Le esposizioni in corso durante l’ultimo scampolo d’estate, che restano aperte fino agli inizi di autunno.
Il palinsesto espositivo Terre degli Uffizi ha debuttato nel 2021 con cinque mostre e ne presenta otto nel 2022 (vedi notizia DeArtes qui; per le singole mostre usare il tasto ‘cerca’).Il progetto è curato dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze insieme a Fondazione CR Firenze all’interno dei rispettivi programmi Uffizi Diffusi e Piccoli Grandi Musei.
NEL SEGNO DELLA VITA. DONNE E MADONNE AL TEMPO DELL’ATTESA
8 luglio – 1 novembre 2022
Castello dei Conti Guidi, Poppi (Arezzo)
https://comune.poppi.ar.it/attivita-e-turismo/castello-dei-conti-guidi/
La maternità, intesa come principio del mondo ed essenza dell’amore, è la protagonista della seconda tappa espositiva di Terre degli Uffizi alla Rocca di Poppi. La rassegna ruota intorno al dipinto raffigurante l’Eremita Torello da Poppi nell’atto di benedire una donna in avanzato stato di gravidanza (olio su tela, fine del XVIII sec.), iconografia unica nel panorama pittorico toscano. Restaurata in questa occasione, la grande tela, commissionata per la chiesa di Santa Trinita di Firenze, è attribuita al pittore fiorentino Santi Pacini ed è datata alla fine degli anni Settanta del Settecento, quando l’artista era impegnato a eseguire gli affreschi nella volta e nel coro della chiesa di Camaldoli.
Torello, eremita di Avellaneto nei pressi di Poppi, è noto fin dal Duecento, secolo nel quale visse, come protettore delle partorienti e dei feti nel tempo dell’attesa.
A esaltare la raffigurazione di questo delicatissimo momento di vita quale metafora teologica del percorso di salvezza dell’umanità, vi è poi in mostra un gruppo di opere in prestito dalle Gallerie degli Uffizi, dedicate ai soggetti dell’Annunciazione di Maria ed alla Natività di Cristo. La più significativa tra queste è l’Allegoria dell’Incarnazione e Sibille, raffinato dipinto che mostra il nomen sacrum (IHS), sigillo della Compagnia di Gesù, sul grembo della Vergine. Vi è poi l’Annunciazione, precedentemente attribuita a Bronzino e oggi ascritta al suo contemporaneo fiorentino Giovanni Bizzelli, e Il voto contro natura, grandiosa e provocatoria scultura dell’artista siciliano dell’Ottocento Salvatore Grita: una donna incinta in abito monacale accasciata contro un muro scrostato si fa portavoce di tutte quelle ragazze madri e femmine cadette che, forzatamente e contro natura, furono obbligate a prendere i voti.
PIETRO BENVENUTI NELL’ETÀ DI CANOVA
DIPINTI E DISEGNI DA COLLEZIONI PUBBLICHE E PRIVATE
17 giugno 2022 – 23 ottobre 2022
Casa Museo dell’Antiquariato Ivan Bruschi, Corso Italia 14, Arezzo
www.fondazioneivanbruschi.it
La prima mostra ad Arezzo di Terre degli Uffizi è curata da Liletta Fornasari e presenta opere di Pietro Benvenuti, dalla sua formazione agli anni dell’investitura a “pittore imperiale”, ricercato da illustri committenti. La mostra organizzata e promossa dalla Fondazione Ivan Bruschi, parte del patrimonio culturale di Intesa Sanpaolo, si tiene in occasione del secondo centenario della morte di Antonio Canova e vuole ricordare il pittore aretino Pietro Benvenuti, uno dei protagonisti della scena internazionale, anche grazie alla rete di istituzioni accademiche da lui presidiate e alle relazioni avute con importanti personaggi.
Per il Duomo di Arezzo Benvenuti dipinse, nel 1794, il Martirio di San Donato e, nel 1804, una monumentale Giuditta che mostra la testa di Oloferne al popolo di Betulia, magistrale debutto nel genere della pittura di storia che avrà un seguito ne La morte di Priamo, eseguito nel 1811 per il principe Corsini, e nei fasti napoleonici celebrati nelle grandi tele con Elisa Baciocchi fra gli artisti (1813) e Il giuramento dei Sassoni a Napoleone (1812).
Grazie a prestiti pubblici e privati, tra cui alcune opere provenienti dalle Gallerie degli Uffizi, la mostra segue attraverso bozzetti e disegni preparatori la vicenda di quelle importanti imprese, illustrando la carriera di Benvenuti dagli anni del successo accademico a quelli degli eleganti ritratti, dei quali è presente in mostra una selezione significativa.
Benvenuti mantenne il proprio prestigio anche dopo il ritorno del granduca lorenese, per il quale allestì i monumentali cicli pittorici della Sala d’Ercole in Palazzo Pitti (1817-1819) e del soffitto della Cappella dei Principi (1828-1836), opere di notevole impegno – anche queste documentate in mostra da disegni e bozzetti preparatori – che dimostrano l’evoluzione dello stile dell’artista verso un classicismo in cui si notano suggestioni naturalistiche, che preannunciano la cultura romantica.
A segnare le tappe di questa adesione al nuovo clima, alimentato dalla giovane generazione degli allievi dell’Accademia, la mostra espone l’Incontro di Corso Donati e Piccarda (1838-1840), dove Benvenuti mostra di accogliere le novità neogotiche.
UN CAPOLAVORO DEL RINASCIMENTO DALLA FRANCIA A BOSCO AI FRATI.
IL TRITTICO DI NICOLAS FROMENT
1 giugno – 6 novembre 2022
Convento San Bonaventura a Bosco ai Frati, 50037 San Piero a Pieve (Firenze)
www.boscoaifrati.org
Un grande capolavoro del Rinascimento torna, dopo quasi duecento anni, dagli Uffizi al monastero che per secoli lo aveva custodito. È il Trittico raffigurante le Storie di Lazzaro, Marta e Maria, realizzato dal pittore francese del Quattrocento Nicolas Froment: rimosso dal convento di Bosco ai Frati (San Piero a Sieve, Firenze) con le soppressioni napoleoniche, nel 1841 fu portato alla Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi.
La pala d’altare è datata 1461 e firmata sugli sportelli da Nicolas Froment, artista la cui attività è documentata tra la Francia settentrionale e la Provenza dal 1461 al 1483. Il Trittico era stato commissionato dal vescovo Francesco Coppini (Prato 1402 – Roma 1464) nel corso delle sue missioni diplomatiche all’estero: il committente, identificato dallo stemma, è raffigurato in preghiera davanti alla Vergine, sulla parte posteriore di una delle ante. Al centro è raffigurato Gesù che resuscita Lazzaro pronunciando le parole “Lazare veni foras”, scritte in caratteri d’oro. Il risorto, con il corpo ormai in decomposizione, si erge dal sepolcro, sotto lo sguardo delle sorelle Marta e Maria, che hanno il viso bagnato di lacrime. Precede il miracolo la scena in cui Marta va incontro a Gesù per avvisarlo della morte del fratello, illustrata nello sportello di sinistra. Nell’altra anta, Maria rende omaggio a Gesù ungendogli i piedi con un balsamo profumato.
Influenzato dalla pittura fiamminga, Nicolas Froment tende a caratterizzare le fisionomie, che assumono quasi l’aspetto di caricature. La meticolosa rappresentazione delle vesti, degli oggetti, di dettagli curiosi come quello della mosca sulla tavola apparecchiata, trasformano il racconto sacro in una continua fonte di meraviglie; i paesaggi sullo sfondo evocano il mondo fiabesco delle corti nordeuropee del XV secolo.
Nell’estate dell’anno stesso in cui l’opera fu realizzata, Coppini fu richiamato a Roma dal papa, con l’accusa di reati politici e simonia. Condannato, venne privato dei suoi titoli e i suoi beni confiscati. Il dipinto entrò così in possesso della famiglia Medici e fu poi donato ai frati francescani di Bosco ai Frati, dove rimase fino alla soppressione del convento.
Il Trittico era storicamente collocato nella chiesa del convento, dove fino agli inizi del XIX secolo si trovava anche il Crocifisso ligneo di ambito donatelliano, ora esposto nella stessa sala dove è allestita la mostra. Molti sono i tesori nati per questo luogo, la cui fondazione risale al VII secolo. La fortuna del convento la si deve anche a Cosimo il Vecchio de’ Medici, che acquistò l’intera zona su cui sorge ancora oggi il complesso religioso e la selva adiacente, assumendone il patronato e la direzione dei lavori di ammodernamento, che affidò all’architetto Michelozzo.
MASACCIO E I MAESTRI DEL RINASCIMENTO A CONFRONTO PER CELEBRARE 600 ANNI DEL TRITTICO DI SAN GIOVENALE
23 aprile – 23 ottobre 2022
Museo Masaccio d’Arte Sacra, Via Casaromolo, 2/a – Cascia 50066 Reggello (Firenze)
www.museomasaccio.it
Il Trittico di San Giovenale di Masaccio, a 600 anni dalla sua esecuzione (caduta lo scorso 23 aprile 2022), è esposto per la prima volta a confronto con i grandi pittori del suo tempo. L’iscrizione sul bordo inferiore del trittico rappresentante la Madonna in trono col Bambino e i santi Bartolomeo, Biagio, Giovenale e Antonio Abate, ricorda la data di esecuzione, vergata con moderne lettere capitali umanistiche al posto di quelle gotiche tradizionali.
Si tratta della prima opera a noi nota eseguita dal grande pittore Tommaso di Ser Giovanni di Mone detto Masaccio, un uomo geniale la cui arte ha rivoluzionato la pittura italiana del XV secolo e ha contrassegnato nel corso dei secoli l’immaginario artistico valdarnese, e non solo. Considerata rivoluzionaria per quel momento storico, e definita da Antonio Paolucci «il dipinto in cui troviamo il codice genetico della grande pittura moderna dell’Occidente», quest’opera prova la veridicità di quanto scrive Vasari sul pittore nelle sue Vite e cioè che nel Valdarno si «veggono ancora figure fatte da lui nella sua prima fanciullezza».
Oltre a cercare di illustrare le circostanze storiche e artistiche della realizzazione dell’opera, la mostra rilegge e approfondire i legami dell’artista con la pittura del suo tempo in cui agivano «formidabili fermenti di novità». Inoltre, ricerca più sicuri riferimenti sulla formazione artistica di Masaccio – per molti aspetti ancora nebulosa e incerta – raccogliendo intorno al Trittico opere di artisti che furono a Masaccio contemporanei e che, seppure da prospettive spesso diverse, condividevano con lui l’anelito verso una pittura rinnovata sia dal punto di vista dei contenuti che da quello dei modelli iconografici.
La mostra, a cura di Angelo Tartuferi, Lucia Bencistà e Nicoletta Matteuzzi, propone un confronto diretto, a oggi inedito, tra Masaccio ed il grande pittore domenicano Beato Angelico (Vicchio di Mugello, 1395/1400-1455), artista di grande professionalità aggiornato sugli sviluppi più avanzati dell’arte del suo tempo, il primo e più dotato intenditore delle novità masaccesche. Di Beato Angelico è in mostra il celebre Trittico di San Pietro Martiredel Museo di San Marco di Firenze, che recenti studi pongono nel raggio di influenza del giovane artista valdarnese. Allo stesso tempo, la mostra presenta uno spaccato della produzione artistica gravitante attorno agli esordi di Masaccio, antecedente o di poco successiva alla sua prima manifestazione come pittore autonomo, presentando opere, talora nuove alla critica, di pittori operanti anche in territorio valdarnese e ancora legati alla tradizione figurativa tardogotica.
Fra gli altri artisti in mostra di ambiente fiorentino dell’ultimo quarto del secolo XIV, anche Masolino da Panicale (Panicale di Renacci, San Giovanni Valdarno, 1383/84 – documentato fino al 1435) e Filippo Lippi (Firenze, 1406 ca. – Spoleto 1469).
LA PREDELLA SALVATA AL CASTELLO DI MONTEGUFONI
14 maggio 2022 – 8 gennaio 2023
Museo di Arte Sacra di San Piero in Mercato, Montespertoli (Firenze)
https://visitmontespertoli.it/seguaci-di-giotto-in-valdelsa/
La predella degli Uffizi, sottratta alle razzie dell’esercito nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale fu ricoverata nel vicino Castello di Montegufoni (appena fuori dal paese di Montespertoli), antica rocca medievale della famiglia Acciaioli che ai primi del Novecento fu acquisita dalla famiglia dei nobili inglesi Sitwell. Quando i pericoli delle incursioni aeree costrinsero a mettere in salvo il patrimonio artistico fiorentino, Montegufoni accolse, tra le tante opere in arrivo dagli Uffizi, anche capolavori quali la Maestà di Giotto e i dipinti di Botticelli come la Venere e la Primavera. Oggi la predella, ritornando vicino al luogo del suo salvataggio, si fa testimone di un pezzo importante della storia del Novecento.
Si tratta di una predella di bottega fiorentina quattrocentesca – un ‘gradino’ dipinto che stava alla base di una ‘pala quadra’ rinascimentale – dove sono raffigurate Storie di San Pier Martire e, nel riquadro centrale, Cristo in pietà. La predella, requisita da un convento durante le Soppressioni Napoleoniche degli edifici religiosi del 1808–1810, si trovava a metà Ottocento nella Galleria dei Quadri Antichi e Moderni dell’Accademia di Belle Arti, antesignana dell’attuale Galleria dell’Accademia, insieme ad altre opere usate come modelli per l’insegnamento degli aspiranti artisti che frequentavano la scuola.
IL PAPA GUERRIERO GIULIANO DELLA ROVERE E GLI UOMINI D’ARME DI ANGHIARI
22 maggio – 25 settembre 2022
Museo della Battaglia e di Anghiari, Piazza Mameli, 1-2 – 52031 Anghiari (Arezzo)
www.battaglia.anghiari.it
L’inedito legame fra Giulio II, il “Papa Guerriero”, con la cittadina toscana degli uomini d’arme, Anghiari, è al centro della mostra che fa seguito a quella tenuta l’anno scorso, dal titolo ‘La Civiltà delle Armi e le corti del Rinascimento’ (vedi notizia DeArtes qui). Quest’anno vengono proposte nuove storie e scoperte sugli uomini d’arme, ceto sociale che contraddistingue Anghiari fra Quattrocento e Cinquecento.
La grande novità riguarda le relazioni di Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II, con Anghiari, dove nell’ottobre del 1476 venne ospitato da un uomo d’armi del borgo toscano che rispondeva al nome di Mazzone di Gregorio. La famiglia di quest’ultimo era una delle più influenti del notabilato anghiarese fra ‘400 e ‘500 e già aveva ricevuto ad Anghiari Federico da Montefeltro e membri della corte urbinate. In seguito Mazzone, in virtù di questa vicinanza con il “Papa guerriero”, fu nominato “Bartolomeo Valentino Mazzoni d’Anghiari” e non solo ammesso dal Della Rovere fra gli “amici, familiari e comensali”, ma anche esentato da tutte le “gabelle e passi di qualsivoglia luogo per tutte le robbe: i libri, argenti et altro per uso della persona sua”.
La mostra, a cura del direttore del Museo Gabriele Mazzi, vede protagonista un ritratto di Giulio II prestato dagli Uffizi, copia attribuita a Giulio Romano dal famoso ritratto del pontefice realizzato da Raffaello. Quel dipinto ebbe fin da subito un tale successo che ne vennero fatte numerose repliche e copie, tra le quali una di Tiziano a Palazzo Pitti a Firenze, una alla Galleria Borghese di Roma e un’altra allo Städel Museum di Francoforte.
Giulio II è ritratto fra l’ottobre/dicembre 1510 e il marzo 1512, in un momento di forte debilitazione fisica, quando giurò di farsi crescere la barba fino a quando i francesi non fossero sconfitti. Malgrado si trattasse di un ritratto di Stato, il “papa guerriero”, che si meritò il soprannome per le sue frequenti campagne militari, venne dipinto da Raffaello come un uomo stanco e preoccupato, in un’immagine di sorprendente acume psicologico, che venne esposta dopo la morte il 12 dicembre 1513 nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.
Sempre dalle Gallerie degli Uffizi arrivano anche due opere di Antonio Tempesta che attestano il successo delle teorie e dei disegni di Leonardo per battaglie di cavalleria. Tra queste, l’incisione di Gérard Edelinck nel Museo della Battaglia e di Anghiari, tratta dal cartone vinciano per Palazzo Vecchio, è la più importante testimonianza.
M.F.C.
Fonte: Ufficio Stampa
Immagine di apertura: Terre Uffizi, Poppi-
Mostra Donne e Madonne al tempo dell’attesa, ph Stefano Casati