Al nuovo Museo Archeologico Nazionale apre la sezione dedicata all’età del Ferro. In mostra oggetti dalle tombe del Principe Bambino e della bambina con l’uovo di cigno.
ENTRANDO NELLA STORIA. L’ETÀ DEL FERRO NEL VERONESE
Veneti, Reti e Celti tremila anni fa nel territorio veronese. Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, accolto nell’ex Carcere Asburgico di San Tomaso, dal 28 ottobre 2022 si arricchisce di una nuova e ampia sezione interamente riservata all’Età del Ferro. Va ad aggiungersi a quella dedicata alla Preistoria e Protostoria “Agli albori della creatività umana”, con la quale il museo era stato inaugurato lo scorso 17 febbraio (vedi notizia DeArtes qui), alla presenza del Direttore Generale del Ministero della Cultura, Massimo Osanna.
Il criterio dell’allestimento è cronologico, con una serie di focus su oggetti e rinvenimenti di particolare interesse. A essere documentata è la storia del territorio veronese, luogo di incontri e contatti che qui si intrecciarono tra Veneti, Etruschi e Reti. L’Età del Ferro si sviluppò nel corso del primo millennio a.C., volgendo al termine con le prime manifestazioni dell’arrivo dei Romani, all’incirca nel II secolo a.C.
La nuova sezione è completata da esperienze immersive e alcune postazioni multimediali.
La nuova sezione, curata sotto il profilo scientifico da Giovanna Falezza, direttrice del Museo, e da Luciano Salzani, già funzionario della Soprintendenza veronese, in stretta collaborazione con la stessa Soprintendenza, è stata allestita da Chiara Matteazzi.
IL CONTESTO
«Già a partire dal 9° secolo a.C., nel Veronese, sia in pianura che in collina, sorgono numerosi abitati, anche di rilevanti dimensioni: ad esempio il centro veneto di loc. Coazze di Gazzo Veronese, che si estendeva su una superficie di oltre 60 ettari, con ampie aree di insediamenti abitativi accanto ad aree artigianali. Oltre, naturalmente, alle estese necropoli, dalle quali provengono oggetti particolari, venuti da lontano e con lavorazioni raffinatissime, a testimoniare la ricchezza dei contatti di cui il nostro territorio è teatro in questo periodo», anticipa la direttrice Giovanna Falezza.
LA SEPOLTURA DI UN CAVALLO
Sono soprattutto i ricchissimi materiali rinvenuti negli scavi delle necropoli a fornire i contenuti della nuova sezione. Sepolture di uomini e donne ma anche di cavalli: i cavalli veneti, citati da fonti latine e greche per la loro agile bellezza. Nel percorso museale, uno dei due “Cavalli delle Franchine”, necropoli in territorio di Oppeano. Un maschio, morto a 17-18 anni, 135 cm al garrese, sepolto in una piccola fossa coricato sul fianco destro, con le gambe ripiegate.
LA TOMBA DEL PRINCIPE BAMBINO
Sicuramente emoziona la tomba del “Principe bambino”, una delle 187 della necropoli celtica di Lazisetta a Santa Maria di Zevio, unica per la ricchezza del corredo funebre. È la sepoltura di un bambino di 5-7 anni, le cui ceneri vennero deposte assieme a un sontuoso carro da parata (di cui restano gli elementi metallici quali mozzi delle ruote, timone, 1 cerchione di ruota, 2 morsi dei cavalli che lo trainavano) e a un ampio corredo tipico solitamente dei guerrieri adulti (spada, lancia, giavellotto e scudo), oltre a vasellame ceramico e bronzeo, monete, attrezzi agricoli e strumenti per il banchetto (spiedi, coltelli, alari e un graffione di ferro). All’interno di alcuni vasi erano residui di ossa di maiale, resti del banchetto funebre.
L’attento studio del contesto ha permesso agli archeologi di ricostruire il rituale con cui questo giovane “principe” fu sepolto: dopo essere stato cremato insieme ad alcune offerte, le sue ceneri furono raccolte in un contenitore in materiale organico (stoffa o cuoio) e deposte nella fossa assieme al resto del corredo; al di sopra fu collocato il carro, capovolto e parzialmente smontato; infine, dopo un parziale interramento, fu acceso un secondo grande fuoco rituale. Alla fine la tomba fu probabilmente coperta da un tumulo che segnalava l’elevato stato sociale del defunto.
LA TOMBA DELLA BAMBINA CON L’UOVO DI CIGNO
Non meno curiosa una tomba del VII sec. a.C., rinvenuta in una delle tre necropoli di Oppeano. Appartenne a una bambina di pochi anni. All’interno dell’urna, al di sopra delle ossa combuste, oltre ad alcuni elementi di corredo sono stati deposti alcuni oggetti molto particolari: delle conchiglie, di cui una forata, legate forse alla sfera del gioco; un astragalo, probabilmente un amuleto; infine un uovo di cigno, uccello acquatico ritenuto sacro. Proprio quest’ultimo assume un significato rituale molto importante, interpretabile come simbolo di rinascita e rigenerazione.
C.S.M.
Fonte: Ufficio Stampa, ottobre 2022
Contributi fotografici: Gianluca Stradiotto
Nuovo Museo Archeologico Nazionale (ex Carcere Asburgico)
Stradone San Tomaso, 3 – 37129 Verona
Telefono: 045 591211
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