L’elezione a Presidente USA di un nome che non voglio nominare, e in Borgogna c’è caldo e si rischia di non riuscire a produrre vino. Inizia focalizzando l’argomento, l’incontro dal titolo “Etica e politica per il mondo di domani”, che ha visto il filosofo e sociologo Bruno Latour confrontarsi con Tommaso Venturini, ricercatore in Francia. La basilica di santa Barbara è al massimo della capienza e gli altoparlanti diffondono sulla piazzetta antistante il concetto che la politica non possa più essere disgiunta dall’ecosistema, che l’ambiente non possa più essere relegato ai margini dei programmi dei governi.
Da quarant’anni mi occupo di politica della natura, esordisce Latour, e vedo che le cose non vanno avanti. Il sottotitolo di questo incontro potrebbe essere “come orientarsi nella politica” perché i partiti non sanno indirizzarsi: la sinistra è sparita e la destra è esplosa. Approfittano di questo momento di angoscia i partiti che puntano sulle necessità del territorio.
Cosa pensa del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi e dall’altra parte della Brexit? Come molti della mia generazione – è la risposta – ho vissuto un periodo in cui si tendeva verso la globalizzazione mondiale, con conseguenti speranze e paure. Poi, dal 2010, c’è stata una inversione di tendenza, vedi la Brexit, vedi gli USA, un governo che gira attorno alla negazione della crisi climatica. Dappertutto nascono movimenti nazionalisti e neonazionalisti. Nascono altri interessi, che segnano un ritorno verso gli spazi chiusi. La storia già insegna che la Brexit ha un’importanza straordinaria. Dal tempo delle colonie, l’Inghilterra era tra i Paesi conquistatori, poi si è tirata indietro dalla globalizzazione. Ora serve trovare un accordo tra l’economia e il territorio. La Gran Bretagna è un’isola, ma tutto un mondo ruota attorno a essa.
Quali sono gli elementi su cui poggiare la nostre possibilità di esistenza? I partiti populisti identitari sembrano offrire le stesse soluzioni delle classi dominanti.
L’interlocutore incalza ponendo una domanda provocatoria: ma noi che siamo l’élite del mondo, perché non dovremmo disinteressarci delle sorti degli altri? Le élite hanno sempre adoperato lo sfruttamento, è la verità. Però il Paese per antonomasia dello sfruttamento si ritira dall’accordo di Parigi, ci dice che i problemi climatici li hanno gli altri e non riguardano loro. La nuova svolta è che i Paesi in via di sviluppo ora dicono basta agli altri Paesi. E questa è una novità.
Resoconto Maria Luisa Abate
Visto a Festivaletteratura Mantova l’8 settembre 2018
Foto MiLùMediA for DeArtes