Un lunghissimo serpentone si snoda da piazza Castello fin sotto il portico di palazzo Ducale. Il fatto che la coda per due comici batta in estensione quelle, pur lunghe, riservate a esponenti del pensiero, della politica, dell’informazione, della letteratura, dovrebbe far riflettere. La tensostruttura straripa. Del resto, i conduttori radiofonici della mitica trasmissione di Rai Radio 2 “Il ruggito del coniglio” hanno un pubblico di affezionati ultras. Le grida bravi fioccano prima ancora dell’inizio, sulla ultraventennale fiducia, mentre gli spettatori incassano contenti gli appellativi di debosciati e scioperati, per essere lì a divertirsi, dopo un eroico percorso sul cremolato, l’acciottolato “che induce alla selezione naturale”.
Marco Dose e Antonello Presta sono gli eredi indiscussi dell’epoca in cui far ridere era un’arte riservata ai pochi che la sapessero praticare. Sono gli eredi di Enrico Vaime, un pezzo vivente di storia della commedia italiana, che sostiene che è difficile avere fiducia in se stessi conoscendosi a fondo; di Marcello Marchesi, un pezzo scomparso di storia della commedia italiana, che spiegava che l’importante è che la morte ci colga vivi; di Achille Campanile, scrittore ammirato da Pirandello e Montale il quale affermava che il segreto per andare d’accordo con le donne è avere sempre torto.
I fedeli compagni d’avventura Attilio di Giovanni alla tastiera e Max Paiella al canto intonano, seguiti dal pubblico in coro, la colonna sonora composta da Guido e Maurizio de Angelis, sostituendo il grido Sandoka-a-n con Mantov-a-a. Città che diede i natali al famoso motore di ricerca Virgilio; a Rigoletto da non confondersi con Enrico Letta; a Nuvolari, che mai avrebbe pensato che la sua Alfa Romeo un giorno sarebbe diventata di proprietà di Lapo Elkann. La conigliomania impazza. Gabriel Garcia Marquez viene accostato ai Ricchi e Poveri, il che allarga gli orizzonti sul concetto di letteratura. Dose e Presta ricordano che il tema di Festivaletteratura di quest’anno è “Frontiere”: una delicatezza nei confronti di Salvini, e citano i libri che hanno contribuito alla formazione di tutti noi: “I ragazzi della via Pal”, il catalogo Postalmarket, le ricette di suor Germana, le istruzioni del DVD Panasonic. Il risultato è che leggere è importante, e lo conferma il patron del Festival Luca Nicolini che rischia la lussazione della mascella per il troppo ridere. I Conigli si aggirano tra il pubblico e lo apostrofano: avete mai finto di leggere un libro per rimorchiare? Molti ammettono il misfatto.
Max Paiella torna sul palco nelle vesti di uno dei suoi più celebri personaggi, Vinicius Du Marones, cantore degli oggetti tristi, del centro tavola all’uncinetto, della gondola di Venezia, della saponetta con appiccicato il pelo d’ascella (se ti va bene) e intona la canzone “Zanzara amara su crema di uovo scaduto”. Siamo al surreale, a quello stesso genere dell’assurdo che nella storia del teatro ha trovato esponenti di inscalfibile serietà. I Conigli insegnano che non vi è differenza tra dramma e ironia: a cambiare, sono gli occhi con cui si guarda il mondo.
Resoconto Maria Luisa Abate
Visto a Festivaletteratura Mantova il 5 settembre 2018
Foto MiLùMediA for DeArtes