A Mantova, una serata di monologhi in occasione della consegna del Premio Arlecchino d’Oro all’attore e regista.
Tecnica e magia: questo è l’abbinamento vincente per un attore, secondo Giancarlo Giannini. «Non datemi un premio alla carriera. Me ne danno da 30 anni, come se dovessi scomparire domani. Alla carriera non lo voglio!» si inalbera scherzosamente, adorabilmente e fintamente burbero come un Arlecchino contemporaneo, mentre dà il “la” alla prima di molte risate. Il Premio intitolato alla celebre Maschera, istituito dalla Fondazione ‘Artioli’, è conferito ad artisti di prima grandezza che, come suggerisce il nome, vivono il teatro con onestà e vestendone i panni multicolori. «Il teatro è la mia vita» asserisce facendosi serio l’attore e doppiatore, regista cinematografico e teatrale, la cui fama travalica i confini nazionali: da un premio a Cannes alla candidatura all’Oscar, fino a una stella che brilla sulla Walk of Fame, per citare solo pochi dei numerosi e prestigiosi riconoscimenti da lui ricevuti (per la motivazione dell’Arlecchino d’Oro vedi notizia DeArtes qui).
Fin dall’esordio, la serata lascia ben sperare in un corso differente dal solito recital di poesie. Così è. Molta improvvisazione e una buona dose di ironia, oltre ai succitati elementi indispensabili: la tecnica attoriale consapevole e agilmente padroneggiata unita alla capacità, un po’ frutto del mestiere e un po’ connaturata, di creare la magia utilizzando, in questo caso unicamente, quello strumento impareggiabile che è la voce, la parola.
L’incontro con i giornalisti e lo spettacolo serale iniziano con il quarto d’ora di ritardo accademico. Alla stampa è riservato un tempo stringato per porre domande. Bravo! L’attore deve vivere sul palcoscenico (o sul set), se no l’incanto svanisce. Si intuisce subito che Giannini non indossa una sovrastruttura impaludata ma è piacevolmente rilassato. Un clima amichevole e colloquiale tanto che gli scappa, più volte, un sostantivo di schietto interloquire che, uscito dalle sue labbra, suona come un trasferimento temporale di verace spirito arlecchinesco. Inizia subito a lamentarsi bonariamente della serata, fissata il 25 marzo, Dantedì, giorno che l’intera Italia dedica al Sommo Poeta, mentre lui si trova appiccicato addosso un programma shakespeariano, peraltro tra i suoi must. Di buon grado onora l’impegno, aggiungendo altri autori e altri soggetti: Pablo Neruda, Cecco Angiolieri, Wiliam Blake e Pier Paolo Pasolini, di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita (per le celebrazioni a Bologna e Roma vedi notizie DeArtes qui e qui).
Poi Amleto, Jago, Ariel… Litiga con i fogli, ne perde uno e un finale resta in sospeso. Che importa? Il registro della voce muta camaleonticamente perché altri personaggi incalzano, urgono. Arriva uno strepitoso Giulio Cesare che, azzardando una classifica impossibile, è il momento più alto dello spettacolo. E che, per la foga espressa, lo lascia quasi afono. Ciò diventa prontamente occasione per altre battute spiritose sulla necessità che gli sia portata dell’acqua. Ed ecco sgorgare lo stupefacente dialogo tra Romeo e Giulietta, dove ovviamente Giannini è sia l’uno che l’altra, con quella ostentata nonchalance interpretativa che solo un grande può permettersi.
Giannini è attorniato da pochi riflettori, sul cui posizionamento invero avremmo qualcosa da eccepire, e lo accompagnano due musicisti (assente il terzo per covid): il mantovano Stefano Maffizzoni al flauto e Andrea Candeli alla chitarra, munito pure di una inutilizzata chitarra/liuto oggetto di una divertente gag. Il chitarrista, supportato dal proprio spirito emiliano allegro e dalla vasta esperienza in contesti analoghi, funge anche da “spalla”, elemento indispensabile al teatro comico. Candeli interloquisce alla pari e fornisce occasione per le battute che Giannini incessantemente inanella tra prosa e poesia, tra personaggio e personaggio. Condizione che permette al pubblico, entusiasta per la piega inusuale presa dallo svolgimento, di assaporare la sua duplice anima artistica: l’attore pronto a vestire i panni voluti dal drammaturgo, e il regista, istintivamente portato a dirigere quanti si trovino sul palco. Compresi i suoi premiatori.
A chiusura della serata e della Stagione Mantova Teatro, in un clima sempre leggero, si svolge la cerimonia di consegna dell’ambita statuetta da parte del Sindaco di Mantova Mattia Palazzi, del Presidente di Fondazione ‘Artioli’ Francesco Ghisi e della Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Simona Brunetti. Relativamente poche le chiamate alla ribalta, conclusesi quando il protagonista, scatenando l’ultima risata, saluta gli astanti facendo con le dita il gesto di infilzare sulla forchetta gli spaghetti.
Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Sociale di Mantova, per la Stagione Mantova Teatro, il 25 marzo 2022
Contributi fotografici Francesco Consolini
Giancarlo Giannini è stato nel novembre 2021 al Teatro Filarmonico di Verona, per la rassegna Idem. Vedi recensione DeArtes qui