Mantova: Festivaletteratura. Il ‘satiro parlante’ Saverio Raimondo spiega quale sia la dimensione comica, assieme a Jacopo Cirillo.

Gli incontri del ciclo Stand-up comedy sono divisi in due parti. Nella prima si ride ai reading, nella seconda i protagonisti ne discutono intervistati da Jacopo Cirillo, una laurea in Discipline Semiotiche, scrittore, autore, sceneggiatore e produttore. Va da sé che la formula sia rischiosa: non ci sarebbe infatti nulla di peggio dello spiegare le battute comiche. Ma diverso, e funziona, è spiegare come nasca la comicità, come la si sviluppi e la si declini.

L’appuntamento si svolge poche ore dopo che i telegiornali di tutto il mondo hanno battuto la notizia della morte, nel Regno Unito, della Regina Elisabetta. Saverio Raimondo, voce radiofonica, volto televisivo in programmi cult di cui è anche prolifico e quotatissimo autore, inizia da questo evento di caratura mondiale per lanciare frecciate dissacranti, che pure restano sempre entro i limiti del lecito, e non portano a termine l’intento scherzoso di sconsacrare definitivamente la ex chiesa che ospita l’incontro: così non farete l’errore di re-invitarmi!  

Saverio Raimondo parla a raffica: noi ansiosi e depressi, con la pandemia, le guerre e la …. (n.d.r. cita il nome di un esponente di partito) ci sentiamo finalmente integrati nella società. Fa diversi riferimenti politici anche se si è in periodo pre-elettorale: la democrazia significa gente che non capisce nulla ed è chiamata a decidere le sorti di un intero Paese. Non voglio votare per un politico, voglio votare per chi vota, voglio un elettorato che mi rappresenti.

Urla decisamente troppo dentro al microfono ma è un “animale da palcoscenico” di prim’ordine, le battute sono pungenti e dirette, raggiunge subito lo scopo di “fare suo” il pubblico, che lo segue ridendo di gusto. Il denaro non esiste: ce lo siamo inventati per esorcizzare la paura dei debiti che sono ineluttabile destino umano.  

Chi fa satira, spiega nel dopo spettacolo Jacopo Cirillo, lavora con ciò che è vivo. La satira deve rimanere ambigua, perché rischia di infilarti in una idea che non è la tua. Per questo, il messaggio deve essere ambiguo e lasciare che sia il singolo individuo a formulare un pensiero. Spiegazione che, se da un lato spegne il clima ridanciano precedente, dall’altro apre nuovi orizzonti di comprensione. La satira, rimarca il satiro, è sempre dire l’indicibile, non deve dire cose a ragione.

Ma ci vuole una vocazione, per fare satira, o è un lavoro come un altro? Il talento è un muscolo che va allenato, ci vuole genio e regolatezza. Io ho cercato di evitare di pensare di essere un artista, ma per certi versi lo sono, è la risposta di Saverio Raimondo. Sì, ci deve essere una ispirazione, la satira come disciplina. Dopo questa perla di saggezza, il comico “rientra in carreggiata”. Per poter attaccare il potere non devo avere un minimo di autorità. Non devo essere ridicolo ai vostri occhi: devo risultare un deficiente! Primo perché il ruolo lo vuole, secondo perché lo sono.

Maria Luisa Abate
Mantova, Festivaletteratura, Spazio Santa Lucia 8 settembre 2022
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