Ha regalato emozioni e la voglia di far correre la fantasia, lo spettacolo che ha visto come principale protagonista Eleonora Abbagnato. E ha rappresentato l’amore in forma allargata, visto sotto luci caleidoscopiche e inedite. Anche una delle più celebri eroine shakespeariane è stata reinterpretata in termini inconsueti: una Giulietta bambina che, sgusciando dentro e fuori dalla casetta costruita con le lenzuola accanto al letto, sognava a occhi aperti immaginandosi già grande a vivere una romantica storia d’amore.

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Giulietta adulta e Giulietta bambina: all’artista vanto della danza italiana, direttrice della Compagnia di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma e già étoile dell’Opéra di Parigi, si è così affiancata la figlia Julia Balzaretti, la quale ha condiviso il palcoscenico alla pari con la celebre mamma, interagendo con lei sotto il profilo interpretativo ed emozionale. Se sono frequenti i debutti simbolici della prole impegnata in mere comparsate, non è stato questo il caso. Julia, dieci anni, ha retto professionalmente la scena per lungo tempo, con stupefacente scioltezza ed espressività matura, riscuotendo apprezzamenti sinceri e meritati. A trasportare la piccina su una bicicletta retrò, in giri a tondo che come lancette d’orologio hanno scandito il trascorrere del tempo, l’amico immaginario impersonato da Simone Repele.

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Eleonora Abbagnato al solito splendida, armoniosa, flessuosa e morbida, tanto leggera nelle movenze quanto intensa nell’interpretazione di Giulietta adolescente e fresca (Shakespeare indica una quattordicenne), sorridente felice e innamorata come può essere solo nelle fantasie di una bambina. Ad affiancarla, Sasha Riva nei panni del sedicenne Romeo, elegante, dal fascino contemporaneo, teneramente affettuoso.

Giulietta è stato il momento conclusivo della produzione di Daniele Cipriani Enterteinment; spettacolo che ha presentato molti punti di forza tra cui la colonna sonora, nella quasi totalità eseguita dal vivo da due pianisti di grande valore, Marcos Madrigal e Alessandro Stella, impegnati in magnifiche trascrizioni per due pianoforti (di Otto Singer, e, per Giulietta, di Karl Klindworth) travolgenti e necessitanti di non comuni doti virtuosistiche.

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La serata, alla quale si può solo imputare una eccessiva brevità, a fronte della lunghezza dei quadri in cui era suddivisa, ha narrato l’amore nelle sue diverse esternazioni, da quello tra uomo e donna a quello tra persone dello stesso sesso, come messaggio di pace globale. L’intermezzo coreografico Blanc et noir ha visto la dicotomia di opposti chiaroscurali destinati ad attrarsi, svolta da Simone Repele e Sasha Riva (Rive & Repele, già Gran Teatro di Genova), alla quale hanno inizialmente partecipato con movimenti danzati anche gli eclettici pianisti. Blanc et noir, musicato da Chales Ives e ritornato una seconda volta come un refrain, ha trovato corrispettivo coloristico in Le rouge et le noir, su musiche di Hector Berlioz, che ha visto Eleonora Abbagnato e Michele Satriano (primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma) protesi a esplorare l’interiorità dei personaggi sia pure nel breve tempo del pas de deux.

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Il programma è proseguito seguendo la scia tematica costituita dal succedersi di colori quali espressioni emozionali, con il magnifico, coinvolgente Rainbow. Love & peace che, come anche Giulietta, è stato presentato al Teatro Romano nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese in prima assoluta. La coreografia di Giorgio Mancini ha utilizzato, traducendola estrosamente in passi di danza, una tavolozza sprigionante tinte vivaci, esternate anche nei costumi lineari di Anna Biagiotti. Anche, ma non solo. Perché il tema multicolor, quell’arcobaleno che dava il titolo al pezzo ispirandosi alla rainbow flag identificativa del movimento LGBT (la bandiera originale si trova al Museo Moma di New York), ha celebrato l’amore universale, sganciato da confini quali la rivalità tra le casate dei Capuleti e dei Montecchi come in Shakespeare, o la diversità di etnia come in Leonard Bernstein. Il balletto infatti si è dipanato sulle note delle danze sinfoniche da West side story, utilizzate come chiave d’accesso a sentimenti d’amore scaturiti da elementi naturali, quali la luce e la natura, oppure da condizioni del corpo e dello spirito, come la salute e la serenità. Impegnati in questo lungo susseguirsi di quadri, Davide Dato (primo ballerino dell’Opera di Vienna), Tommaso Beneventi (Balletto Reale Svedese), Lorenzo Alberti (Ballett X Schwerin – Mecklenburgisches Staatstheater), Vsevolod Maievskyi (già Teatro Mariinsky di San Pietroburgo), nuovamente Michele Satriano e la presenza femminile rosso fuoco di Rebecca Bianchi (étoile Teatro dell’Opera di Roma).

Con Bernstein, la trascrizione per due pianoforti di John Musto ha raggiunto l’apice musicale, confermandosi essere un elemento chiave, protagonista al pari dei danzatori. Un’assoluta delizia per le orecchie che essa sola (ma non solo questa) valeva l’intera serata.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Romano di Verona, Estate Teatrale Veronese, il 19 luglio 2022
Immagine di copertina: Gramilano

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