Con il restauro riemerge il colore di Paolo Veronese. Nella Basilica di Monte Berico si ammira di nuovo la grande tela cinquecentesca, che nell’800 fu sezionata in 32 pezzi dai soldati austriaci.

Un restauro accurato e impegnativo ha riportato a nuova vita la “Cena di san Gregorio Magno”. Nella tela realizzata nel 1572, 450 anni fa, grande 40 mq, è riemersa la gamma cromatica vivace distintiva del pittore Paolo Veronese, insieme alla combinazione di luci e ombre, alla giustapposizione delle campiture di colore dove si possono distinguere anche le singole pennellate, in particolare apprezzabili sui volti e sui panneggi.

Rimozione della vernice del volto

L’opera ha una storia travagliata: fu lacerata in 32 pezzi dai soldati austriaci il 10 giugno 1848 durante la prima guerra d’indipendenza. Ricomposta qualche anno dopo dal pittore veneziano Andrea Tagliapietra, fu restaurata nel 1973 da Antonio Lazzarin.

Realizzata nel 1572, è l’unica tra le famose Cene del pittore veneto a essere ancora conservata nel luogo per il quale fu creata, il refettorio della Basilica di Monte Berico. È considerata uno dei capolavori della maturità del Veronese, primario esponente del Rinascimento italiano e, insieme a Tiziano e al Tintoretto, della pittura veneziana cinquecentesca.

I lavori di restauro, a cura di Valentina Piovan con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle Province di Verona, Rovigo e Vicenza, sono stati avviati nell’ottobre 2019 per una durata prevista di due anni. La pandemia ha fatto slittare la conclusione a maggio 2022. L’intervento è stato generosamente offerto da Intesa Sanpaolo in occasione dei 30 anni di “Restituzioni”, il progetto che, avviato nel 1989 proprio a Vicenza, e oggi esteso a tutte le regioni italiane, ha permesso di restaurare oltre 2000 opere del patrimonio italiano (mostra Restituzioni a Napoli vedi notizia DeArtes qui).

La Cena di san Gregorio Magno adorna la parete di fondo dell’antico refettorio del Santuario di Santa Maria di Monte Berico, luogo di culto custodito dall’Ordine dei Servi di Maria e visitato ogni anno da milioni di pellegrini.

Cristo dopo la stuccatura
Cristo dopo il restauro (foto di Matteo De Fina, Venezia)

Per restaurare il dipinto, di dimensioni monumentali (4,68 per 8,61 metri), è stata necessaria la rimozione, particolarmente complessa, dalla sede originaria. L’opera è stata studiata sia da un punto di vista storico-conservativo, attraverso il controllo delle fonti documentarie, iconografiche e il confronto con altre opere dell’autore, sia da un punto di vista scientifico, con indagini chimiche e fisiche a supporto dell’intervento di restauro.

Il grande telero è realizzato mediante la cucitura di quattro fasce di tessuto di lino con quella superiore suddivisa in tre pezzi. Il colore è stato steso a pennello, impastato con olio di lino su una preparazione molto sottile composta da gesso e colla. Fra le scoperte del restauro appena terminato, l’utilizzo di diverse qualità di tessuto nel dipinto: un tessuto a trama più fine nella fascia dedicata ai volti, necessario a Veronese per una maggiore definizione nei dettagli. I pigmenti sono caratteristici della tavolozza del pittore: la malachite e l’azzurrite che Veronese predilige, l’orpimento, il vermiglione e le lacche rosse, ma anche colori di natura vetrosa come il giallo di piombo e stagno di tipo II e lo smaltino.

C.S.M.
Fonte: Ufficio Stampa,10 giugno 2022
Immagine di copertina: Dettaglio centrale dopo il restauro
foto Matteo De Fina Venezia

Dopo il restauro (foto di Matteo De Fina, Venezia)
Prima del restauro (foto di Valter Maino)
Dopo la rimozione di vernice e ritocchi dell’intervento precedente (foto di Stefano Baldin)