paesaggio. Oppure il fotografo giapponese che ha iniziato a fotografare dal disastro di Fukushima, quando si è reso conto che il paesaggio è un elemento che può improvvisamente cambiare, anche in modo drammatico.
Il tema 2021 era Closeness, ossia vicinanza. Come lo avete declinato? Il festival, oltre alla presenza fisica, ha anche un approccio virtuale?
Il supporto virtuale è sempre in funzione di qualcosa che viene dal vivo. L’essenza del festival è nei luoghi dell’incontro. Il tema di quest’anno era la prossimità, ciò di cui abbiamo sofferto negli ultimi mesi a causa della pandemia, ma non ci sono cultura e progresso culturale se non c’è una prossimità fisica. Si comunica attraverso i gesti e il contatto fisico, che sono necessari. Io vedo il pericolo che si possa immaginare una produzione artistica spostata tutta sul digitale. Con Art Site abbiamo esplorato la videodanza che però è altro rispetto alla danza. Per il prossimo anno stiamo immaginando una produzione di danza immersiva, che non avvenga su un palco, davanti al pubblico seduto, ma inserita nello spazio, giocando proprio su distanza e prossimità, in sicurezza. Così, quello che è un limite può diventare una opportunità creativa.
Come si è inserito il festival nel fermento culturale torinese in particolare?
Torino è una città molto vivace, ricca di mostre, festival, attività con alcuni capisaldi come Artissima, il Salone del Libro, il Teatro Regio… Con Art Site siamo presenti ad Artissima: presentiamo il progetto assieme agli artisti dell’edizione in corso. Abbiamo un rapporto consolidato con Torino Musei. In passato, abbiamo collaborato con il Museo Egizio.
E quale è il vostro rapporto con le realtà imprenditoriali cui accennava poc’anzi, la connessione tra cultura e impresa?
Abbiamo avviato una linea di lavoro con alcuni musei d’impresa. Con il Museo Storico della Reale Mutua, oppure con Casa Martini. Quest’anno abbiamo Heritage Lab di Italgas e per la seconda volta il Museo Lavazza.
La Nuvola Lavazza è uno spazio straordinario, dove la struttura contemporanea si innesta sui ritrovamenti archeologici di una basilica paleocristiana…
Uno straordinario museo diretto da Marco Amato, una persona di grande sensibilità: In questo ambito abbiamo presentato quest’anno due interventi: una installazione dello scultore Carlo d’Oria (vedi notizia DeArtes qui), un’altra installazione immersiva di Project-To (vedi il dettaglio qui), un duo multimediale autore di un percorso intitolato Mormoranti. Il visitatore che attraversa gli spazi della basilica sente delle voci che pronunciano frasi sul tema della prossimità: il rapporto tra le persone, l’abbandono, lo stare vicini o lontani. In Projec-To c’era l’idea di avvicinare generazioni molto distanti, quella contemporanea e quella remota degli abitanti di quel luogo nel II secolo.
Tiriamo le somme dell’edizione 2021, che sta per concludersi alla fine di gennaio 2022, con risultati lusinghieri…
Negli anni siamo cresciuti: 12 sedi rispetto alla precedente edizione che aveva 9 sedi e a quella ancora prima con 7. Sono stati 32 gli artisti visivi, e la rassegna di danza ha coinvolto circa 40 artisti: una massa critica creativa abbastanza importante.
State già lavorando alla prossima edizione ASF 2022? Può fare qualche anticipazione circa il tema o la linea curatoriale?
Posso anticipare, come dicevo, che ci saranno più live, con danza, teatro, performance. Poi, l’idea è di uscire fuori dal Piemonte. Il tema del prossimo anno avrà a che fare con l’ascolto e il sentire in generale. Il visitatore come entità percettiva sarà al centro dei nostri interessi.
Per concludere, Domenico Maria Papa, curatore di mostre e autore di pubblicazioni a tema artistico, quali progetti sta portando avanti in prima persona?
Ho più cose nei cassetti che fuori dai cassetti! Abbiamo inaugurato una mostra a Valenza Po dal titolo “Fragile Bellezza” (vedi notizia DeArtes qui), dove artisti contemporanei sono stati messi in rapporto con aziende orafe di assoluto prestigio e realtà artigianali che si sono impegnate a realizzare le opere proposte. Tutto il lavoro è incentrato sul tema della fragilità della bellezza, nonostante vengano impiegati materiali durevoli come oro, argento, bronzo, per riflettere sul fatto che la bellezza sta nell’occhio di chi guarda ma anche nella sapienza di chi realizza l’opera.
Un’attività alla quale dedico molte energie è quella editoriale. Con le edizioni Teca pubblichiamo i cataloghi di Art Site come quello della mostra Regio Contemporaneo e, in uscita, quello della mostra all’Heritage Lab. Attraverso l’attività editoriale cerchiamo di lasciare una traccia durevole nel tempo del lavoro fatto.
Intervista di Maria Luisa Abate per DeArtes
Dicembre – Gennaio 2021