A poco meno di un mese dalla Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, proseguono le iniziative di riflessione pubblica su un tema purtroppo ancora attuale, drammaticamente all’ordine del giorno.
I temi di drammatica attualità vanno affrontati anche in ambito culturale. L’ACCADEMIA DISCANTO ha celebrato il Natale confermando il proprio impegno sociale. A poco meno di un mese dalla “GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE” è stata sollecitata una riflessione pubblica sul tema “LE DONNE E IL DOLORE”: titolo tratto dall’ultima fatica letteraria di Eleonora Giovannini. La galleria allestita dal fotografo Michele Dolci al primo piano di Villa Vecelli Cavriani di Mozzecane, con immagini crude ed emblematiche ha accompagnato l’approfondimento degli esperti, che hanno stilato un quadro complesso affrontando gli aspetti giuridici, di assistenza e di intervento, in risposta ai casi veri narrati nel libro.
La difficoltà di far recepire il messaggio; la necessità di far conoscere gli strumenti di cui dispongono quanti siano preposti a dare aiuto o che si trovino a chiederlo; l’importanza di vincere la reticenza nel denunciare gli aguzzini che, sovente, sono persone care, si devono tradurre in cultura e prevenzione. Questo l’esordio del giornalista Alberto Piastrellini che, nel ruolo di moderatore, si è interrogato su quanto il sopruso del “maschio alfa” affondi radici ancestrali. Provocazione o verità? Entrambe e molto altro, come è emerso nel corso del dibattito che ha coinvolto in un’attenta discussione il folto pubblico, tra cui figuravano operatori sociali e protagoniste di tragiche vicende. Dalla violenza verbale allo stalking fino ai casi più gravi di femminicidio, diversi sono gli strumenti per intervenire. L’ordinamento legislativo negli ultimi anni ha subito profondi mutamenti in ambito etico e sociale, illustrati nei dettagli dall’Avv. Nicola Avanzi, il quale ha citato le sempre più frequenti implosioni all’interno della coppia, così come l’aumento delle problematiche legate alle diverse religioni professate dai coniugi, oltre a una serie di fenomeni “striscianti”.
Il paradosso è che gli autori di questi reati non tendano a nascondersi, ma ne rivendichino addirittura la paternità, come atto di giustizia. Recentemente è stato introdotto il cosiddetto delitto di stalking, riferibile sia all’uomo che alla donna: atti persecutori che assumono contorni più profondi rispetto alle “semplici” molestie; inoltre un reato specifico per le pratiche di infibulazione. Il femminicidio è il drammatico esito di un’escalation di abusi fisici e psicologici che portano a rendere l’“effetto violenza” come ineludibile.
Dopo essere stata considerata solo un’offesa al costume fino a un passato recente, la violenza sessuale è finalmente diventata reato contro la persona e reca, come effetto, l’allarme sociale. Se il potere mediatico non viene utilizzato correttamente, il rischio è da un lato l’effetto emulativo; dall’altro una reazione di estraneità, in cui ciascuno pensa che tali eventi non si possano verificare all’interno della propria famiglia, ma solo in quella degli altri. Il microfono è passato al Maggiore Fabrizio Massimi, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Villafranca di Verona, al quale è spettato un inquadramento di tipo operativo, dai metodi preventivi all’elencazione degli strumenti atti a infondere coraggio nella denuncia. Ci si può infatti sentire vittime due volte, per la violenza e per la mancata assistenza, cui le Forze dell’Ordine sono addestrate e tenute per legge, anche sollecitate da altre realtà cui è possibile fare ricorso: Telefono Rosa con il numero 1522, i presidi socio sanitari, il Pronto Soccorso, i consultori, le Case Rifugio aperte ventiquattr’ore ore su ventiquattro per donne e bambini, in anonimato.
Tutt’ora risulta difficile denunciare la violenza subita, sottile, disgregante, psicologicamente distruttiva, che genera l’identificazione in un agnello sacrificale predestinato. Il libro “Le donne e il dolore”, con un linguaggio ibrido tra l’indagine giornalistica e il saggio, non privo di musicalità poetica, narra una quindicina di storie vere. C’è un paragrafo dedicato alla “nostalgia dello stalker” dove si spiega come la vittima, generalmente una donna, si trovi a essere progressivamente prosciugata della propria autostima, creda di essere stupida, senza talenti, di non valere, di non poter vivere senza lui, fino a essere convinta che sia propria colpa l’aver provocato l’aggressività, il non aver capito l’uomo. La pubblicazione si interroga anche sull’incapacità del mondo di leggere ciò che accade alle persone oggetto di soprusi, anzi di riversare loro addosso una serie di corresponsabilità e, invece di ascoltare e capire, le scruta, le critica. L’autrice Eleonora Giovannini, lei stessa coinvolta in prima persona, ha paragonato la sofferenza della donna a quella di Cristo sulla Croce, che non è solo Colui che soffre, ma che sceglie di soffrire. Il dolore è una condizione derivante da un fattore esterno e rimanda a un alcunché di fisico; mentre la sofferenza è più ampia, abbraccia la mente e lo spirito e può essere autoprodotta perché, come insegna Madre Teresa di Calcutta, attraverso essa impariamo, capiamo i nostri simili. La sofferenza porta all’amore verso il prossimo. In questo senso la persona oppressa cresce, intraprende un percorso interiore, non privo di effetti devastanti. Molti perseguitati sono borderline, presentano disturbi del comportamento, hanno incubi la notte, non riescono a intessere relazioni, hanno paura di sé e degli altri. Alcuni sviluppano un tumore o un infarto, per eccesso di dolore. Ma le vittime, conclude Giovannini con un sorriso, sono sempre esempio di bellezza eclatante per la riscoperta dell’amore: sanno risollevarsi, possiedono una luce propria e la sanno ridare.
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