Un ensemble formato da straordinari musicisti cui si è aggiunto un altro protagonista di prima grandezza. Maurice Ravel e Franz Schubert, con un bis riservato a Wolfgang Amadeus Mozart, sono stati gli autori affrontati dal pluripremiato Quartetto Prometeo –Giulio Rovighi violino, Aldo Campagnari violino, Danusha Waskiewicz viola e Francesco Dillon violoncello – assieme a Enrico Bronzi, violoncellista al top della scena internazionale, che suona uno strumento Vincenzo Panormo del 1775.
La serata è iniziata con il Quartetto in fa maggiore che il compositore francese Otto-Novecentesco aveva dedicato al suo maestro Fauré, poi, con il “rinforzo” di Enrico Bronzi, è seguito il Quintetto in do maggiore op 163 D 956 dell’autore austriaco, esponente del romanticismo Sette-ottocentesco. Una proposta, lo si è percepito distintamente, frutto di un accurato lavoro di studio, alla ricerca di un suono basato sull’indagine del dettato tanto meticolosa quanto argentina. Un esito in cui l’acutezza di visione è andata di pari passo con il rigore analitico; caratteristiche che, entrambe, hanno poggiato solide basi sulla tecnica sopraffina. Un’interpretazione che ha colpito per la moltitudine di particolari forbiti emersi limpidamente all’ascolto.
Tale approccio era doveroso soprattutto verso questo Quartetto, nel quale gli influssi impressionisti che solitamente vengono attribuiti a Ravel e che alimentano l’espressività timbrica d’insieme, vengono dal compositore posti in subordine per tornare e reminiscenze della tradizione preesistente, e virare verso una costruzione sonora nettamente delineata dal punto di vista strutturale. Un Ravel, quindi, votato alla razionalità, aspetto che il Quartetto Prometeo ha posto specchiatamente in risalto.
Il Quintetto prescelto è riconosciuto come uno dei massimi capolavori cameristici di Schubert, che perciò ha tratto grande beneficio dall’acustica del Teatro Bibiena di Mantova, nell’ambito della Stagione concertistica “Tempo d’Orchestra”. Al compositore è riconosciuta una fantasiosità e un lirismo tipici del gusto romantico che, uniti alla ricchezza melodica, trovano collocazione ideale nella ineccepibile perfezione formale sulla quale hanno puntato massimamente i musicisti. La natura della ricerca intimistica di Schubert, nella visione degli interpreti, si è tramutata in un viaggio interiore e privato, in una ricerca di approfondimento personale della quale gli spettatori sono stati privilegiati e consapevoli testimoni.
Recensione Maria Luisa Abate
Visto a Mantova, al Teatro Bibiena, per la Stagione Tempo d’Orchestra, l’8 febbraio 2022
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes