La poesia ha preso letteralmente corpo, assumendo una dimensione fisica. Secondo le migliori e più che prevedibili aspettative, lo spettacolo ha generato stupore e meraviglia, trasportando il pubblico in un mondo fatato dove l’immaginario ha potuto espandersi liberamente, senza vincoli materiali o concettuali. I ballerini-illusionisti sono tornati al Teatro Romano di Verona per spargere nuovamente la loro “polvere magica”: un (Mo)mix di danza, acrobazia, trasformismo che ha mutato i corpi degli interpreti in animali reali o fantastici, in fiori ed elementi della natura, in esseri astratti e tecnologici, seguendo il diktat dell’ “optical confusion”.
Lo spettacolo, svolto sul filo sottile della fantasia che non divide, anzi sovrappone realtà a finzione, verità ad allucinazione, è stato un sunto della sterminata produzione messa in scena in 42 anni dal gruppo facente capo a quel genio dell’inventiva che è Moses Pendleton. Un invito a sfogliare metaforicamente lo strabiliante “catalogo” #Momix.
Dai celeberrimi fiori scarlatti che, a ogni giravolta, hanno mutato le dimensioni della propria corolla grazie ad abiti che si sono allungati e accorciati, alla stupenda e gigantesca vela candida fatta oscillare alla dolce brezza della sera da un ballerino/Eolo. Poi le divertenti incursioni di due vesponi ronzanti, e dei cow-boys con una gamba più lunga dell’altra, a simulare il galoppo di inesistenti cavalli. Una linea blu fluorescente nel buio ha preso a incresparsi come un’onda; poi è apparsa la giungla urbana di grattacieli formati da lettere e numeri piovuti dal cielo, in un misterioso cifrario.
A sfidare le leggi di gravità, a sorprendere con le trasformazioni a vista, ma anche a ricordare che le basi restano quelle della danza, Jessica Adams, Anthony Bocconi, Alison Coleman, Kelly Trevlyn-Fatscher, Teddy Fatscher, Seah Hagan, Elise Pacicco, Rebecca Rasmussen and Jason Williams, guidati dal co-direttore artistico Cynthia Quinn.
Pur in tanto incanto, pur nel rinnovarsi dello sbalordimento che ha fatto riscoprire a ogni spettatore lo sguardo curioso di un bambino di fronte al miracolo della natura, del corpo umano, della danza e dell’arte, sinceramente ci saremmo aspettati qualcosa di più da questa ripartenza dopo l’allontanamento imposto dalla pandemia. Nonostante il “Back” nel titolo, avevamo sperato che il fermo forzato sarebbe sfociato in proposte inedite e non “solo” in poche nuove pillole inserite nel contesto di revival. Ma forse, questa è stata l’impressione, prima ancora del pubblico in astinenza dai Momix, erano i Momix a essere in cerca di loro stessi, ad avere la necessità di ritrovarsi e di riscoprire il proprio spirito gioioso e leggero.
Nella notte di ferragosto, purtroppo ci si è messa di mezzo la pioggia, questa volta non scenografica, a far notare ancor più quanto lo spettacolo fosse breve; tanto generoso nell’appagare la vista e sollevare l’animo, quanto avaro nel far girare le lancette dell’orologio. La sequenza meteorologica è stata dispettosa: un numero reso pressoché invedibile dal fuggi fuggi e dall’aprirsi degli ombrelli; un intervallo decretato lì per lì durante il quale non è più caduta goccia; la ripresa simultanea della danza e della pioggia, per un brandello conclusivo di spettacolo purtroppo più corto della pausa. Di conseguenza, una sensazione di insoddisfazione per quella bellezza durata troppo poco, di straniamento bruscamente interrotto, di subitanea nostalgia per quel mondo trasognato che, chiuso il sipario, ci ha rigettato nella realtà. Bentornati, Momix. Ci aspettiamo presto nuove meraviglie e nuove puntate del vostro never ending show. Non vediamo l’ora di vedervi un’altra volta. Come back ancora, e ancora…
Recensione di Maria Luisa Abate
Visto al Teatro Romano, Estate Teatrale Veronese, il 15 agosto 2022
Immagine di copertina : Momix Photo by Quinn Pendleton