Mantova: Festivaletteratura. ‘Una delle funzioni dell’arte è disfare quanto fa photoshop’. Lo scrittore a tu per tu con l’attrice e amica Lella Costa.
La conversazione tra lo scrittore originario di Buenos Aires, trasferitosi in giovane età in Spagna, e l’attrice Lella Costa era iniziata in questo stesso Festival nel 2013, quando nacque una bella amicizia tra i due. Ogni donna o ogni uomo dovrebbe nella vita incontrare Andrés Neuman perché è una bella persona. Al di là delle lusinghiere parole di presentazione, questa è esattamente l’impressione che si riceve dall’autore, che conversa con una gentilezza rara, dispensando sorrisi aperti e sinceri. In lui, rimarca Lella Costa, si trovano la dolcezza, il pathos, la gioia di condividere ogni piccola consapevolezza. E, essendo un maschio, la capacità di non mettersi al centro dell’universo!
Neuman parla, in spagnolo, del suo libro “Anatomia sensibile” e ne fa parlare la sua interlocutrice, la quale propone un paragone con “Le città invisibili” di Calvino. Poi, superando la conversazione (che potrebbe risultare fuorviante), rende giustizia alle pagine della piccola pubblicazione leggendone alcuni stralci che conquistano il pubblico. Tanto che, al termine dell’incontro, il libro va a ruba e non ci sono copie sufficienti a soddisfare tutte le richieste.
Il libro è un racconto sulle parti del corpo, come il collo o il gomito. Se ho osato indossare oggi questo vestito, audace per l’età – dice la nonna Lella Costa – è perché Andrés dà al corpo la sensazione che ci sia qualcuno che ti guarda non perché ti giudica, ma perché ti vuole bene. Mette una infinita tenerezza nel raccontare i dolori più atroci e i segreti più indicibili.
Neuman apprezza il paragone con Calvino: mi piace pensare che il corpo sia una città con molte regioni che sono invisibili o oppresse. Questo ha a che vedere con il decentralizzare il paese del corpo. Se la poesia consiste nel vedere per la prima volta ciò che è evidente, una grande evidenza della nostra vita è il corpo. Crediamo di conoscerlo ma lo abbiamo visto appena. C’è un paradosso tragico: non si è mai utilizzato tanto il termine visibilità, ma il prezzo della visibilità è rendere invisibile la maggior parte della realtà. I social come sono utilizzati oggi, più che rendere visibili rendono invisibili. E il corpo è una delle grandi vittime di questo rendere invisibile.
Il corpo subisce il degrado dell’estetica, in cosmetica. Credo che una delle funzioni dell’arte sia di disfare quello che fa photoshop e quindi restituire al corpo la sua gloriosa imperfezione, ma non come atto di condiscendenza. Non si tratta di accettare corpi diversi, si tratta di combattere il canone fisico, che è paradossale, rende invisibili il novantanove per cento dei corpi: è un canone cui nessuno può rispondere. E le poche persone che rispondono oltretutto soffrono. Il canone della bellezza fisica è una macchina di dolore. Per cambiare bisogna lavorare con l’immaginario e il corpo è lo specchio di questo immaginario.
Mi piace usare le parole “grasso” e “vecchio” perché non mi piacciono gli eufemismi. Se non abbiamo poesie d’amore per le smagliature post parto, se non abbiamo un protagonista con pancia, peli, calvo, se nei film i sex symbol non parlano dei loro calli sui piedi, se tutto non cambia, non è possibile mutare la percezione del nostro corpo e di quello degli altri. Si tratta di lavorare non in palestra ma col corpus letterario, col corpus dell’arte. Il libro è un tentativo in questo senso.
Andrés Neuman invita il pubblico a provare lo stesso suo esperimento. Ha inserito la parola “bellezza” nella ricerca per immagini di Google e fra i primi cento risultati c’erano zero opere d’arte. Niente quadri o edifici di cultura. C’erano solo modelle, donne, giovani, bianche. Se prendiamo il motore di ricerca Google come inconscio collettivo, vuol dire che resta parecchio lavoro da fare.
Lella Costa torna sul paragone con “Le città invisibili” spiegando di non parlare tanto delle similitudini quanto dello stile. Lui passa da una accurata descrizione a volte scientifica, all’ironia, allo scherzo, al gioco. E riconosce, nel libro di Neuman, gli stessi punti delle Lezioni Americane di Calvino. Si rivolge all’amico autore: Come ti è venuto in mente? Qui non c’è una storia da raccontare. Perché?
Credo, è la risposta, ci sia un rapporto fra prosa e sguardo sul corpo. Potremmo pensare che sostantivi e verbi siano lo scheletro, e gli aggettivi la carne o il vestito. Il corpo ha la sua memoria storica: una cicatrice, il segno di una malattia… Il corpo è un testo: quando cancelliamo una ruga stiamo esercitando una violenza narrativa al libro del corpo. Non è un problema estetico ma ideologico. Perfino politico.
Maria Luisa Abate
Mantova, Festivaletteratura, Piazza Castello 11 settembre 2022
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes