Una mise en scène che ha tradotto la descrittività del tessuto musicale, focalizzando l’ottica sulle atmosfere, sul clima che avvolge la vicenda, che ne detta le regole e la tragica conclusione. Andrea Cigni (neo segretario artistico della Fondazione bresciana) ha firmato la regia di “Tosca” – nuovo allesti-mento coproduzione dei Teatri OperaLombardia e de I Teatri di Reggio Emilia – che ha inaugurato con due sold out la Stagione al Teatro Grande di Brescia, sala che trasuda Puccini da ogni poro e dona suggestione nella suggestione.
Il tulle che ha funto da sipario recava proiettate le fiammelle di alcune candele mosse dal vento. Un tema, quello del fuoco che non purifica anzi consuma, svolto nei primi due atti. All’interno della chiesa di sant’Andrea della Valle, gli altari straripavano di ceri votivi a sottrarre le cappelle alle tenebre dense, materiche (luci Fiammetta Baldiserri). La navata, dai pavimenti neri riflettenti, era raffigurata in una “posizione di tre quarti” molto teatrale (scene di Dario Gessati) che ha instradato la prospettiva ottica su linee trasversali, come lo scenario non retto in cui si muovono i personaggi che Illica e Giacosa attinsero a Sardou. Spunti ripresi per il desco, dove a Scarpia era servita la sua “povera cena interrotta”, accostato a una parete tangente e rischiarato da un gran numero di candelieri e da un lampadario a molti bracci. Privo di lumi l’ultimo atto, come se la fiamma della vita dei protagonisti fosse giunta alla fine dello stoppino. Castel Sant’Angelo è apparso spoglio e livido sotto un cielo ingombro di nubi tempestose, all’opposto delle agognate “nuvole leggere”: la realtà ha fatto irruzione e spazzato via i sogni. Dalla terrazza della fortezza Mario e Tosca (abiti ottocenteschi di Lorenzo Cutùli) non hanno potuto rivolgere lo sguardo verso liberi orizzonti, non hanno visto il sorgere di un nuovo giorno. L’aurora era coperta dal plumbeo. Anche dopo morto, Scarpia ha continuato a esercitare il proprio potere, facendo fucilare per davvero l’uno e spingendo al suicidio l’altra. Ogni cosa era scritta fin dal primo atto. Tutto ha ruotato attorno all’artefice dei destini, il barone a capo della polizia papalina. La processione del Te Deum si è disposta a semicerchio dinanzi a lui. Chierichetti e alti prelati gli hanno reso omaggio, inginocchiandosi e innalzandogli le croci prima ancora di rivolgersi alla Madonna, una statua bronzea cupa, con un mantello che la avvolgeva lasciando vedere solo l’espressione sofferente del volto, fissato in un grido di dolore.
Sul podio Valerio Galli, direttore e concertatore dai tempi equilibrati, che ha impresso all’orchestra I pomeriggi musicali di Milano dinamiche ricche di contrasti, di chiaroscuri pucciniani in cui la levità si è alternata agli slanci emozionali. Compattezza tra palco e buca e comunione di intenti con la regia, fino a una “corona” che ha assecondato le movenze sceniche.
Di tutto rispetto il cast alternativo, a iniziare da Charlotte-Anne Shipley che di Floria Tosca possiede il temperamento, focoso e sensibile, volitivo e di dolce amorevolezza. Caratterialità del personaggio emersa nei registri alti e nello squillo limpido del soprano, nella linea di canto capace di un crescendo di pathos. Mario Cavaradossi era Mikheil Sheshaberidze, dall’emissione morbida benché “indietro”. La nobiltà del canto di Devid Cecconi si è riflessa in un barone Scarpia aristocratico, la cui perfidia ha assunto contorni quasi subliminali, sofisticati. Espressività drammatica, sia nel canto che nella recitazione, per Luca Gallo nel ruolo di Cesare Angelotti. Nota di colore ben tarata il Sagrestano di Nicolò Ceriani. Completavano la compagnia di canto Nicola Pamio, Spoletta, e Stefano Cianci, Sciarrone. Rimarchevoli le prove dei due cori, quello di OperaLombardia e le voci bianche de I piccoli Musici, istruiti rispettivamente da Diego Maccagnola e Mario Mora.
Recensione di Maria Luisa Abate
Contributi fotografici Umberto Favretto, Reporter Foto Agenzia
Visto al Teatro Grande di Brescia il 30 settembre 2018.
Questo allestimento di Tosca circuita nei Teatri di OperaLombardia. Oltre al Grande di Brescia, il Teatro Ponchielli di Cremona, il Teatro Sociale di Como, il Teatro Donizetti di Bergamo, il Teatro Fraschini di Pavia. Inoltre al Teatro Valli di Reggio Emilia.