Mantova, Festivaletteratura: la lezione dedicata a Beppe Fenoglio nel centenario della nascita. Chi sono i piemontesi. La dignità del dolore.
Viene accolto da un caloroso applauso, che condivide nel pensiero con i suoi medici: Alessandro Baricco, assiduo frequentatore di Festivaletteratura fin dalla prima edizione ventisei anni fa, ha tenuto un incontro bellissimo per stile e per approccio. Lo scrittore infatti non è giunto a Mantova per promuovere la sua ultima pubblicazione, come è nell’anima stessa della rassegna, ma per tributare al collega grandemente stimato un omaggio appassionato. E generoso, perché Baricco ha messo da parte Baricco per dedicarsi totalmente a porre in luce il particolare fascino sprigionato dalla scrittura di Fenoglio. Anche, per un espresso sottolineato e vantato spirito campanilistico, per esaltare quella terra piemontese che ha dato i natali a entrambi e forgiato i caratteri, il modo di pensare e di affrontare la vita.
Scomparso a Torino nel ‘63 prima di raggiungere i 41 anni, a causa di un tumore ai bronchi dovuto alle troppe sigarette, Fenoglio nacque ad Alba nel 1922, nel cuore delle Langhe, in una terra durissima e in un’epoca in cui, a produrre vino, non si diventava ricchi. Non so se – dice Baricco – se ne sia andato con la consapevolezza di chi era, della sua fama, del suo lavoro letterario. Mi addolora sapere che se ne andò senza la percezione della sua grandezza. O con una percezione falsata.
Gli vennero pubblicati solo tre libri, ma ne scrisse molti di più. Per noi piemontesi era il più grande, per gli altri italiani… se ne può discutere!! Negli anni ’50 compì una mossa in anticipo di settant’anni: contaminare la grammatica, la mente, il gusto, con la grammatica e il gusto del cinema. Fece in Italia ciò che in America fece Hemingway: associò lo scrivere letterario al linguaggio cinematografico. Ma, si affretta a specificare Baricco, non fu una operazione intellettuale da fighetto. È un animale mutante. Un idioma che non esiste, un incrocio tra italiano, piemontese e inglese. Era spessissimo sgrammaticato, era una lingua che aveva solo lui: una lingua “dritta”, più adatta a dire la verità.
La scrittura di Fenoglio procede con pezzi di mondo molto concreti che si incontrano. Lui lasciava che le voci fossero, che i corpi fossero. Baricco accompagna l’affermazione leggendo alcuni esempi che costellano la letteratura di Fenoglio, soffermandosi a spiegare le similitudini cinematografiche delle frasi concise, a iniziare dal ritmo veloce di chi racconta ciò che accade, come se spostasse la macchina da presa da una inquadratura all’altra: tac, tac, tac…
Quel cinema in cui il regista sparisce, ci si dimentica che qualcuno ha girato e si vede solo la realtà. Ne “La paga del sabato”, secondo Baricco il più bel romanzo di Fenoglio, anzi il più bel racconto in lingua italiana della letteratura, si trovano quelle che potrebbero definirsi note di recitazione per attori. Lui non spiega gli stati d’animo: li vedi e capisci tutto.
In Fenoglio ci sono pochi elementi che fanno ridere e molta sofferenza. C’è dolore: una cosa tipicamente piemontese. Era durissimo e al contempo dolcissimo, in una sensazione freddo-caldo. Perché Beppe Fenoglio è un grande? Si domanda e si risponde Baricco: perché solo lui e Paolo Conte sono riusciti a raccontare i piemontesi. Noi piemontesi siamo molto timidi e spaventosamente arroganti. Siamo genericamente paurosi ma non ci sono vili. La viltà è considerata una forma di ineleganza. Abbiamo il culto della solitudine: nostra, che difendiamo, ma anche quella degli altri. Abbiamo un livello altissimo di vergogna, non quella vera della vita: se ci accorgiamo che abbiamo una macchia di unto sul maglione… basta! è finita!
Siamo anche un po’ taccagni, nel denaro, nei sentimenti, nella comunicazione. Siamo goffi con la felicità. In compenso ci è stato dato un talento infinito per lo stare con, su, il dolore. Dolore che, per i piemontesi, coincide con la dignità: stai con la schiena dritta, non urli troppo e non ne approfitti. C’è una dignità smisurata nel dolore, nella capacità di stare dritti, con dolcezza e civiltà.
Maria Luisa Abate
Mantova, Festivaletteratura, Piazza Castello 7 settembre 2022
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes